
La Molson Coors, uno dei piu importanti produttori di birra al mondo, è stata vittima di un attacco di “ransomware”, un virus informatico che spesso porta alla richiesta di un riscatto per lo sblocco dei computer coinvolti. Non si sa fino a che punto gli hacker siano riusciti a bloccare i sistemi informatici dell’azienda e quale sia l’impatto sulla produzione.
La sofisticazione degli attacchi informatici è arrivata al punto da mettere a rischio non solo le informazioni aziendali, ma anche la composizione dei prodotti gestiti dalle aziende.
A febbraio 2021 un hacker in Florida è riuscito ad accedere ai computer di una società di trattamento delle acque pubbliche e ad inviare un codice che ha aumentato il livello di idrossido di sodio nell’acqua. In quantità limitate, tale sostanza serve a controllare il livello di acidità dell’acqua, ma in alte quantità può essere dannosa. Fortunatamente il direttore dei sistemi informativi se n’è accorto in tempo ed ha evitato un disastro.
Nel caso della Molson Coors, ci potremmo divertire ad immaginare un hacker appassionato di birre che sperimenta nuove alchimie con aumentata gradazione alcolica o sapori azzardati con nuovi mix di luppolo, lievito e malto.
Ma il danno non sarebbe affatto divertente per l’immagine di un’azienda che non riesce a controllare il prodotto che immette nel mercato, senza parlare di possibili danni legali e commerciali.
Nel 2021 dovrebbe essere scontata per tutte le aziende l’importanza della protezione dei dati aziendali, ma c’è ancora chi, con la cybersecurity ci fa poco o niente, o per dirla come si dice a Roma, “ce fa la bira”.