
Il Giardino degli Angeli è uno spazio collocato all’interno del Cimitero Flaminio, dedicato alla sepoltura dei bambini mai nati (prodotti del concepimento o feti). Una donna romana, però, a 7 mesi dalla propria interruzione terapeutica di gravidanza, ha scoperto che il feto è stato sepolto all’interno dello spazio senza essere stata (previamente o successivamente) informata a tale riguardo e senza che abbia mai acconsentito a tale attività. Anzi, a suo dire si era anche espressamente rifiutata. Visitando la tomba, ha inoltre scoperto che sull’epigrafe campeggia il suo nome e ha così inteso denunciare pubblicamente quanto accaduto.
È evidente che qualora tale esposizione avvenga senza informare la madre e in carenza di una base giuridica valida, quella che viene realizzata è un’attività senz’altro illecita in grado di produrre anche un danno nei confronti dell’interessata. Preme ricordare che i danni da trattamento illecito di dati possono essere materiali e immateriali, e la risarcibilità degli stessi segue le regole della responsabilità civile tenuto conto dei limiti e delle esenzioni indicate dall’art. 82 GDPR per titolare e responsabile del trattamento.
Si deve considerare però che basare sul consenso dell’interessata l’attività di diffusione del dato del nome e cognome richiede una valutazione preliminare che analizzi tanto il contesto quanto la qualità dell’informazione. E che tale valutazione sia condotta garantendo la maggiore tutela dell’interessato.
Avere il proprio nome collocato nell’epigrafe della tomba presso il Giardino degli Angeli consente di collegare il dato identificativo al fatto di aver avuto un’interruzione di gravidanza (sia essa spontanea o volontaria) rendendolo, nella sostanza, un dato relativo alla salute. Secondo la definizione dell’art. 4.1 n. 15 GDPR, sono infatti dati relativi alla salute “i dati personali attinenti alla salute fisica o mentale di una persona fisica, compresa la prestazione di servizi di assistenza sanitaria, che rivelano informazioni relative al suo stato di salute”.
L’esposizione del nome della madre presso la tomba consiste in un’attività di diffusione, in quanto pone l’informazione a disposizione di una platea indeterminata di soggetti (nel caso in esame: innanzitutto i visitatori del Giardino degli Angeli). Tale attività è espressamente vietata dall’art. 2-septies comma 8 Cod. Privacy per i dati relativi alla salute (oltre che per i dati biometrici e genetici), e dunque l’informazione non può essere trattata dandone diffusione pur in presenza del consenso della madre proprio per il limite inserito dal legislatore nazionale.
L’auspicio è che il Garante possa far luce sulla situazione ed intervenire anche e soprattutto per individuare le responsabilità specifiche dei vari soggetti coinvolti, assumendo inoltre quel ruolo di “pedagogista della privacy” prospettato in una recente intervista.