
La possibilità che con la fine della stagione estiva si sarebbe riproposta una recrudescenza dei contagi da coronavirus, è sempre stata in realtà una certezza. Chiunque di noi, attore di governo o semplice cittadino abbia fatto finta durante l’estate che questa realtà non esistesse, ha semplicemente scelto di ignorarla.
Per la comprensione della situazione in cui ci troviamo, bisogna esaminare tre livelli: quello sanitario, quello economico, e quello politico.
Da un punto di vista sanitario, che la curva dei contagi sia in risalita è un dato atteso, sebbene vada analizzato con una certa cautela e razionalità. Nella prima fase dell’epidemia, pressati dalla situazione emergenziale, abbiamo contato il numero dei casi facendo il tampone solo ad individui sintomatici o fortemente sintomatici. In questa seconda fase, invece, la popolazione sottoposta a test è molto più ampia e non necessariamente sintomatica. Da ciò ne consegue che guardare il solo numero dei nuovi casi rilevati dai tamponi, e sulla base di questo fare un parallelo diretto con la situazione di marzo, non necessariamente è un esercizio con solide basi. Il dato invece incontrovertibile è l’aumento progressivo, sebbene ancora sotto controllo, dei ricoverati in terapia intensiva e dei decessi. Quest’ultimo è l’indicatore più affidabile della pericolosità attuale della pandemia in Italia, non per ragioni strettamente mediche, ma per ragioni di accesso alle strutture sanitarie. Va in questo senso tenuto presente che dal punto di vista scientifico non abbiamo indicazioni circa una mutazione del virus che gli conferisca maggiore infettività o letalità rispetto alla prima ondata. In conclusione, la nostra capacità di affrontare questa infezione dipende in questo momento dalla minimizzazione del numero di nuovi accessi in ospedale, in attesa che un vaccino o una terapia venga a rendere la situazione gestibile in un regime di ordinarietà. Questo si fa, esattamente come a marzo, riducendo il numero di eventi di trasmissione da individuo a individuo, perché ogni nuovo evento di trasmissione aumenta la possibilità che il virus venga in contatto con un individuo predisposto a subirne conseguenze di rilevante gravità.
Dal punto di vista economico, è indubbio, ed anche di questo aspetto se ne sono avute ampie avvisaglie, peraltro segnalate in un nostro articolo di marzo, che un nuovo lockdown avrà conseguenze esiziali sul nostro tessuto produttivo e lavorativo. Basandoci sull’esperienza sviluppata nei primi mesi di epidemia, sappiamo già quali sono i settori che verranno maggiormente colpiti dalla sospensione delle operazioni. Tutto ciò che non è settore pubblico, sanitario, alimentare, o comunque legato a prodotti e servizi di prima necessità, sarà nuovamente colpito. Il trasporto aereo e terrestre, le aziende manifatturiere non legate ai settori primari, il commercio non alimentare legato sia alle grandi catene di distribuzione, che i negozi individuali, subiranno un nuovo contraccolpo. Come ovvio corollario di quanto detto, anche tutte le attività di minuto mantenimento, le posizioni di precariato, e il non ignorabile settore del lavoro in nero, subiranno conseguenze pesanti. Tutto ciò sarà aggravato dal fatto che queste aziende, che hanno brevemente tirato fuori la testa dal pelo dell’acqua durante la stagione estiva, non sono in grado di sopportare un secondo shock economico. In realtà, anche coloro i quali non rientrano nelle categorie immediatamente minacciate hanno poco da star tranquilli. L’ondata di fallimenti e di default su mutui e prestiti di breve e lungo periodo colpirà sia l’organizzazione statale attraverso l’impossibilità di esigere tasse dalle attività commerciali e professionali, sia il mondo bancario, per il quale può prospettarsi una stagione comparabile a quella dei default dei mutui subprime, che ha causato la grande crisi del 2008.
L’ultimo livello è quello politico, ed una volta di più ci renderemo conto di quanto pesi la capacità di leadership e l’addestramento alla stessa, prima di andare a ricoprire posizioni di comando. Le scene passate sui nostri schermi nelle ultime ore circa le 2.000 persone che a Napoli hanno inscenato una manifestazione di protesta potrebbero trasformarsi in qualcosa di molto più serio. Al di là del gruppo di manifestanti in questione, sul quale comincia ad apparire qualche dubbio in merito a composizione e motivazioni, la prospettiva di turbative sociali derivanti dal disagio composto di economia e sanità è viva e presente. Esiste dunque un problema forte di capacità di gestione delle dinamiche sociali, che non si basi sui pannicelli caldi e sulle discussioni da baruffe chiozzotte sui banchini rotanti; quanto piuttosto sulla capacità di scegliere e di investire i soldi della collettività in maniera strategica. Questo si fa agendo non solo in relazione alla situazione ad alle convenienze politiche del breve periodo; ma prevedendo gli avvenimenti con una prospettiva di mesi ed anni come si fa in qualunque contesto aziendale privato, e mettendo in opera per tempo le misure del caso secondo le priorità generali e non quelle particolari dei gruppi economico sociali che maggiormente riescono a far sentire la propria voce.
In ultima analisi siamo di fronte ad un passaggio chiave della storia della nostra Repubblica, e c’è da augurarsi che chi opera dietro alle maschere dei decisori politici abbia una capacità di discernimento adeguata ai tempi che stiamo vivendo.