SALUTE

OMS, una ristrutturazione necessaria e nell’interesse di tutti

Luglio 2020 ed il mondo non sembra ancora capace di uscire dalla pandemia. OMS, un’organizzazione creata precisamente per prevenire una situazione del genere. Ovviamente qualcosa non ha funzionato.

Chi non ha mai sperimentato l’overload da notizia? L’offuscarsi della verità col passare del tempo che la vede vittima degli incessanti bombardamenti di fake news, a mano di entità la cui guerra giornaliera detta un bollettino di azione apparentemente semplice. Dirigere la coscienza collettiva in direzioni prestabilite che supportino “la causa”, manovrando l’informazione.

La recente consacrazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ad istituzione al di sopra di ogni sospetto a mano di certa stampa, lascia stupiti in quanto indice del fatto che la guerra cui accennavamo ha cancellato – ahimè, in appena cinque mesi – tutta una serie di avvenimenti allarmanti, trattati in maniera accurata dai media in tutto il mondo. Compreso Infosec.news, dove si possono leggere i contributi di Andrea Aparo e di Manuel Di Casoli.

La nostra intenzione è di ripescare nella memoria, e riportare i fatti alla superficie nella loro integrità, per il beneficio del lettore.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità, in inglese World Health Organization (WHO) è un istituto specializzato per la salute parte dell’ONU fondato il 22 luglio 1946 ed entrato in vigore il 7 aprile 1948 con sede a Ginevra.
Il sito dell’OMS ne riporta senza possibilità di dubbio gli obbiettivi, tra i quali (ed il nome stesso ne dà uno scontato preavviso)  quello principale che è “il raggiungimento da parte di tutte le popolazioni del livello più alto possibile di salute”, definito nella medesima costituzione come condizione di completo benessere fisico, mentale e sociale.

Vista la situazione di pandemia globale in cui il pianeta versa in questo momento, siamo convinti si possa affermare senza dubbio di sorta, che qualcosa, all’interno dell’organizzazione è andato storto.

La chiave di soluzione del mistero (come accennavamo già trattata abbondantemente dalla stampa e i media in maniera bi-partigiana) giace nell’esaminare la figura del suo leader Tedros Adhanom Ghebreyesus, i suoi stretti legami con la Cina, la copertura dell’inizio della pandemia da parte di Pechino, e la reticenza dell’OMS a divulgarne la notizia.

L’OMS, misteriosamente, ma il mistero apparirà più chiaro al lettore andando avanti nell’articolo, dichiarò la pandemia quasi a metà marzo, ed ammise la possibilità di trasmissione del virus da umano-ad umano il 22 di gennaio-solo in seguito alla pubblicazione della notizia da parte della Cina.

Misteriosamente perché’ Hong Kong e Taiwan avevano già avvertito l’organizzazione del sospetto che il contagio umano fosse già in corso, il 4 di gennaio. Diciassette giorni di ritardo quindi. Diciassette giorni che avrebbero senza dubbio potuto cambiare le sorti del pianeta.

Secondo uno dei numerosi studi sulla pandemia, “se l’intervento in Cina fosse iniziato una, due o tre settimane prima, i casi di contagio avrebbero potuto essere ridotti del 66, 86 e 95 per cento rispettivamente”.

Hong Kong e Taiwan, paesi accomunati dall’alta diffidenza verso la politica ipocrita e poco trasparente di Pechino, diffidenza di SARsiana memoria (nel 2003 il mondo apprese dell’epidemia quando SARS cominciò ad espandersi fuori dalla Cina e divenne impossibile per Pechino, continuare a negarne l’esistenza) decisero di non prestare attenzione ai “tutto va bene” di Cina e OMS sin dall’inizio. Distribuirono infatti mascherine quando l’OMS ne sconsigliava l’uso (a dispetto dell’evidenza sulla loro efficacia di cui oggi siamo perfettamente al corrente), ignorando la posizione dell’OMS che chiudere le frontiere fosse un sistema inefficace di combattere Covid19, limitando quindi l’accesso ai viaggiatori già dall’inizio di gennaio e applicando screening medico a tappeto.

