
Finalmente qualcosa si muove al Congresso americano per mettere ordine nel selvaggio ambiente spaziale, protagonista di un vuoto normativo a livello internazionale. Un ambiente che preoccupa, visto che sta diventando senza alcuna limitazione un enorme deposito fluttuante di immondizia.
La questione vede le sue origini in un fatto risalente a 14 anni fa. Era il 2007 quando la Cina per dimostrare la sua capacità di distruggere un satellite decise di lanciare un missile balistico su uno dei propri satelliti causando la dispersione di 3mila frammenti, il 10% di tutti quelli generati dagli Stati Uniti nella sua storia.
Il comportamento altamente irresponsabile, come ebbe a dire il generale Stephen Whiting in audizione in commissione presso il Dipartimento degli Affari Esteri, scatenò rilevanti rimostranze a livello internazionale con conseguente interruzione di ogni programma di distruzione dei satelliti a partire dal 2007. Il danno in ogni caso è fatto e questi pericolosi detriti sono ancora lì, pericolosamente in orbita sulle nostre teste.
Dietro l’iniziativa del Congresso c’è però molto di più di un semplice anelito di tutela ambientale. Lo spazio preoccupa perché potrebbe diventare scenario di nuovi conflitti internazionali. Ad allarmare gli analisti del Consiglio americano per le relazioni internazionali è l’integrità del sistema nazionale di satelliti, definito il vero tallone d’Achille della tecnologia militare attualmente in uso.
L’idea sarebbe quella di realizzare un sistema di coordinamento del traffico spaziale e di definire zone di sicurezza non violabili da assegnare a ciascun satellite in orbita. Una misura di tale rilevanza obbliga la ricerca di accordi tra le principali potenze mondiali che, al momento, sembrano essere ben lungi dal potersi realizzare. È chiaro che questo non fa altro che determinare tensioni. Non esistendo confini tra le forze operanti nello spazio ogni evento può essere ritenuto l’occasione per far partire un’escalation militare.
Allo stato attuale l’unica strada percorribile è la definizione di comportamenti virtuosi, che in inglese tradurremmo con best practices, che costituiscano un catalogo di norme non vincolanti per la tutela del quieto vivere. La speranza, davvero flebile, è che tutti si riconoscano in esse.
Jonathan Moore – Principal Deputy Assistant Secretary presso il Dipartimento di Stato – ha tentato di fare la voce grossa, provando un approccio poco conciliante con la controparte cinese, affermando di averla già sollecitata ad adeguarsi alle norme e agli standard. Il risultato, come prevedibile, è stato un buco nell’acqua: la Cina per il momento non ne vuole sapere.
Fino a quando non si farà chiarezza sulle regole di buon comportamento nello spazio – il selvaggio west del XXI secolo – non potremo fare altro che incrociare le dita ogni volta che, come in questi giorni, un detrito si troverà in caduta incontrollata verso la Terra o, peggio, se per questioni riguardanti lo spazio si verificherà una corsa agli armamenti.