
Dall’inizio dei tempi conviviamo con la primordiale curiosità che vi possa essere qualcosa, o qualcuno, al di là dei nostri confini. Un’eventualità adocchiata con estrema gioia non solo dai complottisti, ma, ammettiamolo, da un po’ tutti noi… Rimaniamo negli articoli della serie: fenomeni fantascientifici potenzialmente reali. A differenza dell’articolo precedente sugli universi paralleli, questa volta l’attendibilità cresce, non ci troviamo nel range della fake news e possiamo quindi trarre un sospiro di sollievo. Forse però l’indeterminatezza dei calcoli probabilistici alla base di tali ipotesi potrebbero far storcere leggermente il naso.
Siamo un unicum? Secondo uno studio pubblicato sull’Astrophysical Journal non proprio. Civiltà extraterrestri effettivamente capaci di comunicare entro i confini della Via Lattea potrebbero rientrare nell’ordine delle decine.
Nel caso in cui vi dovesse essere qualcuno lì fuori, quanti sarebbero? Potremmo comunicare con loro, e viceversa? E se possibile, perché non è avvenuto ancora tale incontro? Dei quesiti piuttosto complessi a cui non è affatto semplice dare una risposta secca e sicura. La Via Lattea conta miliardi di stelle a cui fanno riferimento un numero ancora più grande di pianeti. Spesso si pensa che in tutta questa molteplicità sia quasi inevitabile la presenza di un caso simile a quello terrestre… però dipende da come si considera in sé il manifestarsi della vita e la conseguente nascita di intelligenze, se come caso fortuito che trae origine da condizioni iniziali altrettanto fortuite, convergenze astrali, o come fenomeno sistematico a cui, se facciamo riferimento alla Terra, andranno in contro moltissimi pianeti dopo circa 4-5 miliardi di anni.
Vi sono più ipotesi ed ognuna si porta dietro un numero diverso di ipotetici vicini intelligenti che stranamente rimane sempre piuttosto contenuto. Queste fanno capo all’Equazione di Drake:
N = R* x fp x ne x fl x fi x fc x L
Come si vede non è una formula chissà quanto elaborata, è composta da semplici moltiplicazioni, tantomeno i fattori che andremo a mostrare risultano avere una attendibilità universalmente riconosciuta. Ciononostante risulta estremamente affascinante per il tentativo di inglobare molteplici variabili del caso, anche di difficile interpretazione scientifica…
N, l’obiettivo, ovvero il numero di civiltà extraterrestri presenti attualmente nella nostra galassia in grado di comunicare. Definiti col termine CETI, Communicating Extra-Terrestrial Intelligent civilizations, rappresentano le potenziali civiltà intelligenti e comunicanti.
R* è il tasso medio annuo di formazione di nuove stelle nella Via Lattea, generalmente al di sotto di 7. Naturalmente non tutte le stelle presentano un sistema planetario proprio, quindi fp è la frazione di stelle che possiedono pianeti. Le stelle più grandi bruciano più velocemente e, morendo prima, potrebbero non lasciare sufficiente tempo alla formazione di vita. ne è il numero medio di pianeti per sistema planetario in grado di ospitare la vita mentre fl è la frazione dei pianeti ne su cui si è effettivamente sviluppata. fi è la frazione dei pianeti ancora più piccola su cui si è formata vita intelligente e fc la frazione di civiltà extraterrestri che è riuscita a sviluppare metodi di comunicazione come le onde radio. Avendo scoperto la strumentazione radio da meno di due secoli noi specie umana rientriamo in quest’ultima categoria da un lasso di tempo veramente irrisorio…poco più di 100 anni. Infine L, la durata media della fase comunicativa di ognuna di queste civiltà, un parametro che si presta a varie interpretazioni e che oscilla tra le centinaia di anni e le decine di migliaia di anni.
Ultimamente ha fatto scalpore la teoria di due scienziati, Tom Westby e Christopher J. Conselice, pubblicato sull’ Astrophysical Journal dal titolo The Astrobiological Copernican Weak and Strong Limits for Intelligent Life, con la quale ipotizzano due scenari diversi per la formazione di CETI. A seguito di studi inerenti la formazione stellare, la distribuzione di elementi metallici e la probabilità che certe stelle ospitino pianeti simili alla Terra, sono giunti a queste conclusioni:
Il primo scenario, o condizione debole, “weak”, prevede la formazione di vita intelligente ovunque le condizioni lo possano permettere. Parliamo di pianeti rocciosi situati nella zona abitabile di una stella dalla giusta età e dalla giusta distribuzione di elementi metallici per la cui intera durata di vita la civiltà dovrebbe rimanere attiva. Uno scenario più generoso che prevede tra le 100 e le 3.000 civiltà e decine di miliardi di habitat potenziali.
Il secondo scenario, o condizione forte, “strong”, ricalca quanto accaduto per la Terra. Prevede che si formino tra i 4,5 e i 5,5 miliardi di anni dopo la nascita della stella. Questa restrizione porta i conti ad un modesto quantitativo di ipotetici vicini… tra le 4 e le 211 civiltà, 36 in media quelle a probabile distanza minima di 17.000 anni luce. Questo è ciò che preoccupa… le distanze siderali sono tali da rendere del tutto vano ogni tentativo di comunicazione, almeno per le nostre capacità attuali. Le onde radio, a meno che non vengano attenuate, si propagano al massimo alla velocità della luce quindi, lanciato il segnale, dovremmo aspettare per un abnorme lasso di tempo, ben 17.000 mila anni.
Quindi, “Paradosso di Fermi” a parte, se ci fosse qualcuno là fuori, in ogni caso non ne verremo a conoscenza in breve tempo.