
È stato finalizzato stamane dalla FDA (Food and Drug Administration) statunitense, come parte dell’iniziativa EUA (Emergency Use Authorization), l’uso di plasma iperimmune su pazienti ospedalizzati.
A detta di Alex Azar, Segretario della Salute e dei Servizi Umani degli Stati Uniti, il rilascio dell’autorizzazione rappresenta una pietra miliare nel quadro degli sforzi dell’amministrazione Trump di salvare vite dalla minaccia di COVID-19.
Su un “Press Announcement” della FDA inteso per diffusione immediata e datato 23 Agosto 2020, l’agenzia spiega la sua recente iniziativa, raggiunta in tempi record, grazie all’instancabile prestazione dei membri del gruppo di studio.
L’azione giunge a monte della prassi di verifica scientifica e analisi dei dati disponibili sull’efficacia del prodotto, culminata nell’emissione di un memorandum di decisione che ne spiega processo, modalità d’uso, caratteristiche, indicazioni etc.
Il COVID-19 Convalescent Plasma (CCP) è un prodotto biologico, derivato dal plasma di soggetti il cui sangue contiene anticorpi al SARS-CoV-2, i quali soddisfano i prescritti requisiti di donatore.
La EUA, è un’autorizzazione in uso durante situazioni di emergenza -quale una pandemia- a garantire accesso senza indugio a prodotti medici critici che potrebbero aiutare il paziente, in un contesto ove non sono presenti adeguate, approvate e/o disponibili alternative profilattiche.
Lo studio sull’effettività del CCP, a cura della Mayo Clinic, prese inizio in aprile e fino ad oggi ha facilitato l’infusione di più di 700,000 pazienti volontari, con plasma convalescente.
In una sua recente dichiarazione, Stephen Hahn, Commissario della FDA ribadisce il suo impegno a “rilasciare trattamenti sicuri e potenzialmente efficaci contro COVID-19… Siamo incoraggiati dai promettenti risultati osservati col plasma convalescente”.
Durante il press briefing rilasciato oggi alla Casa Bianca, Hahn ha puntualizzato che la terapia non è nulla di nuovo ma è stata usata con successo per oltre 100 anni in pazienti con malattie infettive.
Colpisce molto la dichiarazione di Azar, durante il briefing: “I dati che abbiamo raccolto suggeriscono che pazienti trattati entro tre giorni in seguito alla diagnosi, hanno ricevuto i più alti benefici dalla terapia. Abbiamo osservato una percentuale di sopravvivenza del 35% nei pazienti che hanno reagito in maniera più promettente. Pazienti sotto gli 80 anni non intubati.”
“Per noi (nel campo dello sviluppo farmacologico, ndr) farmaci che assicurino una potenziale diminuzione delle mortalità del 35% sono un sogno.”