
Capitandomi di viaggiare spesso da Roma verso la Puglia, il confine regionale del “Tacco d’Italia” è ampiamente segnalato dal brulicare di torri eoliche che l’amministrazione regionale pugliese ha voluto favorire nell’ottica della produzione green di energia.
Personalmente gli oggetti si possono trovare affascinanti, soprattutto quando, avvicinandosi ad uno di essi, si ha la reale percezione delle loro effettive dimensioni: sono enormi, imponenti, e a mio modesto avviso anche “eleganti”.
Tuttavia, l’impatto visivo sul paesaggio e il rischio per l’avifauna migratoria e locale forse lascia qualche dubbio: la piana da Candela a Cerignola, i crinali e le colline verso il Vulture, a ridosso della Murgia, sono una gioia per gli occhi, colori e disegni che la Natura ci regala generosamente, ma che abbiamo punteggiato di grossi ventilatori distribuiti nelle distese di campi del “granaio d’Italia”.
In Spagna, Vortex Bladeless, una startup con sede a Madrid, ha “reinventato” la produzione di energia eolica, proponendo un modello di generatore che, come dice il nome della società, è privo di pale.

In figura, le tre tipologie di turbina attualmente in esercizio: la prima, tradizionale HAWT – Horizontal Axis Wind Turbine; la seconda e la terza, sono VAWT – Vertical Axis Wind Turbines; l’ultima, è il modello proposto da Vortex Bladeless.
Le HAWT sono le turbine più diffuse, anche per la maturità della tecnologia; le VAWT (le due in figura sono solo un esempio di molteplici soluzioni) sono meno diffuse, ma hanno pregi di maggiore stabilità e minore impatto panoramico, grazie al baricentro più stabile e alla minore altezza.
Le Vortex Bladeless, a stretto rigore, non sarebbero però da considerare della “famiglia” delle turbine, in quanto non funzionano mediante rotazione di corpi intorno ad un albero motore.
Qui viene il bello dell’intuizione del co-fondatore della startup: osservando le vibrazioni indotte dal vento sui piloni di un ponte vicino a Tacoma, WA (qui lo storico video del 1940), David Yáñez ha pensato di studiare i fenomeni definiti “Vortex Shadding” e “risonanza aeroelastica”.
In sostanza, l’effetto del vento su una struttura verticale non aerodinamica genera effetti aeroelastici, che provocano in uscita, un flusso d’aria oscillante che, con opportuno disegno e calibrazione dei corpi elevati, manda in risonanza gli stessi e e genera vibrazioni oscillatorie, autoalimentate dallo stesso moto del corpo.
L’impianto è costituito da un cilindro alto circa 2,75 metri, realizzato in fibra di carbonio e fibra di vetro, dotato di uno snodo a circa 1/3 dalla base che consente l’oscillazione (pensiamo ad una bottiglia di plastica capovolta fissata su uno stecco).
Opportunamente disegnati, questi generatori bladeless ottimizzano questi fenomeni oscillatori e li sfruttano per la produzione di correnti tramite un alternatore, moderando l’oscillazione con l’opportuna correzione di un sistema di magneti alla base dei pali.
Gli studi di costo/beneficio della soluzione sembrano indicare una altissima efficienza già a velocità del vento relativamente ridotte (quelle, in effetti, che si rilevano in vicinanza del suolo); tuttavia, raffiche più importanti non determinino una crescita efficiente della produzione rispetto alle turbine tradizionali a pale.
Non tutto è oro quel che luccica, ma la soluzione sembra garantire ottima efficienza per ventosità medie (quali quelle alle nostre latitudini), accoppiata ad un minore impatto ambientale e a costi di manutenzione e produzione infinitamente inferiori ai “ventoloni”.
A questo link il white paper di studio sul fenomeno e sulla tecnologia dei “bladeless generators”.
Il progetto, che ha anche ricevuto finanziamenti dalla Commissione Europea con i fondi del programma Horizon 2020 per la Ricerca e Innovazione, è ancora in fase di startup, con l’ingegnerizzazione completa al 95% e la prospettiva di realizzazione dei primi 100 esemplari per i test reali di pre-produzione nel corso del 2021. Sono anche già installati alcuni esemplari in versione “Nano”, di altezza ridotta e adatti a piccole realtà (uffici, uso domestico), anche in combinazione con sistemi fotovoltaici.
Restiamo a vedere (qui un video della testata Ohga!), l’idea sembra promettere bene.
La prossima volta che sorvolerò la Murgia spero di vedere questi pali bianchi e non più i “ventilatori”, come li vedete in questo autoscatto a 4500ft nei pressi di Lacedonia.
