
Nella storia infinita della lotta delle forze dell’ordine contro la criminalità si sta scrivendo un capitolo decisamente interessante. Gli investigatori, oramai da tempo avvezzi a scandagliare ogni traccia rilevabile da smartphone computer e telecamere, stanno pian piano scoprendo di avere un nuovo formidabile alleato. Un insospettabile si direbbe: l’automobile.
Sono lontani i tempi in cui il cruscotto dell’auto era ridotto all’essenziale con tachimetro, contachilometri, livello del serbatoio, qualche spia e poco altro. Oggigiorno a voler ben guardare tutte le opportunità offerte ci accorgiamo che seduti al volante abbiamo di fronte un formidabile sistema integrato che restituisce una visione completa dello stato della vettura e dell’ambiente che la circonda, ma non solo. I sistemi di infotainment consentono di effettuare moltissime operazioni senza distogliere l’occhio dalla strada come inviare messaggi o e-mail, ricevere o fare telefonate, impostare il navigatore GPS.
In un mondo affamato di dati l’idea di utilizzare tutto questo patrimonio informativo più che una brillante intuizione sembra una logica conseguenza. La Polizia dello stato del Michigan, negli Stati Uniti, già da cinque anni lavora con un’unità apposita all’estrazione dei dati dalle automobili nell’ambito delle operazioni investigative.
Le informazioni prelevate sono così importanti perché restituiscono in quadro a 360° delle attività svolte. È possibile conoscere con precisione la posizione di un veicolo in un determinato istante, la sua velocità, le parole di ogni singolo passeggero, le telefonate effettuate, i messaggi inviati e le ricerche sul web.
La combinazione dei dati provenienti dai sensori permette anche di risalire indirettamente a informazioni che non ci si immaginerebbe come il numero di componenti che sono a bordo dell’auto anche quando questi non proferiscono parola. Basta infatti incrociare i suoni e le spie relative all’apertura e chiusura porte con il cicalino d’allarme delle cinture di sicurezza e il gioco è fatto.
Le forze dell’ordine purtroppo non sono le uniche a poter disporre di questi dati, la cui messa a frutto dipende ovviamente dai soggetti che ne vengono in possesso. É ad esempio il caso di uno stalker australiano che ha pensato di utilizzarli per tenere sotto controllo la vita della sua ex fidanzata, predisponendo un sistema che gli fornisse non solo un quadro minuto per minuto dei suoi spostamenti e delle sue conversazioni, ma anche la possibilità di accendere e spegnere la macchina da remoto e di aprirne e chiudere i finestrini.
La questione riguarda anche la criminalità che opera su larga scala, come dimostrato nel maggio dell’anno scorso dall’hacker GreenTheOnly che ha riscontrato di poter accedere all’indirizzo di casa, di lavoro e alle password di utenti registrate in sistemi di infotainment in vendita su Ebay precedentemente usati a bordo di alcune Tesla.
Sulla questione dei dati prelevabili dalle auto c’è grande mancanza di consapevolezza da parte degli utenti e, apparentemente, anche delle case costruttrici che poco si preoccupano di predisporre adeguati sistemi di protezione come quelli di cui sono dotati gli smartphone e i computer. Recentemente sono nate diverse associazioni che lottano per un rafforzamento degli strumenti legislativi di protezione della privacy, palesemente antiquati e sorpassati dalla tecnologia. L’unico atto che al momento regola l’utilizzo dei dati prodotti dagli utenti a bordo delle auto è infatti il Driver Privacy Act del 2015 che però riguarda solo le informazioni prelevate dal computer di bordo a seguito di un incidente stradale. Per quanto appena detto, è solo una goccia nell’oceano.