
Come vengono prese le decisioni a livello europeo? A tale domanda la replica non è né immediata né breve, necessariamente. Per capire come nasce una legge che vincola cittadini o aziende o anche solo un parere o un indirizzo, dobbiamo dividere la risposta in due parti: in primis, guardiamo alla governance europea, ovvero come si formano gli organi istituzionali che definiscono politiche e leggi ed in secundis al processo di costruzione del consenso per approvare o meno una certa misura.
Iniziamo dagli organi, dalle Istituzioni UE centrali per ogni decisione, la cui architettura è abbastanza complessa, da mettere spesso in difficoltà l’uomo della strada, il telespettatore e non solo loro: a volte pure i cronisti vi inciampano.
Gli organi centrali costituiscono essenzialmente un “triumvirato di istituzioni”: il Consiglio dell’Unione Europea (UE), la Commissione Europea ed il Parlamento Europeo. Quando si dice “Europa” o “Unione Europea” bisogna quindi tener ben presente questo: l’Unione Europea ha tre teste. Su di esse veglia la Corte di Giustizia Europea che si esprime su ogni istanza di cittadini, imprese o conflitto tra due o più delle teste del triumvirato.
Chi sceglie le persone che siedono in Commissione, Consiglio della UE e Parlamento? Il Parlamento viene eletto ogni 5 anni dai cittadini della UE con suffragio universale; il Consiglio della UE è formato dai ministri in carica nello specifico momento.
La Commissione ha un mandato di 5 anni ed è composta di Commissari nominati dai governi degli Stati Membri (si noti bene, quelli in carica nel momento in cui si forma la Commissione). È diretta da 27 commissari (uno per Stato, tra cui il Presidente), ma soprattutto ha un apparato tecnico-amministrativo alle spalle di circa 30 mila funzionari, suddivisi in veri e propri “ministeri”, detti Direttorati Generali.
Ad interagire con questi ministeri, c’è un vero e proprio esercito di consulenti, esperti e lobbisti (termine da non stigmatizzare) che solo a Bruxelles si calcola siano in rapporto di circa 3:1 rispetto ai funzionari. Società grandi e piccole che rappresentano le controparti socio-economiche, difendono legittimamente più settori, associazioni di categoria, così come gli uffici di rappresentanza delle realtà aziendali più grandi; tutti seguono molto da vicino ogni dossier rilevante, che sia una nuova legge o una proposta di budget.
Un elemento chiave da tener presente nell’architettura istituzionale della UE, per “leggere” bene quanto accade a livello europeo e la sua ricaduta sui livelli nazionali è che ognuna delle “teste” del triumvirato istituzionale non è un monolite, compatto e coerente. In ognuno dei tre organi sono presenti gli orientamenti politici veri e propri di ogni Stato Membro, che si aggregano a livello europeo nelle cosiddette ‘famiglie politiche europee. Questo è immediatamente visibile nel Parlamento Europeo, dove i 705 eurodeputati (erano 751 prima della Brexit) sono aggregati nei seguenti gruppi (ordine decrescente di importanza numerica): cristiano-democratici (PPE), socialdemocratici (S&D), liberali (RENEW EUROPE), nazionalisti-identitari (ID, anche detti euroscettici o sovranisti), verdi-ecologisti (GREENS/EFA), conservatori-riformisti (ECR), sinistra estrema (GUE); a questi gruppi formali, infine si aggiunge la categoria dei non iscritti ad alcun gruppo.
Per ogni partito, rimanere nel più grande gruppo politico è la chiave per mantenere le ambite presidenze delle commissioni del Parlamento europeo e le cariche di vertice della Commissione, del Consiglio e di tutti gli altri organi dell’Unione Europea. Un meccanismo normalmente valido anche a livello nazionale. Ebbene, tali raggruppamenti politici dell’Europarlamento formano continue alleanze trasversali, diremmo a “forte geometria variabile”, per approvare, emendare o rifiutare i provvedimenti proposti dalla Commissione e dal Consiglio.
Ora, nel Consiglio siedono i ministri/primi ministri o capi di stato (a seconda della materia discussa) dei governi in carica, quindi sostenuti in ogni rispettivo paese da maggioranze composte da quelle famiglie politiche (e.g. in Germania c’è una grande coalizione tra cristiano-democratici e socialdemocratici, in Francia un governo e presidente di emanazione liberale, in Spagna una coalizione tra socialisti ed altri partiti di sinistra, e così via per tutti i 27 Stati). Quindi anche nel Consiglio avremmo degli allineamenti tra i diversi governi e le famiglie politiche, con un equilibrio spesso diverso da quello dell’Europarlamento. La Commissione è meno fluida del Consiglio, in quanto resta in carica per cinque anni, ma anche in essa siedono – quasi sempre – Commissari con una precisa etichetta politica, nominati appunto dai governi nazionali, in carica in un certo momento.
