
Faccio seguito al mio precedente articolo, scritto il 30 aprile 2020, perché, come ho precisato allora, ritengo di potere, e dovere, fare alcune considerazioni circa la vicenda della pandemia di Coronavirus CoVid-19 che ci ha colpiti, pur non essendo un medico e, tanto meno, un epidemiologo, sulla base dell’esperienza e delle conoscenze acquisite nel quinquennio in cui ho comandato il Gruppo Carabinieri Antisofisticazioni e Sanità di Milano, alle dipendenze funzionali del Ministero della Sanità e avendo il comando dei NAS che operano nell’Italia settentrionale, peraltro proprio nel periodo in cui si è verificata la precedente pandemia di Covid-SARS-aviaria.
- A distanza di otto mesi dal momento in cui ho scritto il precedente articolo, gli sviluppi successivi e la situazione attuale, con la seconda, massiccia ondata di contagi e le contestazioni di piazza verificatesi a Milano e Messina e, con episodi di violenza, a Roma, Napoli e Siracusa, hanno confermato alcune mie non felici, ma logiche, previsioni di allora. Il quadro attuale è indubbiamente critico: nonostante la curva dei contagi sembri aver raggiunto, in quest’ultimo periodo, il picco ed essersi stabilizzata, i numeri dei nuovi positivi e, soprattutto, dei morti, continuano ad essere pur sempre elevati e preoccupanti. Secondo uno studio della Johns Hopkins University di Baltimora risalente agli inizi dello scorso mese di novembre, il nostro Paese, con il 3,8 % di morti ogni 100 casi accertati di COVID-19 è, in Europa, quello con il maggiore tasso di letalità specifica e il terzo al mondo dietro al Messico (9,8 % di morti ogni 100 casi) e all’Iran (5,4 %), quasi alla pari con la Gran Bretagna (3,7 %); le altre nazioni europee seguono distanziate: la Spagna, con 2,8 % di morti ogni 100 casi accertati; il Belgio con 2,7 %; la Francia, gli Stati Uniti e l’Ungheria tutti con 2,2 %; la Germania con 1,6 % e la Svizzera con 1,3%.
Al riguardo, ritengo opportuno ricordare che:
- per “letalità”, si intende il rapporto tra il numero dei morti provocati da una determinata malattia e il numero di malati affetti dalla stessa malattia, relativamente a una data popolazione e a un dato intervallo di tempo;
- per “mortalità”, invece, si intende il rapporto tra il numero totale di morti, per qualsiasi causa, e la quantità della popolazione di una comunità o di una nazione relativamente a un dato intervallo di tempo.
LETALITA’ COVID-19
Rapporto in percentuale (%) tra i decessi e i casi di COVID-19 accertati

Se invece si considera il numero dei morti per COVID-19 ogni 100.000 abitanti, le cose cambiano, ma il dato non è, comunque, confortante: il primo posto al mondo tocca al Belgio con 128 morti per COVID-19 ogni 100.000 abitanti; al secondo posto è la Spagna con 88,3 morti; al quinto posto è la Gran Bretagna con 78,6 morti; l’Italia è settima con 75,7 morti, seguita a ruota dagli Stati Uniti con 75,6; la Francia è al decimo posto con 67,4 morti; la Svizzera è al quattordicesimo posto con 41,5 morti ogni 100.000 abitanti; la Russia è diciassettesima con 23 morti; la Germania è diciannovesima con 15,5 morti e l’India è al ventesimo posto con 9,7 morti ogni 100.000 abitanti.
Se si tiene conto che la Germania e, in particolare, la Svizzera hanno adottato modalità di confinamento, di “lockdown”, meno rigide delle nostre, è ovvio che qualcosa, da noi, non ha funzionato.
Mortalità da COVID-19: numero di morti ogni 100.000 (centomila) abitanti

La Svezia, che ha peraltro puntato sulla “immunità di gregge” adottando misure di confinamento molto limitate (la Svezia, però, ha una densità abitativa – numero di abitanti per chilometro quadrato – assai inferiore alla nostra, quasi un decimo), non compare nelle due graduatorie appena riportate in quanto, all’epoca dello studio, si posizionava oltre il ventesimo posto; ma a partire dalla metà di ottobre, la situazione è radicalmente mutata, con un’impennata di contagi e di decessi.
