
“Il mezzo è il messaggio”: così scrisse il filosofo McLuhan destando grande scalpore. Per mezzo intendeva principalmente i media: il messaggio dei media dunque sono i media stessi.
I media non sono importanti per i messaggi o contenuti che veicolano ma per la trasformazione che operano nei soggetti che ne usufruiscono, modificando la società. Gli effetti non si verificano infatti a livello di apporto di opinioni o di concetti, non veicolano messaggi ma alterano costantemente, senza incontrare resistenza, le nostre forme sensoriali e le forme della loro percezione. Gli individui di questa nostra società così trasformata non cercano nei media la coerenza o la persuasività o l’etica, al contrario cercano l’eccesso e le contraddizioni che selezionano sulla base delle loro capacità di aggregare più che della loro capacità di farli crescere come individui.
Molti anni fa, accettando una laurea ad honorem della università di Notre Dame, il generale David Sarnoff fece questa dichiarazione: “Siamo troppo propensi a fare degli strumenti tecnologici i capri espiatori dei peccati di coloro che li maneggiano. In sé stessi i prodotti della Scienza moderna (i mass media) non sono né buoni né cattivi: è il modo in cui vengono usati che ne determina il valore” (…).” È questa la voce dell’attuale sonnambulismo (…). È la nostra reazione convenzionale a tutti i media, secondo la quale ciò che conta è il modo in cui vengono usati che ci “pone nella posizione dell’idiota tecnologico”. Scriveva McLuhan (…):” Mi trovo nella situazione di Louis Pasteur quando diceva ai medici che il loro nemico più grande era Invisibile e non riconoscibile”.
Il vero messaggio dei media è il modo in cui ci cambiano come persone e dunque come modificano la società, e non i messaggi, buoni o cattivi, che veicolano.
Per capire la portata della sua intuizione nella politica del nostro secolo potremmo utilizzare una semplice metafora: le squadre di calcio. Ad esempio la Juventus non è portatrice di alcun messaggio se non la quello che la Juventus deve vincere. Trasposto nella politica italiana il concetto di McLuhan diventa innegabile: il leader politico non porta veramente nuovi messaggi, che tanto, peraltro si somigliano molto nelle diverse fazioni, ma lui stesso è il contenuto e cioè il messaggio. Il messaggio è che il leader deve vincere. Questa posizione in politica si è andata affermando a partire dalla discesa in campo di Berlusconi. L’impressionante mole di processi a cui fu sottoposto divise l’opinione pubblica: alcuni erano contro Berlusconi, altri pensavano dovesse vincere, seppur attaccato penalmente. Dopo il ’94, vinse le elezioni ancora nel 2001 diventando Presidente del Consiglio. Era il 12 gennaio del 2002, quando il magistrato Borrelli chiude la sua relazione inaugurale dell’anno giudiziario con queste parole: “Ai guasti di un pericoloso sgretolamento della volontà generale, al naufragio della coscienza civica nella perdita del senso del diritto, ultimo estremo baluardo della questione morale è dovere della collettività “resistere, resistere, resistere” come su un’irrinunciabile linea del Piave’ alludendo a Berlusconi che vincendo le elezioni era diventato il nemico da abbattere. Questa decontestualizzazione e derealizzazione del mondo politico si è andata sempre più affermando. Dal momento in cui la Magistratura si pose in una posizione di soggetto politico ne ebbe dei vantaggi inaspettati: nessuno più contestava ai magistrati le inefficienze della loro azione, anzi divennero intoccabili più di quanto già non lo fossero per ruolo istituzionale. Gli scandali di oggi sono la conseguenza di quel potere senza controllo: i meno rigorosi potevano agire del tutto liberamente aggiungendo del potere a quello che già avevano istituzionalmente permettendo così di fare gesti antigiuridici di corruzione.
Più importante fu l’effetto sulla politica: si realizzava la profezia di McLuhan e cioè che il mezzo è il messaggio. Il politico non aveva più messaggi reali da comunicare ma egli stesso era il messaggio: il leader doveva vincere contro gli avversari; dopo Berlusconi è accaduto a Renzi, e successivamente a Salvini. La magistratura, oggi, persevera nell’errore mandando a processo Salvini per il caso della nave Gregoretti o, a pensar male, una parte di essa opera una strategia di politicizzazione del suo ruolo, operando una deviazione istituzionale, gestendo meno la legge sui problemi ordinari e, last but not least, cogliendone i benefici della parte politica per cui si schiera. Questa volta ancor più gravemente cominciano a prendere di mira Salvini partendo dalla sua azione politica, esasperando la cognizione del concetto che il leader sia il messaggio politico: c’è un potere nemico che attacca il Leader e dunque il messaggio trasformato nonostante queste avversità è che il leader deve vincere i suoi avversari. Questo spiega anche perché gli elettori si vanno trasformando in tifosi che vogliono vedere la loro squadra vincere più che stare troppo a sentire i contenuti. Quando vediamo in tv le interviste alla gente comune è evidente che gli intervistati ignorino i contenuti politici, ma desiderino che il proprio leader vinca.
Siamo noi ad essere cambiati rispetto alla politica siamo diventati un popolo di tifosi, che trascina la nostra cultura in una progressiva implosione di tutte le funzioni sociali e politiche.