
Nell’era analogica ho fatto l’amanuense nella Biblioteca Vaticana di Roma, perché i testi antichi non si potevano fotocopiare. Adesso quella stessa Biblioteca li ha digitalizzati e li vende on-line a prezzi più che ragionevoli. E non è certo la sola.
Ciò significa che abbiamo a disposizione un’immensa Biblioteca digitale: è una vera e propria rivoluzione nel campo della conoscenza, si può fare ricerca come mai prima d’ora. Però bisogna aver tempo e voglia, interessi e passione, ed esser capaci di ragionare con la propria testa, cosa ultimamente assai rara.
Invece i ragazzi di oggi sono tutti concentrati su un mondo sempre più ‘virtuale’, cioè finto; la ‘didattica a distanza’ e il ‘distanziamento sociale’ hanno solo peggiorato le cose.
Sono fantastici smanettatori ipertecnologici, ma mi chiedo quanti di loro sarebbero in grado di leggere una carta geografica ‘di carta’ e orientarsi, se per caso il navigatore Gps andasse in tilt.
Il loro motto potrebbe essere: «Non c’è bisogno di studiare, tanto c’è tutto su Internet!». Sì, ma se ‘non c’è campo’ … non hai scampo.
Dopo aver letto l’articolo di Umberto Rapetto su Zuckerberg, che vuole dare Instagram anche ai neonati, mi è tornata in mente una canzone di Lucio Dalla che diceva: «Cosa sarà… che ti fa comprare di tutto, anche se è di niente che hai bisogno… Cosa sarà?».
Beh, lo sappiamo, è Internet. Che ci fa comprare di tutto, specie il superfluo, grazie ai profili degli utenti mappati da Google, Amazon, Facebook, YouTube, Instagram, Twitter ecc., e guadagna miliardi di dollari vendendoli per fare pubblicità mirate efficacissime.
Del resto già nel dicembre 2015 su Time era comparsa un’inquietante intervista a Zuckerberg che progettava di portare Internet in tutto il mondo, soprattutto nei paesi più poveri. Poco importava che non avessero cibo ed elettricità: si poteva rimediare con le batterie solari! L’importante era che fossero “connessi”, per godere del sol dell’avvenire…
Sotto questo aspetto, non vi è nessuna differenza fra il mondo analogico e quello digitale: la Televisione negli anni ’50 e Internet (dagli anni ’80 in poi) sono il nuovo Panem et Circenses dei popoli. Hanno cambiato usi e costumi, hanno avuto un impatto sociale e psicologico in qualche caso devastante.
Il mantra è: «L’ha detto la televisione», «l’ho letto su Facebook», e se lo dicono loro è vero per forza.
Anni fa ero inorridita quando un conoscente mi mostrò orgoglioso la figlia di quattro anni con in mano il telefonino e il tablet con cui ‘chattava’ con le amichette. Poi ha scoperto che di notte la bambina aveva gli incubi perché aveva visto chissà cosa su internet.
Per quale motivo instagram dovrebbe essere diverso? La tutela dei minori non interessa a nessuno: come sempre è questione di soldi (tanti). Ma c’è un altro aspetto assai più subdolo: la (ri)educazione.
Se sono bambini piccoli, è molto più facile ‘educarli’, ‘programmarli’, orientarne i gusti e plasmar loro il cervello: cosa cui ha sempre mirato il potere per garantirsi un popolo docile e sottomesso, incapace di pensiero critico.
Gli esempi non mancano: i giovani Balilla fascisti, la Gioventù hitleriana, i Giovani pionieri sovietici, i bambini dei killing fields di Pol Pot in Cambogia, fino ai bambini soldato dell’Africa per citare quelli più tragici.
Zuckerberg certamente avrà le migliori intenzioni, a parole, ma la realtà la spiegava lui stesso nell’intervista: prima gli offri il servizio gratis, poi li fidelizzi, e poi ti fai pagare. In fin dei conti è quel che hanno fatto con noi, che siamo diventati schiavi dei ‘social’ (per fortuna non tutti).
Sono d’accordo con Umberto Rapetto: non lasciate che i vostri figli vengano manipolati! Spegnete la Tv, Internet e anche il telefonino! Il vostro e il loro, e riaccendete il cervello.