
Lo stilizzato presepe allestito in Vaticano quest’anno è stato definito da taluni ‘orrendo’ da altri un’opera d’arte. I tradizionalisti abituati ad ammirare il solito bambinello paffuto, la madonna con il viso soave, il mantello celeste e le pecorelle fanno fatica ad adattarsi. Se non si è emancipati, progressisti e accoglienti difficile apprezzarlo e grazie alle restrizioni degli spostamenti imposte dal Covid saranno evitate spiacevoli delusioni.
Gli antichi greci definivano la bellezza – e di conseguenza un’opera d’arte – come un qualcosa che ha armonia, proporzione, equilibrio e grazia. Da quando artisti alla Duchamp hanno esposto alla Biennale un water la percezione è cambiata e si è autorizzati a considerare opera d’arte qualsiasi porcata.
Definire, pertanto, opera d’arte il presepe di piazza San Pietro ha un significato relativo, ma si può immaginare che l’estrosa realizzazione sia in linea con quella cautela che negli ultimi anni ha caratterizzato l’esibizione del simbolo natalizio per eccellenza.
Sobrietà nelle iniziative natalizie non osservata invece dai Paesi mussulmani, ove basta una carrellata per capire che i timori di offendere altre religioni con simboli cristiani siano del tutto infondati .
Partiamo da Betlemme, nel cuore di una Palestina con popolazione a maggioranza arabo-sunnita, ove lo scorso 5 dicembre, come ogni anno, si è svolta la cerimonia dell’accensione dell’albero di Natale alla presenza delle massime autorità palestinesi e di Padre Francesco Patton, custode della Terra Santa. L’unica variante agli anni passati è stata la mancanza del tradizionale concerto da parte della Young Musicians European Orchestra, di cui fanno parte molti giovani musicisti palestinesi e iraniani, presso il complesso della natività nella Basilica di Santa Caterina.
Negli Emirati Arabi Uniti- a Dubai- è stato approntato un albero che, per la sua maestosità, ha risvegliato l’interesse di molti quotidiani mondiali.
In Libano la recente esplosione nel centro di Beirut non ha fatto venir meno l’entusiasmo dei festeggiamenti natalizi, nel caso specifico facilitati dallo scenario naturale che offre il territorio: cedri illuminati in ogni angolo della città, portici da Paese nordico, montagne innevate sovrastanti la città.
Sorprendono ancor di più le foto di Teheran che, miscelando il sacro al profano, rappresentano la corsa agli acquisti da parte di tutti gli iraniani in un tripudio di eleganti addobbi natalizi con la minoranza cristiana che festeggia nelle molteplici Chiese presenti in città.
Neppure in Egitto si risparmiano addobbi per l’occasione e non solo i cristiani copti festeggiano, ma pure i mussulmani con il Presidente Al Sisi che è solito partecipare alla messa per il Natale presso la cattedrale di San Marco.
Il simbolo di maggior speranza si respira, infine, a Damasco ove oltre al bellissimo albero allestito nella piazza centrale, addobbi di Natale, presepi e feste per i bambini nelle parrocchie offrono un’atmosfera di gioia ad un popolo provato da nove anni di guerra.
Nella maggior parte dei Paesi mussulmani, il Natale è festeggiato come festa nazionale in quanto il Corano contempla sia la nascita di Gesù, quale profeta e non figlio di Dio, che l’esistenza della vergine Maria.
Il Corano dedica a Maria un’intera Sura, la XIX, che porta il suo nome nell’intestazione – Maryam- e ne descrive la famiglia, l’infanzia, le virtù e le qualità, non differenziandosi più di tanto dai Vangeli.
Quasi per contrasto alla sobrietà vaticana, per fortuna la città di Roma quest’anno sta invece celebrando il periodo con il massimo dei fasti : un albero in Piazza Venezia più bello che mai, un presepe napoletano del 700 in Piazza di Spagna, un altro in Campidoglio ed eleganti luminarie ovunque con giochi di luce “per tenere acceso l’ottimismo dei romani spingendo a guardare avanti con speranza e fiducia” come ha affermato la sindaca.
Le immagini meravigliose di Roma in questi giorni piacciono, ispirano e infondono sentimenti di gioia e serenità ben lontani dalla freddezza espressa da quel presepe postmoderno installato a San Pietro.