
Nonostante le minimizzazioni del governo cinese, continua il monitoraggio degli esperti italiani sul rientro incontrollato nell’atmosfera terrestre del secondo stadio del razzo cinese “Long March 5B”, in caduta libera verso il nostro pianeta. Secondo i cinesi i frammenti di detriti del razzo lanciato, e andato fuori controllo lo scorso 29 aprile per mandare in orbita il modulo centrale della sua stazione spaziale permanente, è probabile che cadano in acque internazionali. Le preoccupazioni, non solo italiane, comunque restano in quanto il vettore, del peso di almeno 270 tonnellate potrebbe invece causare danni al momento della sua ricaduta sulla Terra, prevista nelle prime ore del 9 maggio.
La possibilità che accadano incidenti come questo ha indotto la comunità internazionale sin dalla seconda metà del secolo scorso a dotarsi di strumenti idonei a tutelarsi da evenuali danni provocati da oggetti spaziali.
Esiste un Diritto dello Spazio sempre più specialistico che parte dalla considerazione che lo spazio, al pari delle acque internazionali, è un bene di tutti ove non esiste una sovranità, ma il suo sfruttamento comporta il rischio di infliggere danni a terzi che potrebbero evocare la responsabilità di qualcuno.
Va sottolineato che nello sviluppo dell’esplorazione spaziale le questioni di valutazione del rischio sono sempre più importanti in considerazione dei notevoli impegni finanziari dei partecipanti al lancio e dell’enormità dei danni che potrebbero verificarsi.
Il principio base è che ogni Stato che lancia un oggetto nello spazio è internazionalmente responsabile per gli eventuali danni provocati, è ad esso che si ispira il ‘Trattato sulle norme per l’esplorazione e l’utilizzazione, da parte degli Stati, dello spazio extra-atmosferico, compresi la Luna e gli altri corpi celesti’ del 1967 più conosciuto come ‘Outer space treaty’, al quale la Cina ha aderito nel 1983. In esso viene ben precisato che ogni Stato è responsabile a livello internazionale per i danni ad un altro Stato o alle sue persone fisiche e giuridiche causati dall’oggetto lanciato o dalle sue componenti sulla terra, nell’aria e nello spazio.
A questo punto va specificato che, sia la dottrina scientifica che quella legale, ritengono che lo spazio esterno inizi alla quota più bassa alla quale è tecnicamente possibile per un satellite orbitare intorno alla terra, valutata a circa 80 km sul livello del mare.
Qualora un lancio palesi problemi sin dal momento del decollo o l’oggetto devii dalla sua traiettoria nominale e minacci di causare danni può essere fatto saltare in aria da un dispositivo di autodistruzione integrato riducendo al minimo i rischi.
Molti sono gli incidenti accaduti negli anni di imprese spaziali e un satellite che cade a terra ha gli stessi effetti della caduta di una meteora. Passando attraverso l’atmosfera gli oggetti in caduta sviluppano un enorme calore e pressione così si suddividono in pezzi e, fortunatamente, solo pochissimi di essi di maggiori dimensioni sopravvivono per raggiungere il suolo.
Nel gennaio 1978 lo stadio esaurito di un razzo Saturn V della NASA, del peso di circa 22 tonnellate, cadde nell’Atlantico ad est delle Azzorre. L’American Skylab, di circa 80 tonnellate, si schiantò sulla costa occidentale dell’Australia nel luglio 1979. Nel febbraio 1991 il laboratorio spaziale russo Salyut 7, di 40 tonnellate, si è schiantato e i pezzi più grandi, del peso di pochi chilogrammi, furono trovati nelle Ande, al confine tra Cile ed Argentina.
Non risulta che sino ad ora siano mai sorti contenziosi internazionali in merito a risarcimenti dovuti a danni spaziali. Oltre all’ ”Outer Space Treaty” esiste la ‘Convenzione sulla responsabilità internazionale per danni cagionati da oggetti spaziali’ che entra ancor più nel dettaglio del calcolo dell’ammontare dei risarcimenti e delle tutele a garanzia dello Stato convenuto.
Lo spazio è sempre più frequentato, ma l’attuale regime di responsabilità, anche se adottato ormai da tempo, è in linea di massima ritenuto ancora idoneo a rispondere all’eventualità più remote che possano capitare nel mondo extra-atmosferico.
Vi è un solo aspetto che ora andrebbe ulteriormente contemplato. I trattati recano le regole per risarcire i danni diretti, ma il rischio della caduta di frammenti di un razzo incontrollato mette in moto in ogni Paese la macchina della prevenzione. In Italia in questo momento sono mobilitate centinaia di esperti della protezione civile, vigili del fuoco, forze dell’ordine e forze armate. I costi saranno salati, chi pagherà per tutto questo?