CITTADINI & UTENTI

Un anno di Covid: da nomadi a “dimenticati” digitali

C’è ancora molto da fare per “l’esercito” delle partite Iva, una delle forme prevalenti dentro cui opera il professionista del digitale.

Un anno fa, si parlava dei “nomadi digitali” facendo riferimento ai portatori sani di partita Iva, spesso giovani, sempre più dimenticati e anzi, da una diffusa narrazione, incastrati nel ruolo (indimostrato) di pretesi evasori.

Insomma, nel teatro di proclami e buoni intenti riferiti al mondo dell’innovazione e della digitalità, spesso si preferisce non parlare del contesto in cui versano quanti ben potrebbero contribuire ai processi del 4.0 (cybersecurity, trasformazione digitale, data protection, ecc.) pur in tempi di crisi. E questa ipocrisia ben si distribuisce su più livelli e settori, e l’arrembaggio ai fondi che seguiranno ad esempio il progetto Horizon Europe sarà condotto per creare benefici ad appannaggio di pochi. 

Sarò ovviamente felice di essere smentito, ma l’evidenza del quotidiano mi lascia purtroppo ben poco sperare. Per quale motivo? Ricorriamo a qualche esempio su più ambiti e livelli.

Si finge di non vedere esami e concorsi “pilotati” per fare da sbarramento, creando così sistemi artefatti nell’attribuzione dei meriti. Certamente, c’è chi guadagna il titolo per impegno o merito, ma come Popper insegna, è sufficiente l’evidenza di un cigno nero per falsificare che non tutti i cigni sono bianchi (ovverosia: che la selezione sia efficace). Il problema di determinati sistemi, però, è che l’autotutela degli stessi avviene con sistematica negazione dell’evidenza e una certa dose di benaltrismo. In fondo, chi supera la barricata poi tende a difendere la stessa perché demarca un confine fra “noi” e “altri”, e non perché sia un filtro efficace (come potrebbe esserlo). Conta solo che escluda altri, dopotutto. Come le alte mura in un’apocalisse zombie.

Si parla di tutele del lavoro senza badare all’eterno stagismo o a partite Iva che lavorano secondo orari e totale soggezione datoriale, senza però avere alcuna tutela che deriverebbe dall’essere assunti come dipendenti. Si pensi alle sorti di quel bonus 600 euro che per alcuni è diventato un taglio sul compenso percepito, o ad alcune modalità di selezione di collaboratori in cui viene chiesto agli stessi anche l’intento di formare una famiglia o una presenza fissa.

A livello di mentalità, alcuni social svelano un tempio di quel paternalismo che porta all’iconica risposta “Ok, Boomer”, per cui tutt’ora vengono diffusi annunci di lavoro senza indicazione di RAL e ci si lamenta se il candidato chiede il carico lavorativo parametrato ad un range indicativo di retribuzione; si parla di poca propensione alla gavetta per colui che è destinatario di un annuncio “full stack developer con laurea, conoscenza di N linguaggi programmazione, livello inglese C1 e almeno 5 anni di esperienza”. Stranamente, non si parla però del ghosting lavorativo, per cui sembra più probabile attendere l’apparizione di un Grande Antico piuttosto che un riscontro circa l’esito di un processo di selezione.

Certamente, c’è molto su cui lavorare. Sarebbe bene ricordarsi di quei “dimenticati” digitali che però non sono più nomadi perché chi poteva muoversi, l’ha fatto andandosene via. E il Paese ha perso in competenze ed investimenti, assordato dagli eccessi di narrazioni fin troppo autocelebrative.

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