
La fotografia dell’esistente certifica la coesistenza di due rette parallele senza alcun punto di incontro: le ordinanze dei sindaci anti 5G sono attive, il Decreto del Governo che estromette i sindaci dalla partita 5G anche.
La confusione è iniziata ben prima della pubblicazione in Gazzetta (a metà luglio) del decreto voluto da Giuseppe Conte e i ricorsi esercitati dai comuni vede sempre questi ultimi soccombere: a Messina ha vinto Vodafone, a Vicenza Wind, al parco Albanese di Mestre la torre del 5G svetta in barba al tentativo comunale di tirarla giù.
E proprio perché nelle aule di giustizia la spuntano i gestori e soccombono sindaci e comuni, l’Avvocatura dello Stato suggerisce ai primi cittadini non solo molta prudenza, quanto piuttosto molta tempestività nello smontare le ordinanze e “agire in autotutela” per non dover pagare un conto finale salato, molto salato.
Ma qui finiscono i punti fermi e ricominciano le sabbie mobili, perché nella disputa 5G sì – 5G no, i sindaci ribelli, cacciati dalla porta, potrebbero rientrare dalla finestra con un carico di rabbia in più e con una capacità di presa sul territorio molto più pericolosa di quella fino ad ora esibita.
La ragione di tale affermazione è banale: Il Decreto Semplificazione ha ricondotto le decisioni sulle reti 5G in un’unica sede, quella governativa, ma non ha sottratto ai sindaci la responsabilità penale, civile, amministrativa per le conseguenze di ordine sanitario che dovessero manifestarsi (attenzione: a breve, medio e lungo termine) nella popolazione residente nel territorio comunale derivanti dalla infrastruttura 5G.
Spetta infatti al sindaco il compito di esercitare l’autorità sanitaria locale e, in ossequio al principio di precauzione sancito dal diritto comunitario (art. 3‐ter del D. L. 152/2006), il compito anche di assumere ogni misura e cautela volte a ridurre significativamente ed eliminare l’inquinamento elettromagnetico, le emissioni prodotte e i rischi per la salute della popolazione.
Il contenzioso che a settembre si manifesterà rischia di avere una coda pericolosa, perché sposterà il baricentro del confronto dalla sede politica e amministrativa a quella scientifica, tirando per la giacca università, laboratori e centri di ricerca, avviando così un dibattito pericoloso al termine del quale ci sarà bisogno di mettere un altro super-commissario modello Arcuri alla testa di un Comitato tecnico scientifica per dirimere la faccenda.
Il contesto delle evidenze scientifiche in materia non è ancora stabilizzato, ma c’è ed è tutt’altro che pacifico.
Molti studi (sperimentali) recentissimi e meno recenti dimostrano che l’esposizione a onde millimetriche può alterare l’espressione genica (citiamo gli studi di Habauzit nel 2014 e di Le Quement nello stesso anno, ma anche di Soubere due anni dopo, nel 2016). Le onde possono alterare l’espressione proteica nella cute umana (Karinen 2008) stimolare la proliferazione cellulare (Szabo, con tre studi a partire dal 2001 fino al 2014), e anche alterare le funzioni della membrane citoplasmatica (Le Pogam, lo scorso anno). La stessa letteratura sperimentale chiama in causa i sistemi neuro-muscolari e la sintesi di proteine coinvolte in processi infiammatori e immunologici (Sypniewska) ed è da questo specifico angolo di visuale che sono nate tutte le “leggende” del ruolo del 5G rispetto all’epidemia in corso.
Noi non siamo Arcuri e non abbiamo autorità alcuna in materia. Ma osserviamo che per la pubblica opinione la riconosciuta presenza di effetti negativi dell’esposizione a onde millimetriche su cellule umane è argomento di gran presa e potrebbe riversarsi sul 5G con un effetto interdittivo ben superiore a quello espresso nelle ordinanze dei 300 sindaci e passa che finora si sono messi di traverso e che a settembre hanno promesso una offensiva senza esclusione di colpi.
Qualcuno di questi sindaci si ritrarrà in silenzio, stretto tra il consiglio dell’Avvocatura di Stato e la ragion politica dell’appartenenza: è il caso dei sindaci pentastellati con in testa il primo cittadino di Chioggia, Alessandro Ferro. Altri sindaci hanno rinviato la decisione a dopo le ferie in attesa della nuova classificazione della cancerogenesi annunciata dall’International Agency for Research on Cancer, che metterà al centro delle proprie misure il principio precauzionale sancito dall’Unione Europea: quindi dati scientifici aggiornati, indipendenza dall’industria e impatto delle radiofrequenze per la salute dell’uomo.
Forse l’idea di spazzare via un confronto complessivo sul 5G porterà alla scelta di concentrare l’attenzione sui profili di salute pubblica e non è detto che questa possibile conseguenza sia meno pericolosa dell’intervento a gamba tesa dei primi cittadini sul campo del 5G.
I livelli tipici di campo magnetico generato da alcuni elettrodomestici di uso comune, per quanto elevati, non hanno mai mortificato la loro vendita negli scaffali. E se un asciugacapelli, a 3 centimetri di distanza, genera un campo come 100 tv a colori (alla stessa distanza) o 100 pc, non per questo le signore hanno rinunciato alla messa in piega da acchiappo.
Può succedere che a settembre il dibattito “sanitario” sul 5G non sposti di molto le programmazioni operative delle telefoniche. Ma può succedere anche il contrario.