
Se l’Italia è ancora ferma alle schede cartacee, definite lenzuola dagli elettori prossimi a recarsi in cabina, negli USA il voto elettronico è una prassi più che consolidata e impone sfide enormi in termini di sicurezza. Le operazioni di voto sono infatti gestite dai singoli stati, spesso del tutto impreparati ad affrontare attacchi informatici.
Un’indagine del Brennan Center di New York ha evidenziato che non solo in oltre 31 stati i sistemi di voto sarebbero obsoleti e necessiterebbero di essere sostituiti, ma anche che i funzionari che se ne occupano non avrebbero ricevuto fondi a sufficienza per acquistarne di nuovi. La mancanza di aggiornamenti software e componenti hardware per cessazione della produzione sono ovviamente un invito a nozze per i malintenzionati.
Già in occasione delle elezioni del 2016 un rapporto del Dipartimento della Difesa evidenziava come tutti i 50 stati fossero stati oggetto di attacchi e non c’è motivo di pensare che non possa accadere lo stesso. A distanza di quattro anni molti osservatori giudicano ancora molto leggero l’atteggiamento con il quale il Congresso sembra voler approcciare al problema dell’integrità del processo elettorale.
Se poco o nulla si è fatto per irrobustire l’infrastruttura di voto, dall’altra parte invece viene rilevato un grande fermento nel progettare tecniche innovative per compromettere il voto. È forte il rischio che, qualunque sia il risultato delle elezioni, gli unici ad uscire vincitori siano i cybercriminali, pronti a togliersi la maschera di Guy Fawkes (resa famosa dall’organizzazione Anonymous) e dichiarare il proprio dominio anche sulla vita democratica della più grande potenza economica del mondo.