
Dopo il “caso” mediatico relativo alla pubblicazione di foto di Chanel Totti, anche il Garante Privacy è intervenuto per ricordare che le garanzie poste a tutela dei minori nello svolgimento dell’attività di informazione non possono trovare deroghe. Infatti, la normativa in materia di protezione dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica (e più precisamente: le regole deontologiche pubblicate dal Garante) agisce come un limite circa la selezione delle informazioni da divulgare relativamente a fatti di cronaca, ponendo garanzie ulteriori e specifiche a tutela dei minori in quanto soggetti tipicamente vulnerabili.
L’oggetto della tutela riguarda la personalità del minore stesso, il quale viene protetto da una sovraesposizione mediatica che potrebbe avere impatti negativi per effetto della diffusione di immagini ed informazioni. Il criterio da seguire per la pubblicazione di notizie o immagini riguardanti minori è quello della primarietà del diritto alla riservatezza rispetto a quello di critica e di cronaca, con la regola generale (individuata dall’art. 7 delle citate “Regole deontologiche relative al trattamento di dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica”) di non pubblicare nomi né dati identificativi dei minori coinvolti in fatti di cronaca. L’eccezione è consentita purché il giornalista proceda ad un duplice vaglio, riscontrando la presenza di motivi di rilevante interesse pubblico e valutando che la pubblicazione dei dati avvenga “nell’interesse oggettivo del minore, secondo i principi e limiti stabiliti dalla Carta di Treviso” ora parte integrante del Testo Unico dei doveri del giornalista.
Tutti i principi costituzionali richiamati dalla Carta di Treviso sono infatti orientati verso la protezione del minore da interferenze (alla propria privacy e sviluppo psico-fisico) e lesioni (dell’onore e della reputazione), tutte potenzialmente attuabili tramite i potenti mezzi dell’informazione.
Se tanto è stato fatto per la tutela nei confronti dell’esposizione da attività giornalistica, molto ancora dovrà farsi per la sovraesposizione cui spesso i minori sono soggetti all’interno della società digitale, con particolare riferimento, ad esempio, al mondo dei social network. È auspicabile però che non sia un giudice o una norma a definire uno strumento di tutela (spesso rimediale e successiva) bensì la consapevolezza da parte degli attori (spesso, i genitori o anche gli stessi minori) delle potenzialità e dei rischi dei cc.dd. new media.
Sviluppare, consolidare e trasmettere sane abitudini e condotte di “vita digitale” è una responsabilità (individuale e collettiva) fondamentale per una società che affronta nuovi orizzonti e scenari tecnologici e intende garantire una corretta tutela (preventiva) a tutti i soggetti più vulnerabili e potenzialmente esposti.