
Lo scorso fine settimana ha prodotto un interessante spaccato del percepito del Paese, ed in particolare di come neanche la pandemia riesca a mettere nella giusta prospettiva alcuni aspetti minoritari del nostro vivere sociale.
Un’ASL competente per territorio ha messo in quarantena una squadra di calcio, impedendole di partire per disputare un’importante partita di campionato. La squadra avversaria si è ugualmente presentata in campo, nonostante fosse a conoscenza del fatto. La Lega Calcio ci ha messo del suo, richiamandosi ad un protocollo sottoscritto con il Comitato Tecnico Scientifico del Ministero della Salute, valido salvo disposizioni differenti dell’autorità sanitaria. La serata si è conclusa in televisione con dichiarazioni varie, che cercavano di giustificare – non sappiamo De Coubertin cosa ne avrebbe pensato – il comportamento delle due squadre e della suddetta Lega Calcio.
Forse per trovare il bandolo di un problema complesso, come un certo tipo di filosofia insegna, bisogna ritornare ai principi primi e partire da quelli.
La gerarchia delle fonti del diritto – è una nozione base di Giurisprudenza – si basa sul principio della prevalenza. Le fonti più in alto nella scala gerarchica prevalgono su quelle più in basso. Ad esempio, la Costituzione della Repubblica prevale sulle leggi emanate dal Parlamento – è per questo che abbiamo il controllo di costituzionalità – e le leggi nazionali prevalgono su quelle emanate per regolamentare materie locali o ambiti di minor rilievo, come a esempio i regolamenti di associazioni private.
La Lega Calcio è appunto una di queste associazioni private, che dal punto di vista strettamente giuridico non è diversa dall’associazione bocciofila di Roccacannuccia. Non è un soggetto produttore di diritto, ma ha solo la possibilità di emanare disposizioni per quanto attiene allo svolgimento dell’attività sportiva. Questo, ed è il punto più importante, sempre che tali disposizioni non contrastino con quelle degli organi di diritto sovraordinati. Se ciò avviene, il regolamento della bocciofila – come qualunque disposizione della Lega Calcio – è carta straccia.
Nel caso di specie, il problema di come gestire una squadra sportiva che abbia al suo interno degli atleti positivi al COVID-19 è di natura strettamente sanitaria. La Lega Calcio non può pensare di gestirlo secondo le proprie regole, e per questa ragione ha sottoscritto un protocollo d’azione con il Comitato Tecnico Scientifico del Ministero della Salute, il quale rimane l’autorità produttrice di diritto in materia. Il secondo punto importante della questione è che tale azione produttrice di diritto si esplica – dato che la gestione della sanità in Italia è demandata alle Regioni – attraverso le strutture sanitarie locali, vale a dire le ASL.
Quando, come è successo, una ASL interviene per mettere in quarantena un gruppo di atleti, è lo Stato che agisce attraverso di essa. E lo Stato e le sue disposizioni, per il concetto di gerarchia delle fonti di cui sopra, rendono carta straccia qualunque protocollo o regolamento redatto per lo svolgimento di un’attività sportiva.
Avere in testa queste semplici cose evita discussioni inutili e prese di posizione che lasciano il tempo che trovano. Mette anche al riparo i soggetti singoli dal fare dichiarazioni spericolate, che se non ben gestite possono mettere nei guai con la legge. Ad esempio, un presidente di società sportiva non può dire che anche in presenza di una disposizione sanitaria contraria, egli avrebbe fatto partire ugualmente i propri dipendenti. E’ un infortunio capitato a questo presidente di società (dal minuto 9:33), il quale, probabilmente preso dal calore della discussione, ha rischiato di commettere il reato di istigazione a delinquere, punito dall’articolo 414 del codice penale. Istigare propri dipendenti a violare una disposizione sanitaria, infatti, è un reato penale esattamente come ignorarla.
Lo sport è un importante veicolo di aggregazione e socialità e nel nostro Paese ci sono certamente alcuni sport che per il loro ampio seguito svolgono un’importante funzione di intrattenimento e una non trascurabile funzione economica. I suoi protagonisti sono a volte assurti al ruolo di icone popolari, e tanta notorietà e disponibilità economica può far illudere di essere al di sopra della legge.
La realtà, tuttavia, e in particolare la pandemia, riportano le cose nella loro giusta dimensione. L’autorità dello Stato, che non è altro che la nostra collettiva espressione di volontà, prevale su qualunque regolamento. Questo avviene perché il diritto alla salute pubblica non può, specie in una situazione difficile come l’attuale, essere subordinato ad alcun regolamento da bocciofila o simili.
In particolare, la tutela della salute degli atleti e delle loro famiglie deve venire prima di tutto, e forse tirare giù di un paio di tacche il volume dello spettacolo che deve andare avanti ad ogni costo, potrebbe aiutare.