A queste affiliazioni ed alleanze politiche (cristiano-democratici, socialisti, liberali, verdi, etc.), vanno aggiunte le componenti nazionali (e.g. i francesi nell’Europarlamento, di qualsiasi colore politico, di solito sostengono compattamente le proposte che interessano alla Francia) e le alleanze tra paesi con lo stesso orientamento (e.g. i nordici ‘frugali’, i mediterranei, i centro-europei) anche se guidati da governi di colore diverso. Un vero caleidoscopio di possibili alleanze che si formano e si affrontano su ogni materia, decisione, provvedimento.
In sintesi, le decisioni a livello europeo vengono prese tramite una continua ricerca di compromessi ed accordi, fondate sulla costruzione ed il mantenimento di alleanze, aggregazioni e negoziazioni tra gli Stati (i.e. i governi in carica), le controparti socio-economiche (rappresentate dall’azione degli eurodeputati e dalle pressioni che queste riescono ad esercitare sulla Commissione e sui ministri che siedono nel Consiglio).

A titolo di esempio, una proposta di legge europea (direttiva o regolamento) avanzata dalla Commissione sulla messa a bando del combustibile diesel, incontrerà sicuramente il sostegno del gruppo ecologista nel Parlamento Europeo, ma troverà la forte opposizione degli altri eurodeputati – socialisti, liberali o cristiano-democratici – eletti in regioni con forte presenza dell’industria automobilistica e sicuramente l’opposizione nel Consiglio di quegli stati membri che hanno un export netto elevato di tali veicoli. Per poterla approvare sarà quindi necessario negoziare e raggiungere un compromesso, magari spostando in avanti la data di implementazione del divieto, o introducendo un consistente programma di ricerca e sviluppo, finanziato dal bilancio UE, per aiutare la trasformazione di quelle aziende.
L’esempio può essere esteso in tutti i campi e deve far capire come di fatto non esistono decisioni imposte a livello europeo su nessuno stato membro o su gruppi di stati. Per ogni decisione si può sempre rintracciare e identificare la coalizione di interessi sottostante e la rappresentanza che l’ha sostenuta, in ognuno degli organi della UE. A volte, anzi spesso, i politici nazionali, specie gli appartenenti ai governi in carica, approvano, avallano delle decisioni a livello europeo, per attaccarle poi il giorno dopo davanti all’opinione pubblica nazionale (e al proprio elettorato…) come una “…imposizione di Bruxelles…”. È purtroppo diventata una pratica comune a molti Stati Membri, che disorienta fortemente i cittadini e ha contribuito non poco alla crescita del sentimento anti-europeo che si è diffuso in tutti gli Stati da oltre un decennio.
Se l’architettura, il triumvirato istituzionale della UE, vi sembra una foresta impenetrabile, allora le procedure con le quali vengono fatte leggi e i regolamenti, decisi i budget ed i programmi nelle suddette aree di competenza univoca o sussidiaria, sono una vera giungla: procedura legislativa ordinaria, decisioni procedurali, decisioni implementative, comunicazioni di Parlamento o Commissione, deliberazioni non vincolanti, risoluzioni, ecc. Una giungla nella quale però non vi farò entrare. Basterà tener ben presente che quasi ogni proposta legislativa o provvedimento deve essere approvato dalle tre teste della UE. La Commissione Europea di solito propone, ma il Consiglio ed il Parlamento devono approvare, con maggioranze semplici, qualificate o all’unanimità a seconda della materia in questione. I meccanismi di calcolo delle maggioranze sono meticolosamente definiti e tali da non consentire la predominanza di un singolo stato membro o gruppi ristretti di stati su tutti gli altri. Esiste sempre, ad esempio, la possibilità inoltre di costituire una ”minoranza di blocco” con almeno quattro stati della UE.
Dire “Europa” ecco, non è proprio semplice, ma nemmeno incomprensibile. La giungla è fitta, ma si sviluppa secondo regole ben fissate, l’importante è sapersi muovere nella vegetazione.
Questo articolo è pubblicato a titolo personale, le informazioni e le opinioni esposte sono quelle dell’autore e non riflettono necessariamente l’opinione ufficiale del Commissione Europea.