
L’Unione Europea è un club che l’Italia ha contribuito a creare negli anni 50’. Le sue regole sono state fissate allora e modificate fino ai giorni nostri via, via che questa unione, prima solo di libero scambio commerciale, evolveva.
L’assetto, l’architettura istituzionale attuale della UE e tutte le sue regole di funzionamento sono oggi nei due Trattati Europei fondamentali, che nel 2009 hanno consolidato tutti gli accordi ed i trattati precedenti: il Trattato dell’Unione Europea (TEU) ed il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFEU), trattati ratificati dai parlamenti nazionali negli anni successivi e periodicamente aggiornati in caso di eventi che modifichino il perimetro della UE (e.g. Brexit, ingresso di nuovi Stati) o per unanime accordo tra gli Stati Membri, condizione quest’ultima sempre più rara. Nel precedente articolo abbiamo spiegato come si prendono le decisioni in sede europea. Ogni proposta legislativa, ogni provvedimento, ogni proposta di spesa deve essere approvata dai tre componenti del triumvirato istituzionale UE (Commissione, Parlamento, Consiglio).
In verità vi sono cinque materie in cui vige l’esclusività di azione della Commissione Europea; queste sono quelle in cui si applica pienamente il principio della delega della sovranità nazionale al livello europeo, aree molto ben definite e delimitate in cui veramente non decide più ogni singolo Stato Membro ma l’Esecutivo europeo (la Commissione appunto): il mercato interno, il commercio internazionale, la libera concorrenza, le risorse comuni della pesca, l’euro.
Se mettiamo su una scala le aree sulle quali la UE può intervenire, immaginiamo un estremo dove appunto vige l’esclusività dell’azione a livello europeo ed all’altro estremo dove invece la sovranità nazionale è totale e qualsiasi decisione europea richiede l’unanimità.

Tale riferimento è la bussola per comprendere chi decide cosa e come a livello europeo e l’estrema rilevanza che ha la continua interazione dell’Italia (del governo in carica o delle altre entità, a seconda dei casi) con i rispettivi corrispondenti negli altri Stati Membri e, dulcis in fundo con la Commissione Europea, per assicurarsi che i provvedimenti e le iniziative proposte siano allineate all’interesse nazionale.
Questa interazione avviene di continuo ed è di norma coordinata, pilotata, seguita dalla Rappresentanza Permanente dell’Italia presso la UE (Perm Rep), una vera e propria “ambasciata” che a Bruxelles raggruppa una sintesi di tutta la Pubblica Amministrazione italiana: ci sono funzionari che coprono tutte le aree tecniche e politiche, dalla sicurezza all’agricoltura. La Perm Rep interagisce continuamente da un lato con il Governo e le altre ramificazioni dell’amministrazione nazionale, dall’altro con Commissione e Parlamento. Quanto più tale coordinazione è di qualità, assidua, puntale e professionale, tanto più aumenta la probabilità di ottenere risultati. Va da sé che elemento cruciale è anche il livello di attenzione sulle questioni trattate a livello europeo da parte del Governo e delle altre agenzie nazionali. Tale attenzione si misura anche con le risorse investite nella Perm Rep ed in questo purtroppo possiamo registrare un handicap di partenza dell’Italia, che nel 2019-20 aveva lo stesso personale di cui dispone la Perm Rep dell’Olanda, stato con molte meno tematiche impattate dalle decisioni europee (e non mi risulta che la situazione sia cambiata). Se un funzionario deve seguire 4-5 dossier sarà strutturalmente svantaggiato rispetto al collega olandese che ne segue 1-2. L’Olanda sarà quindi più efficace a difendere i propri interessi. Al Governo italiano, in caso di débâcle su qualche dossier resterà sempre la possibilità di accusare l’Europa matrigna ed i suoi euro burocrati, per salvare la faccia. Molto più risolutivo sarebbe invece attrezzare adeguatamente la nostra Perm Rep e staffarla con lo stesso personale preparato e dinamico che hanno altri Stati paragonabili all’Italia. Considerando che circa il 60% della legislazione che impatta la vita delle aziende di ogni settore è decisa a livello europeo, l’organismo della Perm Rep è forse l’ambasciata italiana più importante al mondo, e sicuramente quella in cui andrebbero investite molte, molte più risorse.
