
L’occasione è stata offerta dai dibattiti conseguenti alla recente proposta di proroga di ulteriori sei mesi dello stato di emergenza per il virus.
La continuazione di una condizione che consenta al Governo italiano di assumere decisioni relative all’epidemia saltando i controlli parlamentari ha inevitabilmente aumentato i contrasti tra i favorevoli e i contrari.
Se esistano i presupposti di allarme per dilazionare una legislazione che privilegi la sicurezza sulle libertà individuali lo valuterà in primis il Parlamento ma un controllo di legittimità lo farà pure la Corte Costituzionale e chissà se non ribadirà quelle caratteristiche di provvisorietà che deve avere l’emergenza, già più volte evidenziate.
I toni dei social sono di sfida e i sostenitori della perpetuazione dell’emergenza convinti che il pericolo sussista citano Trump e Bolsonaro quali esempi negativi della gestione dell’epidemia e preconizzano nel nostro Paese analoghe drammatiche conseguenze qualora venissero allentate misure che al momento più del virus pare contrastino soprattutto la ripresa dell’economia.
Parliamo però dei numeri anzichè di sensazioni o ancor peggio di antipatie o simpatie.
Il Brasile di Bolsonaro, con i suoi 200 milioni di abitanti e con un sistema sanitario non certo paragonabile a quello italiano, conta al momento 70.000 decessi da Covid. È additato come il peggiore esempio di gestione ma per raggiungere l’Italia, 60 milioni di abitanti e 35 mila decessi, speriamo vivamente non debba contare le ulteriori 40 mila vittime mancanti nella proporzione.
Negli Stati Uniti, 360 milioni di abitanti e 135 mila vittime da covid aggiornate al 12 luglio, la tanto deprecata organizzazione sanitaria che lascia per strada i malati ha determinato una situazione ancor più favorevole, nell’imbarazzante confronto con l’Italia.
Considerando la popolazione sei volte maggiore a quella italiana, in questo caso per raggiungerci, in una cinica quanto sperabilmente ipotetica rincorsa, ci vorranno ancora 75 mila decessi, sempre stando ad un bieco calcolo matematico.
I casi sono due: o le sanità di quei Paesi – che di fronte ad un alto numero di contagi hanno limitato i decessi – funzionano meglio della nostra oppure le stategie attuate dai rispettivi Presidenti non sono così deprecabili come si vuol far vedere.
Speriamo che qualche onesto dibattito televisivo evidenzi questi numeri anziché continuare a discutere degli insuccessi del contrasto al virus solo perché associati a politiche considerate sovraniste.