Taiwan iniziò i controlli medici ai passeggeri provenienti da Wuhan già dal 31 Dicembre, avendo avuto la notizia che una “strana polmonite” girava per la Cina. Risultato? Paradossalmente il Paese, che non figura sulla lista dei membri dell’OMS ed a dispetto della sua prossimità e frequenza di voli di collegamento con la Cina, è tra i pochi che hanno efficacemente controllato il virus sin dall’inizio. 

Ad oggi i casi confermati in Taiwan sono 451, 438 guariti con 7 decessi, per una popolazione che si aggira sui 24 milioni.

Simile situazione per Hong Kong, con una popolazione di circa 7 milioni e mezzo, 1,404 casi confermati, 1,187 guariti e 7 decessi.

Ma quali sono i legami tra la attuale leadership dell’OMS e Pechino?

La relazione tra Pechino ed il ricercatore sanitario etiope Tedros, (come accennavamo, attuale direttore generale dell’OMS), iniziava diversi anni fa, quando in veste di ministro della salute in Etiopia lavorò a stretto contatto con la Cina, instaurando una relazione tanto stretta col regime comunista, che Pechino finì per supportare la sua elezione a capo dell’OMS nel 2017.

La documentata matrice comunista del ricercatore etiope, a dispetto del suo stipendio di 260,000 dollari all’anno esentasse, rappresenta con probabilità uno dei fattori che ne facilitarono la simbiosi col regime di Pechino.

Tedros conquistò la posizione, nonostante le accuse di copertura di ben tre epidemie di colera in Etiopia, durante la sua presidenza.

Nell’ottobre del 2017, tentò di eleggere Robert Mugabe-ex dittatore dello Zimbabwe, noto violatore dei diritti umani – come “goodwill ambassador” (ambasciatore di buona volontà) per l’OMS; elezione che andò a male in seguito alle dure proteste nell’ambito internazionale.

La giornalista Rebecca Myers del “Sunday Times” inglese, riporta in un suo articolo dell’ottobre del 2017 che “La tentata elezione di Mugabe da parte di Tedros, secondo fonti diplomatiche, costituiva la ricompensa politica che Tedros intendeva pagare alla Cina per l’appoggio alla sua elezione a direttore dell’OMS. Mugabe era infatti un alleato di vecchia data del regime di Pechino.”

Ma la più catastrofica materializzazione della lealtà di Tedros al regime Cinese, ebbe purtroppo a manifestarsi durante i primi giorni dell’esplosione della pandemia nella città di Wuhan.

Veniamo ai fatti:

Dicembre 2019.  Il “The Times”, riportava in un articolo del primo marzo che le autorità cinesi forzarono gli scienziati che avevano scoperto il virus durante il mese di dicembre, a distruggerne le prove.
Pechino aveva anche duramente punito i medici cinesi che avevano tentato di avvisare il pubblico nelle fasi iniziali della pandemia e soppresso la divulgazione online di informazioni vitali riguardanti il virus.

31 dicembre. L’ufficio Cinese dell’OMS fu informato di casi di polmonite di origine sconosciuta a Wuhan. Il 3 gennaio 44 casi furono riportati. Nel suo sito, l’OMS dichiarava di non raccomandare alcuna limitazione di viaggio o restrizione di commercio con il Paese. Inoltre non si consigliava l’uso di alcuna precauzione per i viaggiatori diretti alla zona.

4 gennaio 2020. Il ministero della salute di Hong Kong annunciava pubblicamente che i suoi contatti a Wuhan riportavano la trasmissione del virus da umano ad umano.

14 gennaio. Un Tweet dell’OMS dichiara che “Investigazioni preliminari condotte dalle autorità cinesi non hanno riscontrato chiara evidenza di trasmissione da umano ad umano del novel coronavirus (2019-nCoV) identificato in # Wuhan #Cina”.  La dichiarazione si dimostrò più tardi falsa e smentita dalla stessa OMS.
Secondo dati prodotti dal CDC (Center for Desease Control) statunitense, il giorno dopo, il 15 gennaio, il primo paziente registrato affetto da coronavirus arrivò negli USA, da Wuhan.

