
Il primo di Dicembre 2020 è cominciata la Presidenza Italiana del G20, proprio nel bel mezzo della seconda ondata della pandemia e l’insorgere di numerose e preoccupanti varianti del Covid. L’agenda del G20 è fitta di impegni e si incentrerà su tre temi principali: Persone, Pianeta e Prosperità. La Presidenza Italiana terminerà a fine Ottobre 2021 con il vertice a cui parteciperanno i Capi di Stato e di Governo e i Ministri dell’economia. L’insieme dei Paesi del G20 costituisce il 60% della popolazione mondiale e più dell’80% del PIL globale.
Sono oltre 50 i Paesi a basso reddito che vengono costantemente monitorizzati dall’FMI (Fondo Monetario Internazionale), pronto a prestare aiuto per le crisi economiche che periodicamente travolgono questi Stati e che poi si traducono in maggiore miseria, sofferenza e morte per i loro popoli. Parliamo della maggior parte degli Stati Africani, ma anche di Paesi del Centro America come Haiti o l’Honduras e Paesi Asiatici come il Nepal o il Pakistan. Tutti luoghi dove l’alto debito e la bassa produttività può, da un momento all’altro, scatenare crisi come quella che ha colpito di recente lo Zimbabwe, in cui l’iper-inflazione ha portato il Tesoro a stampare banconote da cento trilioni di Dollari, più o meno dello stesso valore di un dollaro Americano.

Ma intervenire in queste crisi non è facile nemmeno per l’FMI, poiché cancellare o ristrutturare il debito, dichiarare default, sono tutte operazioni complesse che abbracciano legislazioni di vari Paesi e che richiedono tempo in situazioni in cui l’orizzonte temporale di sopravvivenza è di giorni. Forse al più di settimane. Il G20 tenutosi l’anno scorso ha approvato un quadro legislativo che dovrebbe aiutare questi processi e che va sotto il nome di: “The Common Framework for Debt Treatments”. Ma siamo in territori complicati dove gli interessi dei creditori fungono da poderoso freno a qualsiasi risoluzione del problema.
L’imperversare della pandemia ha portato molti Paesi, tra cui il nostro, ad aumentare il debito pubblico in maniera repentina.
Attualmente l’Italia è il secondo Paese del G20 per debito pubblico dietro al Giappone, rispettivamente con il 152% e il 259% del PIL nazionale.
Ma anche gli Stati Uniti sono saliti al 134% e il Regno Unito al 90%. La Germania registra un 65% mentre la Grecia viaggia intorno al 210%. La Francia è salita al 106% e il Portogallo al 147%. Il Belgio al 112%, la Spagna al 120%.
Ma quando un debito diventa troppo grande? Quando è che si scatena l’effetto Zimbabwe? Può uno Stato che possiede una propria Banca Centrale stampare moneta all’infinito?
Stephanie Kelton consigliera economica di Bernie Sanders ed esponente di spicco dell’MMT (Moder Monetary Theory), considera il debito un “non problema” e sostiene che lo Stato può finanziare il proprio debito pubblico attraverso la sua Banca Centrale mediante la creazione di denaro in maniera quasi illimitata.
Va subito aggiunto che il dibattito è molto acceso e che la maggior parte degli economisti ritiene che tale dottrina (non applicabile in Europa dove la BCE non ha le stesse caratteristiche della Federal Reserve Americana, della Banca d’Inghilterra o della Banca del Giappone) è la perfetta ricetta per fare la fine dello Zimbabwe.
Anche l’idea di cancellare il debito pubblico o almeno una parte di esso (quello relativo alle spese sostenute a causa della pandemia), è stata più volte rilanciata, anche da personaggi di rilievo del mondo politico europeo. Ma anche in questo caso, coloro che sostengo l’impercorribilità di tale via sono numerosi.
Quindi quali sono le strade per venir fuori da un alto debito? Quale sarà il conto da pagare in futuro quando il Covid sarà posto in una posizione di non nuocere? Purtroppo le soluzioni che la dottrina classica ci offre sono: più tasse, austerità, aumento dell’inflazione oppure il default.
Questo dunque per noi potrebbe significare che non appena la situazione pandemica fosse sotto controllo, e la Germania ricominciasse a trainare il lungo treno europeo, ci verrebbe richiesto di ridurre il nostro debito. Se saremo in grado di aumentare il nostro PIL, cioè far correre la nostra economia, questo potrà di per sé ridurre il debito; ma se ciò non dovesse avvenire o fosse impedito dalle misure di austerità imposte, allora saremmo costretti ad affrontare situazioni di grande impatto sociale.
Non sarebbe il caso di utilizzare questo importante anno di presidenza del G20 per aggiungere all’agenda questo tema cruciale?
De Gasperi quando cominciò il suo discorso alla conferenza di pace di Parigi nel 1946, dove ci presentammo come Nazione sconfitta all’indomani della Seconda guerra mondiale, esordì dicendo:” Prendo la parola in questo consesso mondiale e sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me”. Forse il nostro Presidente del Consiglio non dovrà usare lo stesso tono e le stesse parole, ma dovrebbe emulare la statura morale e politica di De Gasperi per porre una questione che oramai non riguarda solo quei paesi africani che continuiamo a definire arretrati o qualche nazione sud americana più attenta al tango o alla samba che non ai conti economici. Adesso il problema riguarda molti Paesi occidentali, chi più e chi meno, ma certamente è interesse di tutti non lasciare che tensioni sociali già palpabili crescano ulteriormente e sfocino in veri e propri tumulti difficilmente controllabili.
Nel 1944, con la seconda guerra mondiale ancora in atto, oltre 40 Paesi si riunirono a Bretton Woods per stabilire quale sistema monetario utilizzare nel mondo: non certo un problema di poco conto in un periodo drammatico per tutto il pianeta.
Perché non trasformare questo G20 in una nuova Bretton Woods?
