SALUTE

Gallia est omnis divisa in partes tres

L’ultimo DPCM divide l’Italia in tre zone, come la Gallia di Cesare, ed i barbari combattono tra di loro senza vedere i veri pericoli e le ghiotte opportunità…

Il primo, celeberrimo brano del De bello Gallico, conosciuto a memoria da generazioni di studenti del liceo classico, recita: La Gallia è nel suo complesso divisa in tre parti: di cui l’una abitano i Belgi, l’altra gli Aquitani, la terza quelli che si chiamano Celti nella loro lingua, Galli nella nostra. Tutti questi popoli si differenziano tra loro per lingua, istituzioni e leggi.

Nella sua opera immortale, Cesare descrive i popoli barbarici come caratterizzati da diversi approcci alla vita, diversi livelli di aggressività, un’alta e spesso ingiustificata opinione di sé, e comunque come pronti a saltarsi alla gola l’uno con l’altro nei momenti di difficoltà.

Non diversa sembra la situazione nell’Italia di oggi, appena suddivisa in tre zone dall’ultimo DPCM sulla base del maggiore o minore livello di pericolosità della pandemia. Diciamo subito che la suddivisione in sé è un’iniziativa intelligente. Non ha infatti alcun senso imporre un lockdown nazionale in una situazione a macchia di leopardo per quanto riguarda il numero di nuovi casi e la criticità in termini di occupazione delle terapie intensive. Del pari, è stato stupido alla fine della prima ondata impedire la riapertura di regioni evidentemente già fuori dalla curva pandemica, in attesa che anche nelle regioni più colpite la situazione si normalizzasse.

Come nella Gallia cesarea, la differenziazione per zone ha tuttavia creato un clima di malcontento e di sospetti reciproci, in cui paradossalmente ci si scambiano accuse. Il presidente della Lombardia Fontana, la regione che nella seconda come nella prima ondata detiene il record di contagi e la triste maglia nera di ricoverati in terapia intensiva e decessi, con supremo sprezzo del ridicolo ha definito l’attribuzione della zona rossa come “uno schiaffo in faccia ai Lombardi”. I presidenti di regioni in situazione di allerta gialla o arancione mormorano sospettosi che la mancata attribuzione della zona rossa serve a tagliarli fuori dai finanziamenti in arrivo dall’Europa per il sostegno alle aziende del proprio territorio.

In questa situazione di caos generale, si segnalano alcuni casi paradossali, taluni molto seri, altri che fanno tirare all’osservatore un mezzo sorriso amaro. Si chiudono i teatri e le scuole, che a diverso titolo avranno diritto a sostegno e ristori economici. Ma si lasciano aperte le sartorie teatrali, che da loro dipendono, con il risultato di non riuscire a lavorare per mancanza di committenza; di non avere diritto ad alcun ristoro economico; e in più di dover pagare le tasse. Ci sembra di essere facili profeti quando diciamo che il “combinato disposto” è una sentenza di morte per questi straordinari artigiani e per un pezzo di cultura.

Altrettanto paradossale è la situazione delle zone di confine tra regioni: i cittadini liguri di Mioglia sono in zona gialla, mentre quelli piemontesi di Miogliola, a cinque chilometri scarsi, sono in zona rossa. E l’impedimento alla circolazione da e per le regioni verdi con provenienza o destinazione zone gialle e rosse, mette i cittadini lucani – circondati da regioni rosse e arancioni – nella situazione di Aldo Baglio arrampicato sulla roccia, che urla: Non posso scendere né salire!

Ci sembra comunque di poter trarre alcune conclusioni di massima, che avevamo peraltro già evidenziato in alcuni precedenti articoli: il coronavirus sta rendendo evidente la necessità di distribuire e decentralizzare le nostre attività economiche, in modo da poter rispondere meglio a minacce di tipo sistemico. L’adozione del lavoro a distanza, sostenuta con leggi adeguate, consente di decongestionare i centri urbani e contemporaneamente ripopolare aree d’Italia abbandonate in seguito alla pressione economica esercitata dal lavoro legato ad un luogo fisico. E la riallocazione delle attività “ad alta mentedopera” in contesti che hanno conosciuto per decenni il depauperamento delle proprie risorse intellettuali e contestualmente civili, consente di esercitare in quegli stessi contesti un’opera di contrasto al degrado incomparabilmente più efficace di qualunque Cassa del Mezzogiorno.

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