
Ha fatto capolino tra i mezzi di informazione, da ormai qualche mese, la stravolgente – ma anche sfortunatamente fake – news riguardante nientepopodimeno che… l’esistenza di universi paralleli.
Bisogna precisare però che, a dispetto di quanto è circolato, sebbene la figura della NASA sia stata associata alla questione con estrema nonchalance, quest’ultima non avrebbe affermato o ipotizzato alcunché al riguardo. Si è trattato, insomma, di un focolaio temporaneo divampato per mano della disinformazione.
L’euforia al riguardo è sacrosanta (chi non rimarrebbe estasiato dall’idea di un universo parallelo, dopotutto?) ma così come un nonnulla potrebbe trasformarla in diffusione di notizie errate, altrettanto esiguo sarebbe lo sforzo necessario per informarsi e porre una luce chiarificatrice sul tema.
Dunque rettifico: parliamo di “improbabili” universi paralleli.
Come è sorta la notizia? Un ormai noto esperimento si sta portando avanti nelle lande ghiacciate del Polo Sud: il progetto ANITA, acronimo per Antarctic Impulsive Transient Antenna (Antenna transiente ad impulsi dell’Antartico). Come suggerisce il nome, l’esperimento si affida ad una antenna, dal peso di qualche tonnellata, posta ad un’altezza di circa 37 km grazie ad un pallone aerostatico riempito di elio della NASA. Qual è la sua funzione? Il compito è quello di captare, facendo uso del ghiaccio sottostante, piccoli impulsi radio provenienti da piogge di particelle, presenti nell’atmosfera, originate dalla collisione di particelle altamente cariche con atomi della nostra atmosfera. ANITA si occupa principalmente di neutrini, particelle altamente sfuggenti, la cui probabilità di colpire la Terra è incredibilmente ridotta, se non quasi improbabile. Secondo alcuni studi, infatti, per avere il 50% di probabilità di riuscire a catturarne uno, senza che questo sfugga, avremmo bisogno di un muro di piombo lungo un intero anno luce. Tali misurazioni ci permettono di dedurre varie informazioni: provenienza dei raggi cosmici, energia e in generale una ricostruzione ipotetica di come la particella sia nata (buchi neri, quazar, supernove etc…).
La difficoltà che si cela dietro questi avvistamenti fa sì che vengano condotte rilevazioni di fatto indirette… parliamo di particelle che si muovono ad una velocità superiore a quella della luce in un mezzo e che, nel momento in cui interagiscono con esso, tendono ad emettere un cono di luce o cariche elettriche (se altamente energetiche). Qui entra in gioco il ghiaccio; la luce nel ghiaccio si muove di velocità inferiore, ¾ di quella nel vuoto, e, laddove vi dovesse essere interazione tra particella e mezzo, allora emetterebbe un cono di luce di più semplice rilevazione. Il cono di luce viene catturato e studiato da un altro esperimento sotto lo strato ghiacciato, ovvero Ice Cube. ANITA invece entra in funzione nel caso di neutrini particolarmente energetici che vanno a rilasciare particelle cariche che, a sua volta, risuonando nel ghiaccio e attraverso il campo magnetico terrestre, danno vita ad onde radio interpretabili dall’antenna.
Nel caso in questione è stato rilevato da ANITA un segnale proveniente, non da neutrini sotto la crosta di ghiaccio, ma da un raggio cosmico di natura sconosciuta ad energia elevatissima, circa trentamila volte superiore alla particella più energetica del CERN di Ginevra, a sua volta rilevato attraverso la cascata di particelle secondarie da Ice Cube.
Le due rilevazioni sono però entrate in disaccordo e per far fronte a questa anomalia gli scienziati hanno provato a motivare l’accaduto con ipotesi non propriamente “canoniche”, ovvero fuori dal cosiddetto “modello standard”. Prima è stato ipotizzata la presenza di particelle più sfuggenti, poi le attenzioni sono state rivolte a possibili neutrini a simmetria opposta, a cui in gergo tecnico ci si riferisce con la sigla CPT symmetric universe già presentata nel 2018. Questa concezione di neutrini “standard”, definiti “mancini”, leggerissimi, e neutrini “destri”, molto pesanti, a simmetria opposta, ha ripreso inaspettatamente vita con un articolo pubblicato verso metà aprile. Alla base di questa bufala vi sarebbe il fraintendimento della sigla CPT symmetric universe e la conseguente errata interpretazione e divulgazione di una teoria, infondata, sugli universi paralleli.
La velocità con cui la fake news è divampata risulta assai sconvolgente e dimostra la facilità con cui possono scaturire fraintendimenti e disinformazione. Sia la NASA che l’università delle Hawaii si sono prontamente dissociate tramite comunicati stampa preferendo non dare adito a queste news infondate.
Dovremmo quindi rimandare l’euforia per questa chimera fantascientifica e riporla invece nei traguardi più concreti che costelleranno, si auspica, l’attività spaziale umana negli anni avvenire.