
Sono venti anni che il progetto SDSS, Sloan Digital Sky Survey, (https://www.sdss.org/press-releases/wp-content/uploads/2020/07/SDSS%20Legacy.mp4) finanziato dalla Sloan Foundation è attivo. Gli ultimi cinque sono stati dedicati allo eBOSS, le cui osservazioni, approfondimenti e interpretazioni cosmologiche sono stati resi pubblici il 20 luglio scorso. Vale veramente la pena dedicare 4 minuti e 40 secondi per seguire il video che presenta i risultati come animazione grafica. Puro fascino. Il bello inizia dopo il nero che completa i primi 30 secondi. (https://www.youtube.com/watch?v=KJJXbcf8kxA&feature=youtu.be). Rappresenta la più accurata mappatura tridimensionale del nostro universo, la più accurata ricostruzione della storia di 11 miliardi di anni del nostro universo, (l’ottanta par cento circa del totale) disponibile ad oggi.
eBOSS ha riempito un grande vuoto. Conosciamo ragionevolmente bene la storia antica dell’universo, così come la sua espansione più recente. Il periodo fra i due, circa 11 miliardi di anni, era molto lacunoso. Non più grazie a eBOSS, che ha svolto misure dettagliate su più di un milione di galassie e di quasars (i quasar sono galassie che si ritiene siano nella fase iniziale dell’evoluzione con un nucleo brillantissimo e intensa emissione radio). eBOSS è un acronimo che sta per extended Baryon Oscillation Spectroscopic Survey. Non scendiamo in dettagli troppo tecnici. Basti sapere che si tratta di una particolare metodologia di osservazione, anzi di ascolto, per mappare la distribuzione di galassie e quasar. Ho mentito. Per andare avanti, occorre scendere in maggiore dettaglio. Prendete fiato e seguitemi.
L’universo presenta regioni piene di grappoli di galassie (clusters) e altre vuote, senza galassie: è il risultato della propagazione di onde sonore, di “fluttuazioni” che si sono diffuse nell’universo primordiale a seguito del Big Bang. Immaginate le increspature, le onde, sulla superfice di uno stagno dopo che avete lanciato una grossa pietra e avete una immagine del tutto. Potenza degli occhi della mente… Le “fluttuazioni” di cui sopra hanno impresso degli “schemi” (patterns) sulla radiazione elettromagnetica nella regione delle microonde che permea l’universo, anche denominata radiazione cosmica di fondo. Come fosse una debole luce di fondo lasciata dal Big Bang a illuminare l’universo. Gli “schemi” di cui sopra prendono il nome di “oscillazioni acustiche barioniche” (i barioni sono particelle sub-atomiche, fanno parte della famiglia degli adroni e sono soggetti alla forza nucleare forte), spiegano il modo in cui le galassie sono distribuite e possono aiutare a individuare l’origine dell’accelerazione cosmica e testare diverse teorie dell’energia oscura. Qui comincia il bello.
Altro grosso respiro e siete pronti.
Breve narrazione. Nei primi istanti dopo il Big Bang cominciarono a formarsi i mattoni delle materia, quark ed elettroni con cui tutto è fatto, noi compresi. Pochi istanti di secondo più tardi, i quark si aggregano per formare protoni e neutroni. Ancora un paio di minuti e protoni e neutroni si combinano per formare i nuclei e con essi il primo atomo. I quark hanno massa, quindi anche tutte le altre particelle elencate. Il che significa che dopo 10 elevato alla meno 43 secondi, ovvero cento milionesimi di miliardesimi di miliardesimi di miliardesimi di miliardesimi di secondo dal Big Bang, (questo è l’istante di creazione dei quark cui si accennava poc’anzi), la forza di gravità iniziò ad agire. Si tratta di una forza di attrazione che si esercita su qualunque oggetto dotato di non importa quale massa. La conseguenza dell’attrazione è di rallentare l’espansione. Quindi dal Big Bang in poi l’espansione dell’universo avrebbe dovuto rallentare in modo continuo. Giusto? Sbagliato. O meglio giusto per circa 6 miliardi di anni, quando accade qualcosa e non sappiamo cosa, che da’ nuovo impulso all’espansione, accelerandola in modo continuo. Accelerazione che continua ancora oggi, facilmente osservabile misurando lo spostamento verso il rosso della luce emessa dagli oggetti celesti.
Ci siete ancora?
Promesso: quello che segue è l’ultimo approfondimento tecnico. eBOSS utilizza una strumentazione semplice. Due spettrografi, due telecamere, che “vedono” uno la componente rossa e l’altro quella blu della luce che viene dallo spazio. Può così essere misurato lo spostamento verso il rosso della luce che proviene da galassie distanti (quando un oggetto si allontana da un punto fisso, la lunghezza d’onda di qualsiasi luce che emette si allunga e diventa più rossa), quindi la loro velocità e accelerazione. La luce blu serve per osservare l’emissione delle quasar, galassie più giovani e dunque più lontane.
Domanda: cosa ha invertito la dinamica, da contrazione a espansione? Una delle ipotesi è che l’espansione e sua accelerazione continua sia dovuta a un invisibile e misterioso componente dell’universo, chiamato “Energia oscura” (c’è anche la materia oscura, ma non ne parliamo qui: siete già sufficientemente provati).
Vero che la teoria generale della relatività di Einstein la contempla, ma non si riesce a riconciliare con la nostra comprensione attuale della fisica delle particelle. Insomma, trattasi di mistero -oscuro assai- da risolvere.
Il progetto eBOSS ha fra i suoi obiettivi scientifici cercare di capire cosa sia accaduto sei miliardi di anni fa affrontando molte domande. Com’è avvenuta la transizione da decelerazione ad accelerazione dell’espansione dell’universo? È consistente con le attuali teorie sull’energia oscura? Com’è andata evolvendo la struttura dell’universo? Ci sono evidenze di possibile violazioni della teoria della relatività generale?
Interessante sottolineare come le osservazioni e i dati di eBOSS, i più accurati che coprono l’arco di tempo più lungo, hanno confermato che l’universo è piatto, non sferico come in tanti pensano. Poveri terrapiattisti. Potevano affermare che l’universo è piatto, avendo ragione, invece di limitarsi alla Terra dicendo enorme castroneria. Mancanza di ambizione.
eBOSS ha anche proceduto all’accurata misura del rateo di espansione dell’universo, conosciuto come costante di Hubble, nell’intervallo temporale studiato, ovvero da 3 a 11 miliardi di anni fa. Ha registrato una discrepanza del valore della costante di Hubble -68 invece di 74- pari al 10 percento in meno rispetto a quanto si ottiene utilizzando le galassie vicine.. Inutile dire che non è disponibile una spiegazione condivisa del perché di tale discrepanza, ma una eccitante possibilità è che sia causata da una forma di materia o di energia non ancora conosciuta, presente nell’universo primordiale le cui tracce sono rilevabili ancora oggi.
Vedremo se i prossimi venti anni dello Sloan Digital Sky Survey risolveranno molti dei questiti aperti oppure, come spesso accade con la ricerca scientifica, saranno più le domande nuove di quelle che troveranno risposta.
È il bello della ricerca…