2. La situazione attuale con la seconda ondata di contagi, dopo che l’estate sembrava aver attenuato la morsa del virus, è stata causata, a mio giudizio, da due fattori:
- l’irresponsabilità e la superficialità di tantissimi nostri connazionali che, per quanto sicuramente non negazionisti, hanno sottovalutato il rischio e non hanno rispettato, con scarso senso civico e sociale, le misure che vietavano gli assembramenti e imponevano, anche all’aperto, l’uso della mascherina quando non era possibile il distanziamento;
- cosa decisamente più incisiva e grave, l’azione del Governo che non si è affatto caratterizzata per le cosiddette “3 P”, cioè: Prevedere, Prevenire, Provvedere (tempestivamente) e, al riguardo, faccio alcune considerazioni.
a. Era prevedibile, quasi inevitabile che, a settembre, con la riapertura delle scuole e la ripresa generalizzata delle attività produttive e commerciali, senza la messa in atto di accorte e adeguate predisposizioni, ci sarebbe stato un sovraffollamento dei mezzi di trasporto pubblico con una conseguente facilitazione del contagio in ambienti per loro natura chiusi, nonostante la prevista diminuzione della capienza che, in molti casi, non è stata rispettata per nulla, come documentato da fotografie e filmati.
b. E’ mancata l’implementazione di misure specificatamente sanitarie, come l’assunzione di nuovi medici e personale paramedico, il potenziamento della medicina territoriale (cioè la struttura dei medici di medicina generale, i “medici di famiglia”, essenziale per la tempestiva diagnosi e per la cura domiciliare dei casi meno gravi), l’ampliamento dei reparti di terapia intensiva e di quelli destinati al ricovero e al trattamento dei malati di Covid, e l’allestimento di “Covid hotel”, cioè di strutture destinate espressamente a ospitare convalescenti e persone affette da debole sintomatologia ma per le quali non fosse possibile il trattamento domestico, evitando di dirottarle sulle strutture ospedaliere, con le conseguenti criticità.
c. In previsione di comportamenti scorretti durante l’estate, è mancata un’adeguata azione di informazione preventiva, di guida e di indirizzo, che contribuisse ad una presa di coscienza del problema, oltre che un rigoroso e deciso intervento sanzionatorio nei confronti degli inadempienti.
d. E’ stata adottata una comunicazione di massa inadeguata e controproducente, cosa che tuttora continua, che ha contribuito a diffondere ansia e paura, inducendo un senso di impotenza di fronte al virus, quasi fosse un terrorista nascosto dietro ogni angolo pronto a colpire, ma non a formare, come si sarebbe dovuto, quella precisa e consapevole coscienza del problema tra la gente, indirizzandola a comportamenti sensati, prudenti e corretti.
Dopo il confinamento domestico, il “lockdown”, con la riduzione al minimo, quasi all’azzeramento, del numero dei nuovi contagi, era logico che le misure di distanziamento sociale potessero cessare solo progressivamente (come è, in parte, accaduto) ma, soprattutto, che non si potesse assolutamente tornare alla vita di prima, almeno in modo completo, perché, finito il confinamento, sarebbero tornati in circolazione i soggetti asintomatici e i portatori sani, del tutto inconsapevoli della loro condizione (a meno che, prima, non si fosse eseguito il tampone al 100%, o almeno al 75% della popolazione, cosa impensabile), oltre ai soggetti guariti ma ancora con capacità infettiva, i quali, conseguentemente e inevitabilmente, nonostante le residuali misure di protezione, di contenimento e distanziamento, avrebbero contagiato altre persone e, così, sarebbero ripresi i contagi, sia pure in misura limitata e al momento non del tutto percepibile, tenuto conto che la stagione estiva, favorendo e facilitando la presenza all’aperto delle persone, avrebbe determinate le condizioni per una forte limitazione del contagio.
Era altrettanto logico prevedere che, alla riapertura delle scuole e delle attività produttive, con il correlato massiccio afflusso sui mezzi di trasporto pubblico e il ritorno a forme di vita collettiva al chiuso, senza un adeguato e preventivo approntamento di cautele e predisposizioni (sicuramente non i banchi a rotelle), la diffusione del contagio sarebbe ripresa progressivamente. Ma un’adeguata azione finalizzata all’approntamento di predisposizioni idonee non c’è stata, soprattutto in modo tempestivo; per esempio, a Milano, ai fini della riduzione dell’affollamento dei mezzi pubblici, solo in un secondo tempo, dopo che la pandemia aveva già ripreso a correre, sono state sospese prima l‘area B e, successivamente, l’area C (la zona più centrale), consentendo, quindi, l’uso dei veicoli privati per accedere in città.
Al riguardo, è significativo analizzare alcuni dati ufficiali, comparando quelli alla data del 23 marzo 2020, nel pieno della prima ondata pandemica, con quelli alla data del successivo 8 ottobre, riportati nella tabella di seguito.
