
La riapertura delle scuole del Piemonte ha portato ad un vero e proprio scontro istituzionale con il Governo, con il TAR che non ha accolto la richiesta di sospensione cautelare avanzata dal Ministero della Salute e dal MIUR nei confronti dell’ordinanza regionale n. 95 del 9 settembre 2020. L’ordinanza in oggetto, infatti, consente alle scuole di rilevare la temperatura “per verificare l’assenza di situazioni febbrili prima dell’inizio dell’attività didattica” nel caso in cui l’alunno si presenti sprovvisto dell’attestazione circa l’avvenuta misurazione a casa. Lo strappo istituzionale rispetto alle linee guida ministeriali è proprio l’imposizione della verifica della temperatura all’inizio delle lezioni, provvedimento che però, a detta del TAR, non sovverte bensì integra le disposizioni nazionali.
Al di là del fatto di cronaca, per cui è attesa la trattazione nella Camera di Consiglio del TAR il prossimo 14 ottobre, molti istituti scolastici hanno elaborato modalità organizzative per l’accertamento della misurazione quotidiana della temperatura da parte degli studenti il più delle volte in palese contrasto con le norme relative alla protezione dei dati personali e, in particolare, con il principio di minimizzazione dei dati. L’art. 5.1 lett. c) GDPR, infatti, prescrive che i dati siano “adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati”, imponendo così un ragionamento a monte, in sede di progettazione dei trattamenti affinché, sostanzialmente, non siano trattati dati in eccedenza.
Nel caso delle attestazioni circa la rilevazione della temperatura, che peraltro possono essere riportate anche nel registro elettronico o in “altri strumenti digitali”, spesso viene richiesto di inserire nel modulo di autocertificazione non soltanto il fatto dell’avvenuta misurazione della temperatura, bensì anche l’esatto valore rilevato. Tale dato è ovviamente eccedente rispetto alle finalità di tutela sanitaria esposte, in quanto è sufficiente attestare, ad esempio, che il valore odierno rilevato è al di sotto della soglia di allerta e di aver appreso (e compreso) le linee guida circa le precauzioni rivolte alle famiglie da parte dell’istituto scolastico.
Alcuni potrebbero contestare che una rilevazione sistematica e quotidiana della temperatura di un minore non sia un dato la cui eventuale esposizione possa produrre un danno significativo, ma il ragionamento è viziato per logica oltre che per un’inesatta percezione dell’applicazione della norma. Dal momento che il dato della temperatura non è necessario alla finalità da perseguire, è inutile includerlo nell’attività di raccolta e trattamento in quanto non apporta alcun vantaggio alla procedura adottata.
E dunque, se espone solo ad un rischio, per quale motivo dovremmo “giustificarne” la raccolta se non per una volontà di disattendere una corretta applicazione della normativa in materia di protezione dei dati personali?