CITTADINI & UTENTI

I grandi dimenticati

Roma nasconde sorprese e monumenti che nemmeno i Romani conoscono…

Ci sono toponimi caratteristici nelle nostre città la cui origine è ormai solo nei ricordi di chi non c’è più. Ci sono luoghi dimenticati, a volte perché abbandonati, a volte perché inaccessibili.

Eppure, anche nella Città che conserva la gran parte delle vestigia della Storia antica, e anche di quella più recente, ci sono quindici “giganti dormienti” che costellano, ormai inglobati, il tessuto urbano della metropoli.

Si tratta dei quindici Forti del Campo Trincerato di Roma (e delle quattro Batterie) che furono fatti erigere all’indomani della proclamazione di Roma quale Capitale del Regno.

Tra i primi atti del Governo insediato nella Città Eterna (evidentemente memore dei fatti del 1849 e dell’epilogo della Repubblica Romana, che si concluse con l’ingresso a Roma dei Francesi attraverso la via Aurelia per ripristinare il Papa Re), fu commissionato uno studio strategico sulla protezione della Capitale che si concluse con la decisione ed il finanziamento per la costruzione di una cintura di difesa della città, che ormai non poteva più essere efficacemente protetta dalle care, buone vecchie Mura Aureliane.

In aderenza alle moderne teorie militari dell’epoca, si decise di proteggere la città con un “Campo Trincerato”, cioè una cintura di postazioni fisse a corona intorno all’abitato, ad una distanza di circa 4/5 chilometri dalla cinta Aureliana, distanziati di circa 2/3 chilometri l’uno dall’altro e che, con le artiglierie di cui venivano dotate, avrebbero potuto coprire l’intero territorio circostante con un “tiro incrociato”.

La scelta cadde su modelli di Forte di “tipo prussiano”, parzialmente interrati, e praticamente invisibili ad un’osservazione da parte di eventuali attaccanti, situati di fatto in aperta campagna all’epoca.

I cantieri di costruzione furono avviati per i primi sette nel 1877 (con i Forti Aurelia AnticaBocceaCasal BraschiMonte MarioPortuenseBravetta e Appia Antica) e si conclusero con il completamento dell’ultimo degli altri otto nel 1882 (ArdeatinaCasilinaOstiensePietralataPrenestinaTrionfaleTiburtina e Monte Antenne). Per dover di cronaca, le quattro Batterie (conclusi i lavori nel 1891) erano la Tevere (non più esistente), Porta FurbaAppia Pignatelli e Nomentana.

Long story short, i Forti e le Batterie di Roma in realtà non spararono mai un solo colpo (ma non ci addentreremo in questioni da Corte dei Conti…) e furono dismessi nel 1919, dopo il trasferimento dei pezzi d’artiglieria sul Fronte Orientale (dove purtroppo erano sicuramente più utili in quel momento).

Dopo quella data, ognuno dei Forti iniziò una propria “seconda vita” demaniale: alcuni abbandonati, alcuni adibiti a depositi o magazzini, altri riciclati come caserme o assegnati ad Istituzioni dello Stato (come Forte Braschi, che già dal 1925 ospita la sede dell’Intelligence nazionale).

Ho la fortuna di far parte di un’Amministrazione che, dal 1958, ha in consegna uno di questi manufatti, il Forte Aurelia Antica e, dopo molti anni di oblio e di utilizzo come mero “spazio utile per metterci cose, che non si sa mai”, ha preso coscienza dell’importanza di questo pezzo della Storia di Roma e ne ha deciso il restauro e la riqualificazione per una ormai prossima fruizione al pubblico.

E’ iniziata così una ricerca sui materiali storici, documentali ed iconografici presso tutte le fonti e presso tutti gli Enti che nel tempo hanno occupato il manufatto: la ricerca storico archivistica si è rivelata particolarmente coinvolgente, disvelando documenti da tempo dimenticati in faldoni e fondi archivistici veramente preziosi. L’Istituto Storico e di Cultura dell’Arma del Genio (con sede sul Lungotevere delle Vittorie – probabile locazione della ormai perduta Batteria Tevere) conserva documenti ed una biblioteca molto interessante, nonché un museo del Genio e delle Fortificazioni militari di grande impatto.

Tornando a Forte Aurelia, dopo la dismissione, è stato sede di vari reparti di Artiglieria e, a partire dal 1934 fino al settembre 1943, sede del Reparto Chimico Militare. Dopo la Liberazione, fu sede di una Batteria della Difesa Aerea della Capitale e, dopo la fine della Guerra, venne assegnato alla Croce Rossa prima come Campo per Profughi e Rifugiati e poi come Ospedale, che rimase in funzione fino alla consegna alla Guardia di Finanza nel 1958.

Particolarmente toccante è stata l’intervista che ci ha concesso un uomo che ha vissuto all’interno del Forte durante gli anni da Profugo di Guerra, rientrato dai campi di lavoro in Germania dopo l’armistizio. Qui ha vissuto la sua giovinezza ed ha abitato con la sua nuova famiglia fino all’assegnazione di un alloggio definitivo. La figlia (presente all’intervista) è nata proprio nell’Ospedale di Forte Aurelia, e per entrambi è stata d’impatto la visione delle fotografie che avevamo portato con noi, ma soprattutto la reazione davanti al Forte, che hanno voluto visitare dopo oltre 60 anni. Ci ha descritto cosa c’era in ogni luogo, rivelandoci ciò che le tracce ci avevano solo suggerito o fatto supporre. RAI Storia, nel 2019, ha voluto dedicare a Forte Aurelia una puntata della serie di documentari “I Grandi Dimenticati”, da cui ho “rubato” il titolo di questo articolo.

Storie ed eventi hanno accompagnato questo “gigante addormentato”, che sta per riemergere dall’oblio di un’oscura caserma per trasformarsi in un luogo di recupero della memoria e dello spazio, in un quartiere popoloso di Roma, dove giaceva dietro al filo spinato, dimenticato da tutti.

In questi giorni il FAI – Fondo Ambiente Italiano – sta raccogliendo i voti dei lettori e degli appassionati, per nominare i nuovi “Luoghi del Cuore”.

Votate qui per Forte Aurelia, se vorrete supportare questo lavoro includendolo nel circuito FAI.

Presto il Forte aprirà il suo portone per accogliere nuovamente i Romani, come ha fatto nel passato, con un’Esposizione temporanea per i 150 Anni di Roma Capitale e, al termine dei lavori, con spazi di svago e di cultura pieni di cimeli, storia e storie, esperienze visuali ed emozionali non comuni.

Vi aspetto all’apertura, io ci sarò ad accogliervi.

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