
La scelta di Palazzo Chigi di desecretare le decisioni del Comitato Tecnico Scientifico anziché chiudere “l’affaire Covid” lo riapre.
La Presidenza del Consiglio ha dovuto giocare d’anticipo rispetto alla sentenza del Consiglio di Stato circa il diritto dei cittadini di conoscere gli atti con cui il CTS ha contratto libertà costituzionalmente previste; e piuttosto che correre il rischio di una sconfessione non solo interpretativa ma anche operativa dei noti Dpcm, il Presidente Giuseppe Conte ha preferito cedere sulla decretazione.
Per questo sappiamo, oggi, che il 7 marzo scorso, con un documento riservato inviato al ministro della Salute Roberto Speranza, il Comitato propose al governo di “adottare due livelli di misure di contenimento: uno nei territori in cui si è osservata maggiore diffusione del virus, l’altro sul territorio nazionale”. Misure rigorose in Lombardia e nelle province di Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Rimini e Modena, Pesaro Urbino, Venezia, Padova, Treviso, Alessandria e Asti. Misure più blande sul resto del territorio nazionale. Due giorni dopo, però, il presidente del Consiglio Conte (con il Dpcm del 9 marzo) scelse di andare contro il parere del Comitato ed estese il lockdown a tutto il territorio nazionale.
Le 200 pagine caricate oggi sul sito della Fondazione Einaudi corrispondono ai 5 verbali datati 28 febbraio, 1 marzo, 7 marzo, 30 marzo e 9 aprile 2020. E la principale novità, ad una prima lettura, riguarda proprio la scelta solitaria del Presidente Conte. Una seconda e rilevantissima novità riguarda il fatto che tra le 200 cartelle pubblicate oggi non compaiono i resoconti di altre riunioni: ad esempio, quelle della mancata zona rossa ad Alzano e Nembro, in Val Seriana. La pubblicazione di tali verbali avrà certamente un impatto anche sul contenzioso in atto tra i congiunti dei deceduti per Covid e le strutture ospedaliere li avevano in cura.
La decisione a favore della de-secratazione non può funzionare tuttavia a corrente alternata e coinvolgere solo alcuni verbali delle riunioni del Comitato omettendo la pubblicazione dei verbali relativi alla mancata istituzione delle zone rosse o quelli relativi alla catena di comando sanitaria nei giorni più virulenti del contagio.
La scelta che il Governo avrebbe potuto difendere era quella – evidentemente – di ritenere pericolosi per l’ordine pubblico i documenti del Cts e di rimandarne una eventuale pubblicazione una volta che lo stato di emergenza fosse stato archiviato. Ma nel momento in cui la Presidenza del Consiglio ha scelto la via della trasparenza non vi sono più ragioni per pubblicare solo una parte dei verbali del Comitato.