
Le cronache di ieri sono state invase da un insolito incidente: un blindato Centauro di un reggimento di Cavalleria, in esercitazione notturna, ha centrato con alcune cannonate un obiettivo non previsto.
Ovviamente, si è scatenata su Internet la solita ridda di pareri tecnici sull’accaduto, espressi da chi non distingue un sidecar da un carro armato. Insomma, tutto il circo equestre di un intero popolo di internauti celermente trasformatisi da virologi in Panzerkommandant.
Esaurito il malsano chiacchiericcio generale, bisogna tuttavia cercare di analizzare le cose seriamente, e capire che cosa effettivamente possa essere successo. Innanzitutto, capire se il fatto che il Centauro abbia sparato in una direzione approssimativamente a 90° rispetto all’obiettivo sia il risultato di un inconveniente tecnico, di imperizia umana, o di entrambi.
Tutti questi aspetti saranno chiariti dalla commissione d’inchiesta militare che prenderà il caso nelle sue mani, ed analizzerà l’incidente. La prima cosa da fare in questi casi è comprendere cosa sia effettivamente andato storto ed agire di conseguenza. Esattamente come si fa per gli incidenti aerei, infatti, anche in questo caso è fondamentale individuare le cause dell’accaduto, ed inserire nei protocolli operativi procedure di controllo e di addestramento volte a minimizzare il rischio di un evento simile in futuro.
In attesa delle conclusioni degli esperti, vale senza dubbio la pena dire che il Direttore dell’Esercitazione e il capocarro stanno certamente passando dei brutti momenti. In primo luogo, perché sono responsabili, da un punto di vista rispettivamente direttivo e operativo, di asset e uomini impiegati in un’attività ad alto rischio. Solo a titolo di esempio, è una fortuna che nessuno si sia fatto del male nell’area centrata dai colpi; e che soprattutto a fianco dl Centauro impiegato nel tiro non ci fosse un altro blindato, cosa che avrebbe avuto conseguenze estreme. In secondo luogo, perché comunque vada questa inchiesta, anche in caso di proscioglimento, porteranno nella propria coscienza professionale i segni dell’accaduto per molto tempo.
A noi invece compete fare una riflessione più generale sul ruolo e sulle procedure di addestramento dei reparti delle Forze Armate. Abbiamo in passato già evidenziato come in particolare l’Esercito sia spesso impiegato in compiti che non gli competono, persino impropri ed umilianti. L’altra faccia della medaglia è che se i reparti dell’Esercito vengono distolti dai propri compiti addestrativi per fare, ad esempio, da supporto in operazioni di polizia come Strade Sicure, non hanno tempo di fare pratica sul loro impiego principale.
Gli errori accadono in primo luogo quando l’addestramento è subottimale. E l’addestramento è subottimale quando alle esercitazioni – che costano care – vengono lesinati i fondi necessari. E se addestrarsi è una responsabilità dei militari, mettere a disposizione i mezzi del caso è una responsabilità politica.
In conclusione, forse alla revisione delle pratiche di addestramento, volta ad evitare incidenti futuri, deve fare da contraltare la revisione del ruolo dell’Esercito, del suo impiego e dei mezzi che gli si mettono a disposizione. In caso contrario, difficilmente gli si potrà chiedere quella competenza necessaria in situazioni di proiezione all’estero, che è necessaria per svolgere bene il proprio ruolo di rappresentanti del Paese nel contesto geopolitico internazionale.