
Siamo nell’epoca dei social, della condivisione e del cosiddetto fact-checking, pratica oramai divenuta necessaria per assicurarsi che le notizie che vengono propagate, condivise, assunte a verità, corrispondano al vero; il periodo è molto critico e a rimetterci sono la salute e i soldi.
Questi sono i due problemi che oggi levano il sonno praticamente a tutto il pianeta e come funghi appaiono truffatori e opportunisti che approfittano della disponibilità dei media online di affittare le loro vetrine sponsorizzate ad agenzie esterne, senza esercitare un controllo sui contenuti.
Questo mancato controllo sugli annunci pubblicitari contribuisce a propagare schemi di truffa o prodotti quantomeno discutibili, proprio facendo leva sulle paure innescate dalla pandemia.

Come nel caso di questo annuncio sponsorizzato che si rivolge ad allocchi o disperati promettendo guadagni stratosferici. Cliccando su esso si atterra su una pagina dove si invitano le persone ad effettuare investimenti in Bitcoin attraverso una piattaforma sconosciuta, utilizzando l’immagine di Gigi Buffon come (ovviamente) inconsapevole testimonial.

Buffon non è l’unico testimonial inconsapevole di tali pratiche truffaldine, nel tempo abbiamo visto le stesse truffe essere sponsorizzate utilizzando l’immagine dei nostrani Cannavacciuolo e Fedez sino ai più blasonati Bill Gates e Richard Branson.

In tema covid, ecco che compaiono le pubblicità di miracolosi spray nasali israeliani che proteggerebbero “dal virus”; non si capisce però a quale virus facciano riferimento e ci si chiede come tali truffe gravi e potenzialmente nocive, possano filtrare indisturbate e apparire sulle pagine dei media online.

La posizione difensiva dei media è quella comoda, essi affittano a gestori terzi gli spazi pubblicitari sulle loro pagine, lavandosene le mani dei contenuti in essi sponsorizzati.
Ma siamo sicuri che sia la tattica giusta e che alla lunga non gli si ritorcerà contro?
Per capirlo facciamo due esempi su tutti: Amazon e Ebay.
I due colossi si comportano infatti esattamente come i media in questione: essi mettono a disposizione degli spazi per i venditori di merce il cui scambio non necessariamente avviene all’interno della logistica delle due aziende in questione.
Eppure entrambe sono state costrette a rendersi responsabili delle transazioni avvenute all’interno della loro piattaforma, istituendo degli appositi centri di reclamo e rimborso.
Piuttosto che perdersi nelle inutili e risibili questioni della salvaguardia della privacy, annoiandoci con inefficienti soluzioni burocratiche che ammazzano l’online, quali ad esempio il popup con l’accettazione dei cookies che oramai la gente clicca in automatico pur di continuare a navigare, il legislatore forse dovrebbe porre attenzione a questo fenomeno, che è noto, sotto gli occhi di tutti e perdurante.
Certo, in materia di finte pubblicità per propagare truffe sui Bitcoin, qualche mese fa qualche arresto è stato eseguito, ma le stesse pubblicità sono ricomparse poco dopo. Il fenomeno va arginato non solo arrestando coloro che promuovono le truffe, ma anche avvertendo i media che la messa a disposizione di terzi dei propri spazi pubblicitari senza una revisione preventiva degli annunci che su essi circoleranno, renderebbe tali media corresponsabili degli schemi di truffa, poiché dalla sponsorizzazione di essi ne ricavano un guadagno.