
Una famosa pubblicità degli Anni Ottanta mostrava la meraviglia di un bambino nello scoprire che un diffuso dado da brodo aveva la capacità di trasformare il sapore piatto delle pietanze, nella quintessenza delle pietanze stesse. Esaltare i sapori senza coprirli, lasciando che il dado facesse il dado, e che il pollo facesse il pollo.
Come per molti degli spot che hanno costruito l’immaginario collettivo dei ragazzini di allora, gli occhioni felici del bambino vengono in mente quando si legge una notizia circolata nelle ultime ore. Nello stabilimento di produzione dell’azienda AIA di Treviso, 182 dipendenti su circa 700 – quasi un terzo del totale – sono risultati positivi al COVID-19, con la particolarità di essere tutti asintomatici.
Se presa in maniera letterale, sembrerebbe un’ottima notizia. La totale asintomaticità degli individui che vivono all’interno di un ambiente semiaperto come quello di uno stabilimento, indicherebbe che il virus abbia perso forza e stia andando verso una fase di stabile diffusione nel territorio nazionale senza conseguenze maggiori.
Se infatti ipotizziamo che su 100 contagiati solo uno mostri i sintomi, significherebbe che gli attuali 260.000 contagiati corrispondono in realtà a 26 milioni di italiani realmente contagiati. Questo vorrebbe dire che abbiamo una diffusione incontrollabile, e una immunità di gregge quasi raggiunta.
Dato che ciò non è, gli asintomatici devono quindi essere meno. Ipotizziamo allora che su 100 solo dieci mostrino i sintomi (il 10% appunto, e che il 90% siano asintomatici). In questo caso avremmo due milioni e mezzo di contagiati in Italia.
Ma quanto è probabile che si verifichi un evento come quello della fabbrica AIA? Fatti due rapidi conti, la probabilità che questo evento si verifichi sarebbe (0,9)^182, pari a 4,7*10^-9, cioè 0,0000000047. Sarebbe cioè più probabile che un individuo venga colpito durante la sua vita due volte da un fulmine, in due temporali diversi.
Mettendosi alla ricerca delle cause di questa discrepanza, potremmo affidarci alla matematica di Freakonomics, famigerato libro di successo che ha mostrato come l’analisi numerica possa mettere in evidenza le cause nascoste di fenomeni che da un punto di vista razionale non hanno giustificazione. Ad esempio, come mettere in relazione l’assenza assoluta di asintomatici con il fatto che l’eventuale chiusura dello stabilimento potrebbe portare a dover abbattere tutti i capi di pollame, con un eventuale, rilevante danno economico per l’azienda.
A questo punto, e fatto salvo l’eventuale influsso della fortuna o di protezioni celesti, cominciamo a sentirci come la famigliola della pubblicità. Pieni di fiducia ed aspettative prima che il coperchio venga alzato, e poi eventualmente delusi nel sospettare che il dado delle pubbliche relazioni copra la realtà delle cose.
Soprattutto, vorremmo evitare che gli occhi sgranati del bambino dell’opinione pubblica vedano in noi il pollo della situazione.
Articolo di Ferdinando Scala e Maurizio Aiello