La tabella indica chiaramente che, a fronte del dato puramente numerico di una sostanziale parità di nuovi positivi, la percentuale dei positivi riscontrati rispetto al numero dei tamponi eseguiti si era ridotta a un ottavo (1 / 8), cosa apparentemente tranquillizzante; ma, rispetto al periodo estivo, si evidenziava già una ripresa ed eravamo solo agli inizi della stagione autunnale, tenendo conto anche del periodo di incubazione della malattia a seguito di contagio. Altri dati, all’epoca tranquillizzanti, erano quelli relativi ai decessi e ai ricoveri, sia nei reparti di medicina che in terapia intensiva.
Raffronto tra 1^ fase della pandemia e inizio della 2^ fase | ||
23 marzo | 8 ottobre | |
Nuovi positivi | 4.789 | 4.458 |
Decessi | 601 | 22 |
Tamponi eseguiti | 17.000 | 128.000 |
Percentuale di positivi rispetto ai tamponi eseguiti | 28,1 % | 3,5 % |
Ricoverati in terapia intensiva | 3.204 | 358 |
Ricoverati in ospedale (escluso terapie intensive) | 20.692 | 3.925 |
La ragione della differenza della percentuale di positivi rispetto ai tamponi eseguiti consiste nel fatto che, mentre a marzo i tamponi venivano effettuati prevalentemente a chi mostrava sintomi, dalla fine della prima fase, invece, vengono eseguiti in modo generalizzato, andando “a caccia” di positivi.
Ma, a partire dalla metà di ottobre, i dati hanno cominciato a evidenziare una situazione sempre più preoccupante.
Rapporto nr. Tamponi / nr. Positivi | |||
Data | Nr. Tamponi | Nr. Positivi | % |
5 novembre | 219.884 | 34.505 | 15,7 |
16 novembre | 152.663 | 27.354 | 17,9 |
30 novembre | 130.524 | 16.377 | 12,5 |
1° dicembre | 182.100 | 19.350 | 10,6 |
6 dicembre | 163.550 | 18.887 | 11,5 |
7 dicembre | 111.217 | 13.720 | 12,3 |
Il dato importante da rilevare, più che quello numerico, in sé, dei positivi (è logico che più tamponi si fanno e maggiore è il numero dei positivi che si riesce a individuare), è il rapporto percentuale tra numero di tamponi eseguito e numero di positivi riscontrati che, per quanto inferiore a quello relativo allo scorso 23 marzo (28,1 %) è, comunque, elevato e preoccupante. Sarebbe, inoltre, interessare verificare qual è il “mix”, cioè la composizione dei positivi riscontrati, in particolare se sia assimilabile a quella rilevata alla metà dello scorso mese di novembre, come indicato nella tabella riportata di seguito, esaminando la quale risulta che i bisognevoli di ricovero ospedaliero, compresi quelli da destinare a terapia intensiva, rappresentavano solo il 7,3 % del totale dei soggetti riscontrati positivi al tampone.
Prescindendo dal numero dei morti, dato in sé preoccupante (vi è, però, da rilevare che nei numeri dei decessi comunicati ufficialmente sono compresi sia soggetti deceduti propriamente a causa di COVID, sia soggetti risultati positivi al tampone), è da evidenziare che del restante 92,7 %, quel 19,9 del totale dei positivi caratterizzati da sintomi lievi, in particolare, che avrebbe potuto benissimo essere trattato (curato) al domicilio, è andato, e va tuttora, a gravare, se non nella totalità almeno per la maggior parte, sulle strutture ospedaliere, come naufraghi in cerca di un approdo, causandone l’intasamento. Peraltro, la presenza nei reparti di malati affetti da COVID impedisce di ricoverare, con tempestività, soggetti affetti da altre patologie per non esporli al rischio di contagio; e proprio questa è la causa dell’aumento della letalità di altre gravi patologie, come quelle oncologiche e cardiovascolari, che si è si è registrato da ottobre in poi.
Percentuali delle differenze di sintomi (fatti 100 i positivi al tampone) | |
Tipo della sintomatologia | % |
Positivi ASINTOMATICI | 58,6 |
Positivi POCO SINTOMATICI (febbre non oltre 38,0°, tosse, raffreddore, malessere) | 14,2 |
Positivi con SINTOMI LIEVI (patologie delle vie respiratorie) | 19,9 |
Positivi con SINTOMI GRAVI (bisognevoli di ricovero ospedaliero) | 6,6 |
Positivi con sintomi MOLTO GRAVI (bisognevoli di ricovero in terapia intensiva) | 0,7 |