
La Giustizia, da sempre terreno di scontro tra Politica e Magistratura, dopo lo tsunami di Mani Pulite, continua ad essere un campo di battaglia su cui anche l’attuale Governo, blindatissimo per la situazione pandemica, il Recovery Plan e la non facilmente attaccabile guida del Presidente Draghi, potrebbe avere delle defaillance.
L’ultimo elemento di aspro confronto, in termini temporali, è il Disegno di Legge ordinaria 2435 “Delega al Governo per l’efficienza del processo penale e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le corti d’appello“, dove le varie anime sia della Politica, sia della Magistratura, stanno faticosamente cercando un punto di sintesi che permetta di mandare avanti il DL presentato alla Camera dal Ministro Bonafede, più di un anno fa, il 13 marzo 2020.
Come in tutti gli scenari di guerra che si rispettino, oltre ai confronti frontali, dove il grosso delle truppe si affrontano intensamente, ci sono anche una serie di altri conflitti a bassa intensità, che molto spesso non assurgono all’onore delle cronache, pur avendo valenze importanti che potrebbero anche influire pesantemente sulle sorti dell’intero conflitto: un esempio lampante, nel campo militare, è stato lo sgancio delle 2 bombe nucleari USA sul Giappone, che mise immediatamente fine alla guerra, che, probabilmente, senza quell’episodio, avrebbe continuato per altri anni, data la ferrea determinatezza dei Giapponesi.
Lasciando il campo figurato e ritornando alla Giustizia, un elemento, inquadrabile nella categoria dei citati conflitti a bassa intensità, poco noti alla massa degli italiani, è rappresentato dall’Atto del Governo n. 247, presentato, in sede consultiva, ai due rami del Parlamento agli inizi di marzo di quest’anno.
Lo Schema di Decreto Ministeriale N.247, recante “Disposizioni per l’individuazione delle prestazioni funzionali alle operazioni di intercettazione e per la determinazione delle relative tariffe ai sensi dell’art. 1, commi 89 e 90, Legge n. 103/2017” è uno dei tre decreti, la cui attuazione è stata delegata dal Parlamento al Governo, nell’ambito dell’approvazione della citata legge 103 del 2017, meglio nota come riforma Orlando.
Questi tre decreti – i primi due dei quali dovevano definire e normare le prestazioni funzionali alle operazioni di intercettazione individuando: tipologie di prestazioni, software ed ambiti operativi anche dei “captatori informatici”, meglio noti come Trojan, recentemente diventati noti ai più grazie alle vicende giudiziarie del dott. Palamara – sono rimasti per più di 3 anni nei cassetti del Ministero della Giustizia, fino a quando, dimissionario il Governo Conte 2, il Guardasigilli Bonafede, ormai sulle scale di Palazzo Piacentini, sede del dicastero, ha deciso di firmare quello che doveva essere l’ultimo decreto ad essere emesso, riguardante la determinazione delle tariffe delle prestazioni funzionali alle operazioni di intercettazione.
Come fatto rilevare da alcuni componenti della Commissione Giustizia della Camera, nella costruzione di un “palazzo”, normalmente non si inizia dal tetto, ma dalle fondamenta e dai muri perimetrali per poi passare alla copertura, per cui mutatis mutandis si sarebbero dovuti fare prima i decreti che definivano le attività, i materiali da utilizzare, le caratteristiche operative e quant’altro necessario, per poi definire il tariffario, che naturalmente può essere fortemente influenzato dalla definizione degli altri aspetti.
Purtroppo, la necessaria celerità, data dagli eventi, che vedevano il Governo dimissionario, unita all’esigenza di attribuirsi con facilità il raggiungimento di un obiettivo che è sempre visto di buon occhio, la contrazione della spesa, ha fatto protendere per il rilascio, per primo, del decreto sulle tariffe, che complice la scarsa conoscenza degli aspetti operativi delle intercettazioni, da parte dei funzionari ministeriali – oltre alla necessità di compiacere l’esigenza della riduzione dei costi, che non guasta mai – ha creato un aborto abominevole, un documento in cui l’allegato listino, presentato come derivato da quelli in uso nelle 5 principali Procure sede di DDA – posto che tecnicamente, di queste, sono solo 4 le Procure che hanno un listino ufficiale, perché la Procura di Napoli, decide l’attribuzione degli incarichi sulla base delle offerte ricevute – non avendo emesso un listino determinato, a fronte di una media di circa 70 voci di diverse prestazioni funzionali, presenti nei listini delle Procure, vede, il raggruppamento di 10 macrocategorie, cosicché, ad esempio, le microspie audio sono raggruppate in una unica voce, dove l’estensore ha il coraggio di indicare espressamente che sono ricomprese quelle analogiche, digitali, monofoniche e stereofoniche.
Nei fumetti sarebbe apparso la nuvoletta con scritto GULP!!! Praticamente, è come se l’ignaro estensore, essendo all’oscuro anche solo delle varie tipologie di materiali utilizzati, realizzando un listino di vendita di autoveicoli, avesse raggruppato in una unica voce un elenco di vetture che a partire dalla fiat 126, arrivasse fino alla Ferrari 812 Superfast. Solo per avere un’idea approssimativa, unicamente dei costi di acquisto dei materiali, vanno dai 100 € di un semplice modello di microspia analogico monofonica ai 12.000 € di un sofisticato modello, made in USA, digitale stereofonico comandabile a distanza.
È facilmente intuibile come applicando questa stessa logica a tutto il decreto, il documento risultante è una quasi totale immane corbelleria, che arriva a prevedere, addirittura, la sua applicazione retroattiva, in palese violazione di norme costituzionali, anche ad attività già in corso, sollevando, nell’ambito della disamina del provvedimento, fatta nella 5^ Commissione Bilancio, l’accesa opposizione anche della vice ministra Castelli che rappresentava il Governo, ovvero chi avrebbe dovuto sostenere la correttezza del decreto presentato.
Il problema reale, ovvero l’elemento che accomuna il varo effettivo del decreto 247 nella forma inviata al Parlamento, senza alcuna correzione, al citato evento delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaky, è rappresentato dal fatto che l’effetto correlato sarà che le aziende, che forniscono i servizi alle Procure della Repubblica, si dovranno fermare dall’assunzione di nuovi incarichi, garantendo, dove possibile fino a chiusura, solo quelli attivi, per evitare il fallimento delle aziende stesse-Quindi da un giorno all’altro il Paese si troverà a non avere più a disposizione uno strumento che si è rivelato indispensabile per le indagini dell’Autorità Giudiziaria, e che, a differenza di quanto sostenuto dai suoi delatori, non rappresenta un costo per l’erario, se si tiene conto che la spesa è solo un’anticipazione da parte dello Stato, venendo ribaltata sui condannati all’atto del passaggio in giudicato delle sentenze, bensì una voce attiva di bilancio considerando le cifre sottoposte a sequestro, anche grazie ad efficaci attività tecniche di supporto, e inserite nel FUG, Fondo Unico Giustizia, la cui consistenza media annuale si aggira intorno al miliardo e 500 milioni di euro.