CITTADINI & UTENTI

Romanzo Viminale

È stato pubblicato il Dossier sulla criminalità durante il lockdown del Comitato Nazionale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica

Lo scorso 15 agosto, in occasione della festa dell’Assunta, mentre milioni di italiani banchettavano con pollo ai peperoni o altre leccornie, si riuniva il Comitato Nazionale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica, organo ausiliario del Viminale, che pubblicava l’annuale “Dossier Viminale”.
Si tratta del report che prende in considerazione il periodo 1 agosto 2019 – 31 luglio 2020 in tema di sicurezza e ordine pubblico, lotta alla criminalità organizzata, immigrazione, soccorso pubblico e incendi boschivi e, infine, persone scomparse, confrontandolo con l’analogo periodo precedente.

Naturalmente non si può non rammentare che quest’anno l’emergenza Covid-19 ed il conseguente lockdown trimestrale hanno notevolmente inciso sui risultati dell’analisi.

Quel che emerge nitidamente è che, sebbene i delitti commessi nel periodo preso in considerazione siano diminuiti di quasi il 20%, poco meno della metà di essi si sono concentrati nel periodo 9 marzo – 3 giugno (durante il lockdown). Sono calati sensibilmente omicidi, furti, rapine e truffe ma al contempo sono sensibilmente aumentati i reati informatici, passando dai 120mila del periodo precedente ai 144mila dell’ultimo “anno mobile” preso in considerazione, di cui 61mila nel periodo di lockdown.

In tema di sicurezza informatica, grande rilevanza hanno avuto le operazioni contro la pedopornografia in rete, balzate alle cronache con le segnalazioni di LulzSec Italia e Anonymous Italia i quali, per la battaglia #RevengeGram contro i pedofili sui gruppi Telegram, hanno impropriamente ricevuto una quantità tale di segnalazioni – illegittimamente effettuate – nei confronti dei loro account twitter, tali da esser definitivamente bloccati a fine giugno.
Per esse i numeri sono confortanti: si parla di +41,6% di perquisizioni, +19,4% di arresti e perfino +52,2% di denunciati.
Al contempo però, per quel che concerne le attività della polizia postale, si nota nitidamente un netto calo: sono diminuiti di un terzo i siti web controllati, addirittura del 51% i soggetti sanzionati.

Eppure secondo il Threat Intelligence Report di Exprivia, proprio l’emergenza Covid-19 ed il susseguente lockdown che ha imposto a milioni di italiani di lavorare da casa in modalità smart working, ha causato un’impennata degli attacchi informatici e delle truffe online.

Specialmente con le tecniche di phishing e attraverso malware, i cybercriminali hanno carpito informazioni personali, denaro o altre informazioni sensibili ai malcapitati.
Senza sconti per nessuno, grande eco mediatico hanno avuto le truffe ai correntisti di Unicredit, Poste e Mediolanum, così come a quelli di BNL – Bnp Paribas o di Intesa San Paolo.

Oltre agli individui, durante la pandemia sono aumentati anche gli attacchi alle aziende.
Secondo l’ultimo rapporto di IBM Security ciascuna violazione dei dati a livello aziendale costa circa 2,5 milioni di euro, tra le spese imminenti per riparare i sistemi e pagare i costi legali e quelle sul lungo periodo per tornare allo status di attività pre-intrusione e contrastare la cattiva pubblicità, specialmente nei termini civilistici di lucro cessante, derivante dalla diffusione della notizia dell’effrazione digitale. Il lockdown non ha di certo favorito la difesa virtuale delle aziende bersaglio ed i costi medi per i furti e la perdita di ogni singolo record sono stati stimati a 125 euro.

Quel che emerge è la mancanza di educazione digitale-informatica, da quella dei dipendenti, per l’utilizzo dei dispostivi e dei software aziendali e per restare costantemente aggiornati  sull’evoluzione delle minacce al fine di non farsi cogliere impreparati, a quella dei consumatori, per evitare di abboccare all’amo di sedicenti vittorie di telefoni in qualità di visitatore numero 1.000.000 o altri clickbait.

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