
Ad aiutare l’ambiente ci pensa la California…abbassando lo sguardo dallo spazio alle umane questioni, passerà al setaccio di fughe di gas e super emettitori per mezzo di satelliti di monitoraggio.
Correva l’anno 2016, quando, alle ennesime minacce dei consiglieri del presidente Donald Trump riguardanti la disattivazione dei satelliti per l’osservazione del clima della NASA, nel mentre di una convention di geoscienze di dicembre, un ardito governatore della California, Jerry Brown, pronunciò la famosa promessa: “Se Trump spegne i satelliti, la California lancerà i propri dannati satelliti”.
Niente sogni, quella promessa oggi si appresta a diventare una solida realtà, con la California e i partner pronti a lanciare entro il 2023 due satelliti per individuare e monitorare i pennacchi di anidride carbonica (CO2) e metano (CH4), che ha un potere di riscaldamento ben 80 volte superiore alle emissioni di CO2 a breve termine. Se il piano dovesse filare liscio, con tutta probabilità potrebbero seguirne altre dozzine.
Il progetto Carbon Mapper, da 100 milioni di dollari, finanziato da filantropi privati, tra cui Michael Bloomberg, promuoverà gli sforzi per monitorare le emissioni concentrate di gas serra che provengono da centrali elettriche a combustibili fossili, condutture che perdono e pozzi abbandonati. I precedenti satelliti non avevano la risoluzione e la messa a fuoco necessari a monitorare adeguatamente le sorgenti puntiformi.
Secondo Riley Duren, CEO di Carbon Mapper e scienziata di telerilevamento presso l’Università dell’Arizona, l’obiettivo finale sarà quello di risultare come una sorta di “servizio meteorologico per metano e CO2”. Ray Nassar, scienziato atmosferico non affiliato al progetto di Environment and Climate Change Canada, è convinto che l’annuncio abbia il potenziale per scuotere il campo del monitoraggio e della verifica dei gas serra, in quanto i satelliti sarebbero immediatamente utili e di immediata necessità vista la deriva che stiamo prendendo.
I satelliti saranno costruiti e gestiti da Planet, una società californiana che già gestisce una costellazione di satelliti di imaging della Terra. Il prototipo farà affidamento su spettrometri di imaging “iperspettrali” sviluppati dal Jet Propulsion Laboratory (JPL) della NASA. A differenza dell’occhio umano, che convoglia la luce in un range discreto di lunghezza d’onda, questi spettrometri catturano la luce solare riflessa e la suddividono in più di 400 canali di lunghezza d’onda attraverso il visibile e nell’infrarosso. L’intensità della luce attraverso questi canali può essere legata a specifiche sostanze chimiche e riflettere l’abbondanza di alcuni gas nelle molecole d’aria sottostanti.
Greg Asner, ecologo presso l’Arizona State University, Tempe, lo definisce un “sistema di mappatura molecolare”. Ma non è finita qui…non misureranno solo i gas nell’aria ma rileveranno anche le tracce chimiche sul terreno. Misurando l’intensità della clorofilla verde o rilevando le tracce di sali o funghi in eccesso, ad esempio, i ricercatori saranno in grado di valutare la salute delle colture e delle foreste, potranno cercare minerali in regioni remote e mappare e identificare diverse specie di coralli e alghe o, se non bastasse, rintracciare polvere e fuliggine. Anche la neve e il ghiaccio potranno essere rilevati da questi sensori, poiché, come suggerisce Robert Green, scienziato di telerilevamento al JPL, “la neve è uno dei materiali più colorati sulla Terra se si guarda oltre la luce visibile”.
I primi due satelliti Carbon Mapper saranno delle dimensioni di una lavatrice e dal peso non superiore ai 200 chilogrammi. Forniranno immagini con una risoluzione di 30 metri, anche se all’inizio non offriranno una copertura globale dato che si rivolgeranno principalmente a super emettitori, come centrali elettriche, trivellazioni di petrolio e gas o bestiami, zone che verranno scandagliate settimanalmente, ma tutti i dati sulle emissioni, dall’intensità alla lunghezza del pennacchio, saranno resi disponibili al pubblico, nella speranza che i governi e le imprese si attivino per fermare le perdite e ridurre gli scarichi. “Noi la chiamiamo map and cap technology”, afferma Asner.
Planet, in caso di successo, prevede di costruire una costellazione commerciale di satelliti simili per controllare ogni punto del pianeta una volta al giorno e vendere quei dati a regolatori e aziende, il che si tradurrebbe in un guadagno scientifico per molte discipline, con dati gratuiti a cui gli scienziati possono accedere tramite il programma di ricerca standard di Planet, mentre la NASA al momento prevede di lanciarne e montarne uno sulla Stazione Spaziale Internazionale nel 2022 e un secondo su uno dei suoi prossimi principali satelliti per l’osservazione della Terra, che verrà lanciato alla fine di questo decennio.