CITTADINI & UTENTI

Vi presento Jonathan Galindo

Il creatore della maschera.sarebbe Dusky Sam, artista e videomaker americano appassionato di effetti speciali

Jonathan Galindo è una deep legend di cui si parlava già anni fa su Reddit e in vari Paesi, similmente alla Momo Challenge e alla Blue Whale Challenge. La maschera con le fattezze di un Pippo deforme ed umanizzato (detta: Cursed Goofy) non è rimasta soltanto un meme ma è diventato un creepypasta, ovverosia una moderna leggenda metropolitana a tema horror che in poco tempo riesce ad essere virale grazie a condivisioni e copia-incolla soprattutto tramite social network o catene di messaggi.

Quel che sappiamo per certo riguarda il “genitore” della maschera. Dusky Sam, un artista e videomaker americano appassionato di effetti speciali e di produzione di maschere, ha segnalato in un tweet di aver creato l’immagine del Cursed Goofy per un proprio “bizzarro e personale piacere”, ed ha pubblicamente denunciato l’utilizzo deviato che qualche “cercatore di brividi” sta facendo della sua creazione per compiere atti di violenza e bullismo.

Sembra infatti che l’avatar inquietante appartenga a profili social (TikTok ed Instagram in primis) che invitano a compiere delle vere e proprie sfide destinate a scaturire in fatti di cronaca nera. Le minacce o ritorsioni sono possibili dal momento che l’account sembrerebbe carpire l’IP delle vittime. O almeno: questo è il racconto.

Il problema è che la viralità di un racconto può comunque produrre effetti significativi, in modo analogo all’effetto Werther per cui dalla notizia di un suicidio possono scaturire condotte imitative (e dunque: ulteriori suicidi).

Il rischio effettivo è che si generino dunque comportamenti di imitazione della “leggenda” da parte di cybercriminali che ricorrerebbero all’avatar oramai noto per perpetrare minacce, ricatti, azioni di cyberbullismo o adescamento di minori.

Bisogna ricordare che un mero contatto via social non può rendere pubblicamente accessibile le nostre informazioni personali a meno che noi stessi non le abbiamo fornite (ad esempio pubblicandole su profili collegati) o abbiamo creato una “porta” utilizzabile per il cybercriminale (ad esempio: aprendo un link o un allegato ricevuto). È bene inoltre ricordare che se questi impiegherà la leva emotiva della paura, potrà facilmente ottenere gli accessi desiderati senza che la vittima se ne renda conto in maniera lucida e razionale, portandola anche a non denunciare l’accaduto a genitori, amici o forze dell’ordine.

Il ruolo educativo del genitore nei confronti dei minori, che sono le potenziali vittime ideali di queste challenge criminali in quanto soggetti maggiormente vulnerabili e spesso poco consapevoli dei rischi del digitale, è imprescindibile. Un bilanciamento fra un effettivo controllo (genitoriale) dell’attività online dei minori e l’educazione degli stessi al corretto impiego dei molteplici strumenti offerti dal mercato, così come ai pericoli e agli “schemi” ricorrenti tipici delle attività di aggressione online, costituisce il primo baluardo da cui si può fondare una difesa effettiva e concreta. Tanto da Jonathan Galindo quanto da ogni suo successore.

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