La macchina del capo ha un buco nella gomma
Il Decreto Rilancio manca di 96 norme attuative. Quello Liquidità di tutte e 8. Il Cura Italia di 14 su 34 e i decreti Semplificazione e Agosto sono fermi al palo

Il Presidente del Consiglio non ha dimostrato grande stima nei confronti della capacità operativa dei suoi ministeri: per questo ha preferito di volta in volta ricorrere al contributo esterno di professionisti con comprovata esperienza imbarcandoli in innumerevoli task force.
Non è dato capire se questa scelta politica del Presidente del Consiglio sia l’effetto della incapacità ministeriale di ben lavorare o se invece ne costituisca la causa. La contemplazione del ritardo con cui (non) si appalesano decreti ministeriali e non, provvedimenti direttoriali, deliberazioni Cipe, protocolli d’intesa e linee di indirizzo per dare praticità ai famosi Dpcm lascia tuttavia stupiti e interdetti. L’efficacia delle decisioni assunte è compromessa innanzitutto dal tempo di latenza dei meccanismi di attuazione.
C’è qualcosa di poco chiaro in questo mancato funzionamento della macchina amministrativa pubblica: da un lato il Governo assegna a questo o a quel ministero nuove funzioni, come nel caso del Mise a cui sono state messe in corpo le funzioni di controllo e vigilanza sulle misure di cybersicurezza. Dall’altro lo stesso ministero è in ritardo su tutti i fronti implicati dai 5 Dpcm. Immaginare che il Decreto Rilancio possa rilanciare l’economia del Paese con un carico di 137 decreti attuativi di cui solo 41 adottati , è un esercizio inutile.
Per sostenere il bisogno di liquidità agli inizi di aprile è entrato in vigore il decreto omonimo, che consta di soli 8 provvedimenti attuativi, nessuno dei quali ha visto la luce.
Lasciamo perdere il decreto Agosto, troppo fresco di stampa per essere preso in considerazione; ma al primo Dpcm (il Cura Italia pubblicato in Gazzetta il 17 marzo) risultano ancora non adottati 14 decreti su un totale di 34. Gli uffici legislativi dei ministeri solitamente si lamentano che le norme sono scritte male e non di rado sono scritte da persone “incompetenti”.
Il decreto Semplificazioni ha incassato la fiducia alla Camera e al Senato e da 4 giorni è legge a tutti gli effetti. Giuseppe Conte lo ha definito “la madre di tutte le riforme” e sulla carta dovrebbe riaccendere il motore degli investimenti, in attesa dei fondi del Recovery Fund che la Camera si appresta ad esaminare partendo dall’audizione, domani alle ore 15, del Ministro dell’economia e delle Finanze e di quello per l’Innovazione Paola Pisano. Ma c’è da credere alla madre di tutte le riforme? Ci si potrà credere dopo che avranno preso vita i 64 decreti attuativi connessi per i quali sono previsti almeno 4 mesi di lavoro.
La strozzatura che abbiamo descritto sta paralizzando il Paese e mimando la sicurezza del processo decisionale perché ogni legge viene strombazzata come la migliore e la più risolutiva salvo poi constatare che viene risucchiata in un labirinto di silenzio che ne smorza qualsiasi carica propulsiva.
Perché, giusto per stare sul tema della madre di tutte le riforme, i 97 articoli che ora compongono il “Semplificazione” dovranno iniziare a varcare le forche caudine della attuazione , i cui decreti sono definiti il “secondo tempo delle leggi”. La definizione è ingannevole perché i decreti attuativi costituiscono semplicemente i tempi supplementari della produzione legislativa che consta di due tempi regolamentari : il Decreto di cui stiamo parlando constava di 65 articoli in entrata a Palazzo Chigi e di 97 in uscita dalle Aule parlamentari. Diciamo che dopo questo primo e secondo tempo prosegue un’altra partita fatta di tempi supplementari che quasi sempre durano molto di più dei tempi regolamentari; la partita Cura Italia e stata giocata a marzo ma non si intravvede ancora l’alba del fischio finale. Impressiona il fatto che l’impotenza attuativa non riguardi soltanto le voci che comportano uscite ( ad esempio le modalità per il rilascio da parte di Sace delle garanzie di Stato alle banche per i finanziamenti alle imprese entro l’importo di 200 mila euro) ma anche quelle che stabiliscono le entrate: tra i decreti che ingolfano l’operatività c’è anche quello per il fondo denominato Patrimonio e che scade dopo domani e che deve stabilire i criteri per l’afflusso delle disponibilità economiche dei contribuenti che intendano investire i loro risparmi a sostegno della crescita economica del Paese.
Subito dopo il voto regionale e referendario occorrerà mettere sotto la lente di ingrandimento a questa perdurante condizioni di “tappo” legislativo che vanifica tutto e tutti. Perché un ritorno al futuro sulla scia del miglior passato transita anche dalla capacità di trovare qualcuno che sappia tradurre bene e in fretta quanto viene stabilito per legge. . Oppure dalla capacità di sostituirlo. Oppure anche dalla capacità di sostituire entrambi.