La UE, come del resto ogni Stato Membro, agisce nelle varie aree e settori industriali sia tramite i provvedimenti legislativi cogenti (direttive e regolamenti, le cosiddette ‘hard policies’) ma prima di arrivare a questi, soprattutto tramite tutta una serie di attività e programmi (e.g. ricerca e sviluppo, finanziamento di infrastrutture, dialogo con i le controparti, i cosiddetti stakeholder), attività orientate appunto a preparare, accompagnare e costruire il consenso intorno alle direttive ed ai regolamenti europei che poi vincoleranno tutti.
La Commissione Europea è il cosiddetto “esecutivo” europeo, ovvero il guardiano del rispetto dei Trattati Europei su cui su fonda la UE, attore unico sulle materie di esclusiva competenza UE di cui abbiam parlato sopra e supporto su tutte le altre aree. Il Collegio dei 27 Commissari guida la macchina della Commissione che è organizzata per direzioni generali, appunto veri e propri ministeri (alcuni con maggiore potere, rilevanza e risorse), uno o più sotto la responsabilità dei singoli Commissari (uno per ogni Stato dell’Unione).
In conclusione, fatte salve le materie di sua stretta competenza, l’Europa, o meglio l’Unione Europea, agisce sempre in stretta concertazione con gli Stati Membri. Gli Stati più organizzati, più sistematici e disciplinati nelle loro strutture di interazione con la Commissione ed il Parlamento Europeo, riescono ad incidere meglio ed influenzare maggiormente le decisioni a vantaggio del proprio interesse nazionale.
Leggendarie invece sono le vicende di riunioni importanti dove l’Italia invia all’ultimo minuto da Roma un funzionario ministeriale di basso livello cui negano addirittura l’accesso alla sala, oppure le sedie vuote che lasciamo nei vari comitati di esperti che influenzano norme e mobilitano risorse, oppure il fatto che in Commissione abbiamo tanti funzionari ai gradi bassi e relativamente pochi nel top/middle management e nei gabinetti dei Commissari, dove si prendono le decisioni più incisive. Senza parlare del vero grande problema italico: siam sempre divisi in parrocchie diverse, con il Governo giallo che promuove solo gli amici gialli ed il Governo blu che poi li affossa, e viceversa ad ogni giro. A Bruxelles è ancora vivida la vox populi su un certo italiano, che, addirittura dal grado più alto di presidente della Commissione, affossò la carriera a molti connazionali, perché non allineati al suo partito di origine. La mancanza di coesione nazionale e continuità sono il nostro tallone d’Achille, laddove gli altri, eletto un governo o presidente di qualsiasi colore, si allineano immediatamente per promuovere sempre l’interesse della nazione al di sopra della fazione.
In conclusione, viste le materie, le risorse e le questioni in gioco, possiamo dire che l’Unione Europea è, in un certo senso un magnifico matrimonio di interessi tra gli Stati Membri. Andrebbe dismessa la retorica dell’Europa panacea per ogni male italico, la vulgata dell’Europa salvifica, dell’Europa che affratella le popolazioni grazie al programma Erasmus e simili. Meglio sarebbe comportarsi da adulti consenzienti: siamo in un bel matrimonio di interessi, che ci ha fatto vivere in pace (dopo due guerre mondiali nate proprio in Europa) e prosperare economicamente per settant’anni. Perché il matrimonio continui a portare frutti, questi interessi vanno costantemente difesi.
Questo articolo è pubblicato a titolo personale, le informazioni e le opinioni esposte sono quelle dell’autore e non riflettono necessariamente l’opinione ufficiale della Commissione Europea.