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C’è vita su Venere?

Venere è sempre stato ritenuto un pianeta con meno probabilità di Marte rispetto alla presenza di forme di vita

La ricerca di forme di vita al di fuori del nostro pianeta è stata una delle più affascinanti sfide intellettuali che la nostra specie si è posta fin dallo sviluppo del metodo scientifico. Da un punto di vista semplicemente statistico, in un universo infinito, la probabilità che altrove si siano sviluppate forme di vita di qualsiasi genere ha in teoria un tasso di probabilità vicino alla certezza. Altra cosa è definire come queste forme di vita siano fatte, che grado di evoluzione abbiano raggiunto, e soprattutto se saremo mai in grado di raggiungerle: la distanza tra la Terra ed il più vicino degli esopianeti avente le caratteristiche adatte ad ospitare la vita come la conosciamo è tale, che anche supponendo di avere uno motore capace di eguagliare la velocità della luce, tali forme di vita potrebbero essere estinte nel tempo che impiegheremmo a raggiungerle.

Ad ogni modo, le nostre conoscenze rispetto alla diffusione della vita rispetto anche a solo quarant’anni fa sono molto più avanzate. Il nostro sistema solare – anche in ragione della nostra capacità intellettuale di concepire il raggiungimento degli oggetti che lo compongono – è stato storicamente il primo obiettivo di questa ricerca. Fin dall’osservazione dei “canali” marziani da parte di Schiaparelli, si è sempre pensato a Marte come il luogo più verosimile dove ritrovare l’acqua, che consideriamo l’elemento necessario alla vita basata sul carbonio. Oggi sappiamo che effettivamente quei canali sono gli antichi segni di bacini fluviali, e che su Marte in un tempo geologicamente non troppo lontano, l’acqua scorreva sul Pianeta Rosso. Sappiamo anche che sebbene non ci siano evidenze univoche, la probabilità che forme di vita estremamente semplici possano essere vitali o in quiescenza sotto il permafrost marziano, non è così bassa come si pensava in passato.

In attesa che ulteriori missioni di rover, o addirittura lo sbarco di umani su Marte – previsto per gli anni Trenta di questo secolo – contribuiscano a sciogliere il mistero, una nuova possibile evidenza fa il giro del mondo. Nelle nubi di Venere, ad una quota di circa cinquanta chilometri dalla superficie del pianeta, è stata rilevata la presenza di concentrazioni significative di fosfina, una molecola di solito associata alla presenza di forme organiche. I risultati, pur con tutte le cautele del caso, sono stati presentati in un articolo scientifico pubblicato sulla rivista Nature Astronomy.

Venere è sempre stato considerato un candidato molto meno credibile di Marte per la presenza di forme di vita. Le poche sonde che sono riuscite a raggiungerne la superficie hanno smesso di funzionare dopo pochi minuti, e per una ragione molto valida: l’atmosfera di Venere a livello del suolo contiene concentrazioni altissime di acido solforico, le quali sono rapidamente letali per il funzionamento degli strumenti – e lo sarebbero per qualunque umano avesse la temerarietà di tentare una passeggiata.

Per questo motivo, la presenza di fosfina nell’alta atmosfera di Venere è un dato così interessante. Come detto, questa molecola è presente nelle concentrazioni rilevate dagli strumenti solo in presenza di vita organica o di particolari reazioni industriali. Ovviamente su Venere non ci sono insediamenti industriali che possano emettere questa sostanza, per cui l’unica alternativa verosimile è che siano state delle forme di vita a produrla.

Prima di farsi prendere dall’eccitazione, è tuttavia necessario mettere le cose nella giusta prospettiva. Se effettivamente fossero presenti dei batteri, dovrebbero avere delle caratteristiche eccezionali: per resistere alle comunque proibitive condizioni dell’alta atmosfera venusiano, dovrebbero avere un esoscheletro talmente resistente, da non consentire – alla luce delle conoscenze attuali – alcuno scambio con l’esterno. Il che immediatamente fa sorgere la domanda su come questi eventuali batteri farebbero ad estrarre le sostanze di base dall’atmosfera, e ad emettere la fosfina. Si tratta di una tipologia di struttura e di flussi metabolici di cui al momento non abbiamo conoscenza alcuna.

Mentre attendiamo che le missioni prossime venture chiariscano almeno in parte questo nuovo mistero, manteniamo alta l’attenzione e la curiosità verso i temi scientifici, che ci aiutano ad elevarci rispetto a problemi spesso triviali che la società ci pone come importanti.

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