
La notevole mole di dati a disposizione dell’intelligenza artificiale sta consentendo ai prodotti che si basano su essa di diventare sempre più accurati nella predizione dei comportamenti umani. Se da una parte questo determina il fiorire di un nuovo mercato dannoso che la professoressa Zuboff ha chiamato Il Capitalismo della Sorveglianza, dall’altra può risultare estremamente utile nelle più svariate applicazioni.
Le case automobilistiche che si occupano di veicoli autonomi sono esempi di un uso virtuoso dell’intelligenza artificiale, la quale sta già dando grande soddisfazione ai suoi sviluppatori.
È di pochi giorni fa il tweet entusiasta del CTO e fondatore di Cruise Automation Kyle Vogt che ha mostrato al mondo i progressi compiuti dal sistema di guida autonoma della sua azienda. Nel video postato si vede un ciclista avvicinarsi dal lato posteriore destro del veicolo. Il sistema di guida decide di deviare leggermente a sinistra dalla traiettoria che stava precedentemente assumendo, in modo tale da lasciare più spazio al ciclista per il sorpasso.
I ciclisti costituiscono ancora una componente particolarmente complessa da gestire per l’intelligenza artificiale, visti i loro comportamenti che non si fa fatica a definire abbastanza imprevedibili. L’impredicibilità è infatti nemica dei veicoli a guida autonoma, che fanno della previsione dei comportamenti altrui l’architrave su cui basare il proprio.
L’approccio di Cruise, come spiegato da Rashed Haq – vicepresidente del comparto robotica alla Cruise – è di dare ai propri veicoli autonomi un’idea solida, completa e basata su milioni di dati presi dal mondo reale riguardo al comportamento dei ciclisti. È solo in questo modo che possono essere messe in atto quando serve azioni efficaci per incrementare la sicurezza degli utenti della strada.
Sulla base dei dati a disposizione la driverless car ha stabilito in questo caso, senza che ciò fosse stato chiarito esplicitamente in fase di programmazione, che la sicurezza dei ciclisti aumenta quando la macchina gli concede più spazio. Non è forse quello che ci viene spiegato quando frequentiamo un corso per l’ottenimento di una licenza di guida?
Se anche non ci fosse spiegato, probabilmente lo faremmo lo stesso per una questione di buon senso. Lo stesso buon senso che noi umani cerchiamo di applicare quando ci troviamo ad affrontare situazioni impreviste viene declinato nell’ambito delle driverless car, in una scelta ottimale nello spettro di tutte le possibili scelte basate sui dati a disposizione.
Difficile dire se sia meglio o peggio, probabilmente l’unica risposta ragionevole è affermare che dipende dalla quantità e dalla qualità di dati a disposizione. D’altronde lo stesso discorso vale per noi umani, che attuiamo comportamenti più o meno sensati sulla base di quanto la nostra esperienza di vita e la nostra educazione ci hanno insegnato.
Il comportamento delle macchine, che trascende da ciò per cui gli esseri umani le hanno programmate, fino a pochi anni fa sembrava riferibile solo a qualche film di fantascienza, è ora invece più vicino che mai.