
Ridare la vista ai ciechi è stato da sempre un privilegio di entità divine o al massimo una tecnologia futuribile ai limiti dell’impossibile: non più.
A renderlo fattibile è l’optogenetica, una pionieristica tecnica biologica che prevede l’uso della luce per controllare neuroni geneticamente modificati per esprimere risposta ionica alla luce. La base di questo metodo è l’uso di una combinazione di tecniche di ottica e genetica per modulare le attività dei singoli neuroni nei tessuti viventi.
L’assunto scientifico su cui si poggia l’optogenetica è semplice quanto affascinante. In natura esistono numerosi microrganismi che incorporano molecole fotosensibili. Queste ultime, una volta colpite dalla luce, hanno la capacità di trasformarla in elettricità e di stimolare la risposta dell’organismo cui appartengono. In questo modo, ad esempio, molti microrganismi si muovono all’interno del proprio spazio vitale, come ad esempio succede per certe specie di alghe che migrano più in profondità o più in superficie a seconda della potenza dell’irraggiamento solare.
Questa capacità è stata sfruttata da un gruppo internazionale di scienziati, tra cui gli italiani Angelo Arleo, Francesco Galluppi e Simona Degli Esposti, per ripristinare parzialmente la funzione visiva in un paziente reso cieco da una patologia degenerativa.
In uno studio pubblicato il 24 maggio scorso su Nature Medicine, è stata spiegata la procedura utilizzata su un paziente che aveva perso la vista a causa della retinite pigmentosa, una malattia genetica neurodegenerativa dell’occhio in cui la perdita di fotorecettori può portare alla cecità completa. Il paziente ha subito l’iniezione oculare di un vettore virale che codifica ChrimsonR, una molecola reingegnerizzata prodotta dal gene CnChR1, a sua volta estratto dall’alga Chlamydomonas noctigama. Successivamente, il paziente è stato dotato di un paio di occhiali speciali, che rilevano i cambiamenti locali nell’intensità della luce e proiettano in tempo reale gli impulsi luminosi corrispondenti sulla retina, attivando così le cellule gangliari retiniche modificate con ChrimsonR.
Dopo il trattamento, e con l’ausilio degli occhiali, il paziente è stato in grado di percepire, localizzare, contare e toccare diversi oggetti usando solo l’occhio trattato. Durante l’esperimento, le rilevazioni elettroencefalografiche hanno confermato un’attività legata agli oggetti nella corteccia visiva. Il paziente non poteva rilevare visivamente alcun oggetto prima dell’iniezione con o senza gli occhiali di protezione o dopo l’iniezione senza gli occhiali di protezione.
Questo straordinario risultato è il primo caso riportato di recupero funzionale parziale in una malattia neurodegenerativa dopo la terapia optogenetica.
Esso fa registrare anche l’ennesimo record di previsione del futuro per Star Trek, lo straordinario franchise di fantascienza nato nel 1965, che oramai da quasi sessant’anni anticipa le innovazioni tecnologiche – quali ad esempio lo smartphone e l’iPad.
In Star Trek – The Next Generation, la serie televisiva trasmessa per la prima volta nel 1994, il popolare personaggio Geordie La Forge, cieco dalla nascita, riusciva a vedere forme, colori ed un ampio spettro di lunghezze d’onda con l’ausilio di occhiali speciali. Neanche trent’anni dopo, un gruppo di scienziati che forse da bambini guardavano affascinati le imprese dei loro eroi, hanno mosso il primo passo in quella direzione.