CITTADINI & UTENTI

Referendum in Svizzera: anti-burqa o pro-sicurezza pubblica?

Qualunque sia la posizione, c’è sempre un terzo incomodo: la tecnologia

Si vota oggi in Svizzera sul referendum “Sì al divieto di dissimulare il proprio viso”. La chiamano “iniziativa anti-burqa” perché promossa dall’UDC (Unione Democratica di Centro), partito di destra conservatrice. L’uso del burqa in Svizzera è pressochè inesistente; si stima che non ci siano più di 130 donne che lo utilizzano in tutta la Confederazione. Ciononostante, l’estrema destra è riuscita a coalizzare l’attenzione sulla paura degli estremismi con la campagna mediatica “Stopper l’extrémisme!”.

Il governo e la maggioranza del parlamento sono contrari al referendum
perché violerebbe le libertà individuali e propongono l’obbligo di mostrare il viso unicamente in caso di controlli dell’identità da parte delle autorità.

Può darsi che l’eccessiva identificazione del referendum in Svizzera con gli obiettivi dell’estrema destra abbia distratto l’attenzione da un dibattito più ampio sulla sicurezza e sull’obbligo di identificazione. Indipendentemente da considerazioni di partito o di gruppi di interesse, va notato che il referendum punta ad abolire anche altre “dissimulazioni del viso” come ad esempio i passamontagna dei black block nei cortei.

Il dibattito non è molto diverso da quello che ci fu in Lombardia quando nel
2015 una delibera confermò il divieto di accesso a luoghi pubblici con il volto coperto. Vari gruppi come ad esempio l’Associazione degli studi Giuridici sull’Immigrazione portarono la Regione Lombardia in tribunale, ma nel 2019 la corte d’Appello ritenne corretta la delibera per ragioni di sicurezza. Tuttavia, la Lombardia non è rappresentativa dell’Italia nella sua totalità.

Cartello esposto nei luoghi pubblici in Lombardia


Prefetture, ministero dell’interno e la magistratura sono intervenuti in altri
contesti considerando tali limitazioni illegittime e lesive delle libertà
costituzionali.

Resta l’obbligo di palesare la propria identità in caso di richiesta da parte degli agenti di pubblica sicurezza o per il riconoscimento legato a precisi adempimenti. Ed è a questo che si vogliono limitare il governo e la maggioranza del parlamento svizzeri. Su questo punto tutto il mondo è paese; anche ad Abu Dhabi quando si entra nella Grande Moschea c’è un controllo e le donne con burqa o nihab devono svelare il volto per una corretta identificazione. 

La sfida più grande per tutti è far si che la normativa tenga il passo con l’evoluzione tecnologica. L’utilizzo di telecamere esterne è sempre più diffuso. Cambieranno le distinzioni fra “luogo pubblico” (dove tutti si possono recare liberamente), “luogo aperto al pubblico” (spazio privato con regole di accesso) e “ambito privato”?

Fino a che punto si potrà usare il software di riconoscimento facciale collegato alle telecamere? Ormai il software riesce a riconoscere le facce anche di chi indossa un cappello o se parte del volto è coperta. Forse il software non è sufficientemente sviluppato per svelare chi c’è sotto il burqa, il passamontagna o il casco. Ma è questione di tempo. In quel caso, chi ha il volto coperto in pubblico potrà rinunciare alla privacy, ma manterrà la sua libertà individuale. Magra consolazione!

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