
In una recente intervista rilasciata a Business Insider Italia, la docente della Bocconi Rossella Cappetta ha rilasciato una serie di dichiarazioni che sostanzialmente relegano il ruolo del lavoro a distanza – e nel caso italiano il southworking – al ruolo di mero espediente momentaneo, atto a superare la pandemia.
In primo luogo, la studiosa considera la presenza fisica come condizione irrinunciabile rispetto al poter affrontare sfide di grande complessità. Il motivo di questa convinzione sarebbe che solo in presenza i team darebbero il loro meglio e genererebbero valore.
In secondo luogo, correttamente definisce le aziende come comunità sociali, con importanti compiti educativi, che però secondo lei non potrebbero essere svolti da remoto, e ci sarebbe il rischio di un calo importante di produttività.
Ritiene inoltre che i dipendenti isolati dietro i loro computer perderebbero occasioni di carriera e perfino soldi. A tal proposito porta come esempio le differenze di paga che vengono applicate da alcune aziende della Silicon Valley ai dipendenti che scelgano di vivere lontano dagli headquarter.
Da ultimo, agita lo spettro di un eventuale riconoscimento di sconfitta politica, dato che si dimostrerebbe che al Sud non è possibile investire e fare impresa, trasformando questa parte del Paese in un dormitorio del Nord.
Come in tutti i processi di cambiamento, specie quelli grandi e strutturali, esiste una fase durante la quale i protagonisti dello stesso passano attraverso le fasi di negazione, opposizione e negoziazione, e quello che stiamo vivendo non fa eccezione.
Siamo di fronte a qualcosa che va a cambiare i paradigmi consolidatisi in secoli di lavoro collaborativo, il quale ha sempre richiesto la presenza fisica. Si cacciasse o si facesse il raccolto, oppure, in era industriale fordista, si lavorasse in catena di montaggio o in ufficio, si stava sempre insieme fisicamente. Si sviluppavano i rapporti sociali che tenevano insieme il gruppo e lo portavano a collaborare verso scopi sempre più complessi. Allo stesso tempo, si attivavano quelle dinamiche politiche che portavano alcuni membri – non necessariamente i più dotati, ma quelli con maggior abilità nell’organizzare e influenzare – ad emergere sugli altri e diventare leader.
Per capire quanto tutto questo sia stato sorpassato e ridefinito dalla tecnologia, basta osservare cosa i nostri figli – e in buona parte, noi stessi – considerano avere una relazione o giocare. Aspetto molto importante, quello ludico, dato che dalla tipologia e modalità di gioco che si sperimenta durante l’infanzia e la giovinezza, derivano il tipo e la modalità di lavoro che si sarà maggiormente portati a praticare da adulti.
Alla luce di questo aspetto di sistema, appare immediatamente evidente – se non esistessero anni di esperienza collaborativa tra team remoti – che la risoluzione di problemi complessi non è un fattore connesso alla presenza fisica. Allo stesso modo, la produttività non è una funzione della presenza fisica, ma solo della capacità individuale e di team di produrre valore – un aspetto connesso alle skills e non alle interazioni in presenza.
Per quanto riguarda invece la possibilità che i lavoratori possano essere pagati in maniera differenziata a seconda di dove vivano, effettivamente Facebook e Twitter applicano la politica di pagare in maniera proporzionale al costo della vita. Quello che tuttavia sfugge è che non è tanto importante l’ammontare dello stipendio in sé, ma la capacità di acquisto dello stesso. Sfugge inoltre che con un sistema retributivo differenziato per geografia, alle aziende converrebbe localizzarsi nei luoghi con costo della vita più basso – al Sud, nel caso italiano. In questo modo, infatti, potrebbero abbattere consistentemente il monte stipendi, avendo molte persone che lavorano in ufficio nell’area a costo minore, e poche da remoto. Nel caso italiano, questo spopolerebbe economicamente e dal punto di vista del talento le aree a costo della vita più alto – il Nord nel caso italiano – fino ad un punto di equilibrio.
L’ultimo concetto, che ci convince forse meno di tutti, è quello di un fantomatico Sud dormitorio del Nord. Ancora una volta, non si considerano tutte le possibili conseguenze. Il rientro di tanti talenti dal settentrione, oltre a consentire immediate ed evidenti ricadute positive economiche e sociali, avrebbe anche un interessante effetto in termini di sviluppo. Offrirebbe la possibilità di costituire imprese locali ad alta mentedopera, che potrebbero gradatamente costituire al meridione un tessuto produttivo non più basato sull’alta intensità delle infrastrutture, ma della competenza.
In ultima analisi, la tecnologia offre l’opportunità di un nuovo modello di vita e di lavoro, a patto di saper uscire dagli schemi legati alla vecchia filosofia fordista ed abbracciare la trasformazione digitale. Ed è compito degli studiosi quello di saper riconoscere questa tendenza e trasformarla in modelli operativi per il futuro del nostro Paese, invece di rimanere ancorati alle logiche del campo e dell’opificio.
Un passo alla volta, ci riusciremo.