
Charles Lipson, Professore emerito di Scienze politiche all’Università di Chicago, in un suo recente articolo apparso sulla stampa Israeliana, ha spiegato come Israele sia riuscito ad attuare la più capillare e rapida campagna di vaccinazione anti Covid al mondo.
Il primo fattore essenziale è stato l’approvvigionamento del vaccino.
Nella fase iniziale della pandemia Israele si è assicurata milioni di dosi del vaccino Moderna e successivamente altri milioni dalla Pfizer. Quantità sufficiente per completare la vaccinazione di tutta la popolazione entro marzo. Popolazione che è composta da circa 9,3 milioni di Ebrei, Arabi e Drusi. Per ottenere immediatamente tutto questo quantitativo di vaccino Israele ha puntato su due incentivi: ha pagato molto di più la singola dose di vaccino e, soprattutto, ha promesso alla Pfizer il più capillare e ampio database sugli effetti del vaccino sulla popolazione.
Per avere un’idea dei numeri di cui si parla è bene ricordare che la terza fase di sperimentazione di Pfizer (quella sull’uomo) è stata condotta su un campione di 50.000 persone. Israele è in grado di fornire un nuovo data base (in maniera anonima) di tutta la popolazione vaccinata. Questo è possibile grazie alla capillare digitalizzazione del servizio sanitario nazionale, affinatasi negli anni, ed in grado di fronteggiare qualsiasi emergenza soprattutto di guerra e terroristica.
Ma non solo. Israele è in grado di fornire la cartella clinica di ciascuna persona a cui è stato inoculato il vaccino potendo così analizzare gli effetti del vaccino stesso su persone affette da varie patologie. Ciò è possibile perché grazie appunto alla digitalizzazione, il Servizio Sanitario Nazionale mantiene in memoria la cartella clinica di ciascun cittadino per oltre 30 anni. In questo modo sarà possibile vedere esattamente gli effetti del vaccino su specifici gruppi di persone affette da specifiche patologie: ad esempio persone dai 65 anni in su affette da asma, oppure sulle donne incinta. Vedere se il vaccino è più efficace su alcuni gruppi piuttosto che altri e che efficacia ha sulle varianti.
Tutti dati che la Pfizer ed il resto del mondo aspettano con ansia.
Il secondo fattore che sta determinando il successo della campagna vaccinale è la distribuzione e la somministrazione del vaccino.
Per distribuire le dosi di vaccino Israele può contare sul suo capillare sistema sanitario nazionale. Esso è in grado di contattare ciascun cittadino e comunicargli esattamente e precisamente dove e quando dovrà presentarsi per ricevere il vaccino. Anche l’organizzazione a monte della vaccinazione stessa è capillare. Il vaccino arriva all’aeroporto Internazionale di Tel Aviv e da lì viene preso in carico dalla industria farmaceutica Israeliana Teva, che provvede a stoccare il vaccino in un suo sito protetto ed in grado di mantenere la temperatura corretta per 5 milioni di dosi. Da lì avviene poi la distribuzione a circa 300 siti minori che comprendono non solo gli ospedali, ma anche ambulatori più piccoli, drive-thru, ed anche alcuni siti mobili, tutti in grado di mantenere il vaccino alla temperatura prevista. Per poter distribuire capillarmente in tutto il territorio il vaccino, gli israeliani si sono “inventati” un nuovo sistema di impacchettamento delle dosi. Questo sistema approvato dalla Pfizer consente di trasportare un quantitativo minore di dosi in un pacco più piccolo e più pratico da maneggiare.
La campagna vaccinale sta procedendo speditamente. Ad oggi un terzo della popolazione sopra i 16 anni ha ricevuto la prima dose e circa un sesto la seconda. Tra la popolazione degli ultra sessantenni, il 70% di essi hanno già ricevuto le due dosi, e tra coloro che hanno più di 70 anni, 9 su 10 sono completamente vaccinati.
Cosa abbiamo imparato fino ad ora?
I dati più recenti sono ancora generali e non comprendono sottogruppi. 1,7 milioni di cittadini hanno ricevuto le due dosi e 1,3 milioni solo la prima dose. Tra coloro che hanno ricevuto le due dosi solo circa 300 hanno manifestato effetti significativi, e 16 di loro hanno avuto necessità di essere ospedalizzati. La somministrazione della prima dose di vaccino sembra provvedere alla metà della protezione prevista dalla vaccinazione completa.
Israele sta uscendo ora dal terzo lockdown e non sempre le stringenti regole sono state diligentemente osservate dalla popolazione. Recentemente i comportamenti di diverse migliaia di ebrei ortodossi sono stati condannati dal governo ed hanno suscitato indignazione tra la popolazione in generale: durante alcuni funerali tenutisi per la morte di alcuni rabbini molto amati dalla comunità religiosa, migliaia di fedeli si sono riuniti per pregare e seguire la funzione religiosa esponendosi al rischio del contagio.
Inoltre un grido di preoccupazione è stato lanciato al Parlamento Israeliano da un esponente di vertice del ministero della salute, il Dott. Alroy-Preis. Egli ha affermato che nonostante il vaccino sia efficace, potrebbe non esserlo a sufficienza per raggiungere l’immunità di gregge. Se si considera che oltre 2,5 milioni di ragazzi sotto i 16 anni non saranno vaccinati e che pur considerando efficace il vaccino al 95%, un 5% rimarrebbe fuori dalla copertura vaccinale, ecco che Israele potrebbe non essere in grado di raggiungere la copertura necessaria all’immunità di gregge. I dati dell’OMS dicono che per raggiungere l’immunità di gregge per il morbillo occorre vaccinare il 95% della popolazione, mentre per la polio la soglia è dell’80%. Per il Covid questo dato non è ancora noto. Inoltre la variante del Regno Unito ha cambiato i dati dell’equazione. Il Primo Ministro Benjamin Netanyahu durante l’ultimo consiglio dei ministri ha riportato che l’80% dei nuovi contagi sono imputabili proprio alla nuova variante. Il Dott. Jacob Haviv direttore dell’ Herzog Medical Center di Tel Aviv, ha messo in guardia dal diminuire le misure restrittive contro il Covid. “Il vaccino si sta dimostrando un’arma efficace” ha affermato Haviv, “ma la battaglia non è finita”.