22 gennaio. Si stima che 7 milioni di persone partirono da Wuhan in gennaio, diffondendo il virus in Cina e nel resto del mondo, prima che la Cina mettesse in atto le restrizioni di viaggio per Wuhan, entrate in effetto il 22 gennaio. Le conseguenze di tale ritardo sono tristemente note.

30 gennaio. Al ritorno da un viaggio a Pechino, Tedros si complimentò con il governo cinese per rappresentare un esempio da seguire nel mondo per la sua esemplare capacità di gestione della crisi pandemica “La Cina sta stabilendo nuovi standards per la risposta alla crisi” le sue esatte parole.

11 marzo. L’OMS dichiara finalmente una pandemia dichiarando la alta probabilità della diffusione globale del virus.

6 Aprile. Pochi giorni dopo la pubblicazione della raccomandazione del CDC a tutti gli americani di indossare le maschere come misura di prevenzione, l’OMS dichiarava che “Non è necessario per i non malati indossare maschere per prevenire la diffusione del virus”. L’organizzazione modificherà questa presa di posizione varie volte nei mesi successivi.

Cosa avrebbe potuto fare l’OMS per prevenire la Pandemia?
Quando la Cina implementò le restrizioni interne di viaggio a Wuhan, l’OMS avrebbe potuto avvisare il mondo che una situazione allarmante e potenzialmente pericolosa si stava sviluppando. Non lo fece.

La Cina non consentì investigazioni indipendenti a Wuhan, probabilmente per paura che i risultati potessero danneggiare ulteriormente l’immagine pubblica del regime. Tale presa di posizione avrebbe dovuto quantomeno allarmare l’OMS alla luce del fatto che il  fine principale della sua esistenza è ” il raggiungimento da parte di tutte le popolazioni del livello più alto possibile di salute”. Non lo fece.

L’OMS avrebbe dovuto diffondere la notizia di una pandemia in atto sin dai primi segni del pericolo. Aspettò invece quasi la metà di marzo per annunciare la pandemia, quando già 114 Paesi riportavano casi di covid19 con più di 4,000 decessi.

Un’OMS responsabile non si sarebbe complimentata ripetutamente con la Cina per la sua maniera di gestire la pandemia, quando era perfettamente al corrente del “cover up” in corso, a discapito del resto del mondo.

L’OMS sembra ricordarsi dei suoi principi di protezione della salute mondiale, solo quando questi appaiono allineati con gli interessi della Cina. Un esempio? Quando Trump, ripetutamente definiva pubblicamente il covid19 “il virus cinese”, l’OMS raccomandava di evitare termini che affiancassero il covid19 alla Cina o alla città di Wuhan per evitarne la stigmatizzazione.

Di per sé visto il manifesto dell’organizzazione, tale affermazione non sembra né inusuale né tantomeno discriminante.
Se invece si richiama alla memoria il silenzio dell’OMS quando ufficiali governativi cinesi dichiarano covid19 un’operazione della CIA e lo definiscono “il virus americano”, si ha la netta sensazione della fastidiosa presenza di un sistema a “due pesi e multiple misure”.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità è un organismo che riteniamo cruciale per la prosperità e la salute del genere umano. Per anni ha funzionato seguendo i propositi per la quale è stata creata.

Purtroppo, ha palesemente dimostrato durante questa pandemia, l’inabilità di conciliare l’interesse pubblico con quello privato della sua leadership.
Che il gesto di Donald Trump di uscire dall’organizzazione rappresenti una “bandiera rossa” elevata ai fini di evidenziarne le chiare falle sotto la presente struttura manageriale, appare ancora da dimostrare ed i mesi che seguono potrebbero essere decisivi ai fini di verificare l’efficacia dell’iniziativa americana.

Riteniamo quindi che un riallineamento della leadership con i necessari cambi al vertice e l’adozione di misure che ne assicurino la futura indipendenza da agenti politici o di interesse economico ai fini di un’operazione trasparente e nell’esclusivo interesse della salute della comunità globale, sia necessario.

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