
La teoria del cervello tripartito, elaborata dal medico e neuroscienziato Paul McLean, è una delle rappresentazioni più affascinanti di come funziona la sede del nostro pensiero.
Secondo tale teoria, l’encefalo umano sarebbe costituito da tre unità morfo-funzionali che assolvono a compiti diversi e di grado via via più evoluto. Il cervello più profondo, o rettiliano, è la sede degli istinti primari, come quelli che governano le funzioni corporali autonome, o regolano le reazioni di “attacco o fuga”. Il livello successivo è quello del cervello proto-mammaliano, nel quale risiedono, per esempio, gli istinti di socialità e cura nei confronti della prole. Il terzo livello, quello neo-mammaliano, è invece la sede dell’espressione linguistica e del ragionamento logico, quello che ci fa essere capaci di astrazione e di identificare le cose per quelle che sono e non per le etichette grossolane che i primi due livelli di cervello cercano di attaccargli.
Come è facilmente intuibile, il primo livello di cervello è quello che da un lato ci consente di salvarci scappando se incontriamo una minaccia, o di metterla in fuga con una reazione aggressiva. Quest’area cognitiva, come dimostrato da un fondamentale studio pubblicato su Science sulla natura delle fake news, è il bersaglio preferito da parte dei costruttori di menzogne o dei demagoghi. L’individuazione di un nemico attraverso l’attribuzione di un’etichetta vera o presunta, causa l’immediata reazione istintiva da parte di tutti i membri del gruppo cui il demagogo sta parlando. Per definizione, tale reazione scollega immediatamente tutti i cablaggi logici del cervello superiore, e spinge gli individui a reagire secondo schemi prefissati: di esecrazione, di aggressione verbale, se non di vera e propria violenza fisica.
Nessuna società è immune da questo tipo di reazioni, e potenzialmente nessun individuo, per quanto acculturato, ne è esente. La pandemia di COVID ce ne ha fornito un ampio campionario, portando allo scoperto come pesci spiaggiati dalla marea, un caravanserraglio di profeti improbabili, complottisti in servizio permanente effettivo, e scemi del villaggio globale armati di tastiera e connessione internet.
Una società che voglia veramente evolvere e portarsi ad un livello superiore di civiltà, dovrebbe cogliere questa occasione per imparare a riconoscere e immediatamente esorcizzare i distributori di etichette. Se ne sono visti tantissimi in questi mesi, in aggiunta agli artisti del consueto circo a tre piste dell’agone politico, andare in televisione a manifestare le proprie inquietudini, provenienti dal cervello rettiliano, nei confronti di questo e di quello.
In mezzo a questo bailamme, assurge a simbolo di eroismo un uomo semplicemente competente, il generale Figliuolo. Uno che, per il solo fatto di essere un alpino e dunque persona seria ed attaccata al dovere, avrebbe dovuto suggerire ai critici preventivi un prudente silenzio. Un professionista che ha avuto l’ardire, in un Paese affascinato dai milioni di posti di lavoro e poi irretito da decenni di promesse di abbattimento del debito pubblico e risalita del PIL, di dare dei numeri e poi realizzarli.
Aveva infatti dichiarato, in un momento in cui ancora non si era spenta l’eco dei banchi rotanti mai utilizzati – a proposito, indagini per possibile danno erariale ne abbiamo? – e ancora rimiravamo i multicolori fiori di piazza dell’onnipotente e già dimenticato primo commissario all’emergenza COVID, che per l’inizio di maggio saremmo stati in grado di effettuare 500.000 inoculazioni vaccinali al giorno.
Bene, maggio è arrivato e il minaccioso energumeno in mimetica e penna bianca, poche chiacchiere e tanti fatti, ha raggiunto l’obiettivo, come i dati di questi giorni dimostrano ampiamente.
Ed ora, gli attaccatori di etichette, le sciure inquiete, gli anti-isti militanti – pardon, praticanti – brillano per assenza dai palinsesti e fanno i vaghi, impegnati forse a scrivere il prossimo romanzo.
Certo, non ci aspettiamo adesso delle scuse dagli interessati o che l’intera popolazione nazionale smetta d’improvviso di prestare orecchio ai demagoghi. Però, se anche un solo cittadino avrà imparato ad ascoltare il cervello logico e non quello rettiliano, ne sarà valsa la pena.