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Vaccini in Italia: a che punto siamo?

La campagna vaccinale di massa non decolla, mentre il dibattito si concentra su produzione e forniture, rimangono nel frigo quasi 2 milioni di dosi, il 30% di quelle consegnate. Cartabellotta (GIMBE): “non esiste quindi alcuna ragione per accantonare le dosi, ma bisogna invece velocizzare le somministrazioni”

Pubblicato ieri, 4 marzo, l’aggiornamento settimanale dei dati del monitoraggio dell’epidemia da Coronavirus (COVID-19) in Italia a cura della Fondazione GIMBE: andiamo a vedere come sta procedendo la fornitura e la somministrazione dei vaccini nel nostro Paese.

Per quanto riguarda le forniture delle dosi previste per il primo trimestre 2021, al 3 marzo (aggiornamento ore 10:17), ne sono state consegnate alle Regioni 6.542.260. Questo significa che per rispettare le scadenze contrattuali fissate al 31 marzo, nelle prossime 4 settimane dovranno essere consegnate in media 2,3 milioni di dosi/settimana. In dettaglio:

Il Dr. Cartabellotta ha dichiarato: «La strada per accelerare la campagna vaccinale non deve certo portare ad avventurarsi in rischiosi azzardi, come l’ipotesi di somministrare un’unica dose di vaccino Pfizer o Moderna. In assenza di robuste evidenze scientifiche che permettano alle agenzie regolatorie di modificare le modalità di somministrazione del prodotto si tratterebbe di un uso off-label del vaccino, con risvolti sul consenso informato e sulle responsabilità medico-legali».

Al 3 marzo (aggiornamento ore 10:17) hanno completato il ciclo vaccinale con la seconda dose 1.454.503 milioni di persone (2,44% della popolazione), con marcate differenze regionali: dal 4,18% della PA di Bolzano all’1,72% dell’Umbria. «L’avvio della campagna vaccinale fuori da ospedali e RSA – commenta Gili – ha determinato una frenata sul fronte delle somministrazioni, con quasi 2 milioni di dosi (pari al 30% delle consegne) ancora inutilizzate».

Si rilevano inoltre rilevanti differenze tra i diversi vaccini: mentre le somministrazioni di Pfizer si attestano all’89% delle dosi consegnate, quelle di Moderna e AstraZeneca stanno infatti procedendo più lentamente.

Tuttavia, se il 29,1% di Moderna è condizionato al ribasso dalla recente consegna della metà delle dosi, per AstraZeneca le somministrazioni si attestano al 26,9%, spia di problemi organizzativi nella vaccinazione di massa, anche se non si possono escludere possibili rinunce selettive a questo vaccino o ritardi nella rendicontazione dei dati. «Peraltro a differenza dei vaccini di Pfizer e Moderna – spiega Cartabellotta –per i quali, visti i ritardi nelle forniture, è prudente mettere da parte le dosi per il richiamo previsto rispettivamente a 3 e 4 settimane, per AstraZeneca è possibile somministrare la seconda dose sino a 12 settimane: non esiste quindi alcuna ragione per accantonare le dosi, ma bisogna invece velocizzare le somministrazioni». Infine, rispetto alla protezione dei più fragili, degli oltre 4,4 milioni di over 80, 762.271 (17,2%) hanno ricevuto solo la prima dose di vaccino e solo 149.620 (3,4%) hanno completato il ciclo vaccinale, anche qui con rilevanti differenze regionali.

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