
Diciamolo francamente, questa è la domanda che tutti si stanno ponendo oggi in Italia. Il nostro debito pubblico è schizzato in alto a causa del Covid-19; secondo una recente statistica del Fondo Monetario Internazionale il debito italiano salirà al 155,5% nel 2020 , dal 134,85% del 2019. A dire il vero non siamo i soli che vedono crescere a dismisura il deficit Statale; sempre da statistiche del FMI apprendiamo che gli USA vedranno salire il loro deficit dal 109% al 131,1%, la Grecia al 200,8%, il Giappone al 251,9%. Anche altri Paesi dell’area euro prevedono un notevole aumento del loro debito pubblico:i dati della Banca Centrale Europea ci dicono che il Portogallo supererà il 130% del Pil, la Francia e la Spagna raggiungeranno il 120%. Verrebbe da dire che siamo tutti messi male, ma in realtà vi sono differenze sostanziali tra una Nazione ed un’altra. È certo però che il tema della sostenibilità del debito è salito prepotentemente alla ribalta, e con esso le ricette per risolvere tale problema.
Diciamo subito che l’Italia pur avendo un debito così elevato non merita di essere messa sul banco dei somari; ogni anno da 27 anni abbiamo un avanzo primario positivo che se non fosse per gli interessi sul debito ci collocherebbe tra i Paesi più virtuosi. Occorre spiegare brevemente di cosa stiamo parlando e per farlo facciamo un esempio tratto da “Capire Davvero La Crisi”: “L’avanzo primario si ottiene quando la differenza fra le entrate e le uscite di uno Stato, senza contare gli interessi sul debito pubblico, è positiva. Però la presenza di un avanzo primario non è sufficiente a far diminuire il debito: se gli interessi pagati per finanziare il debito pubblico sono maggiori dell’avanzo primario, il debito pubblico aumenta. Scegliendo un anno a caso, il 2013, vediamo che il nostro Paese ha realizzato un avanzo primario di tutto rispetto, al livello della rigorosissima Germania. Le entrate dello Stato hanno infatti superato le uscite di 34,7 miliardi. Se però alla voce ‘spese’ aggiungiamo quanto l’Italia ha sborsato per pagare gli interessi del suo enorme debito pubblico, oltre 90 miliardi di euro, ecco che le spese complessive tornano a superare le entrate. Ed il debito pubblico continua a crescere.”
La relazione della Consob di qualche giorno fa, per bocca del suo presidente Paolo Savona, ha messo sul tappeto una strada percorribile per risolvere il problema del debito. A pagina 21 della relazione si legge che una via da seguire è quella della emissione di obbligazioni pubbliche irredimibili (consols), strumento tipico delle fasi belliche. Prosegue poi: “esse potrebbero riconoscere un tasso dell’interesse, esonerato fiscalmente, pari al massimo dell’inflazione del 2% che la BCE si è impegnata a non superare nel medio termine”. Ma non basta. Anche George Soros in una intervista al Sole 24 Ore ha affermato che poiché l’Europa è un’opera incompiuta, oggi sotto la pressione del debito dei suoi stati membri è più che mai a rischio; la soluzione anche per lui è l’emissione di Bond perpetui da parte della UE, che anche lui chiama Consols, titoli consolidati , usati per la prima volta dalla Gran Bretagna a partire dal 1751. Gli Stati Membri, afferma Soros, sarebbero tenuti a pagare solo gli interessi annuali molto bassi. Anche il Corriere della Sera ha riportato un’intervista molto interessante a Dominique- Strauss- Kahn, ex Capo del FMI, il quale all’interno di una lucida e precisa analisi della situazione economica europea ed italiana, suggerisce anch’egli che la via per uscire da una situazione di eccessivo debito è l’introduzione dei Consol Bond. Si legge: “Con la garanzia di una rendita perpetua a un interesse dello 0,5%, i Consol oggi potrebbero fornire, in una o più emissioni, i 2.000 miliardi necessari, a un costo annuale di 10 miliardi. E non vanno ad aggravare l’indebitamento, poiché i Consol non si rimborsano, ma assicurano le risorse necessarie ad affrontare il periodo eccezionale che stiamo vivendo oggi. I Consol sono tenuti a corrispondere gli interessi, e nient’altro”.
Siamo in territori che pochi mesi fa sarebbero stati definiti come “non convenzionali”, oppure attinenti a discussioni accademiche e didattiche. Ma cosa c’è di convenzionale in una pandemia? Molto poco. Ed è quindi giusto rispondere con strumenti monetari altrettanto non convenzionali. La caratura dei personaggi che propongono tali vie è fuori discussione e dunque cosa serve per attivarli? La volontà politica dell’Europa.
E qui si apre tutto un altro capitolo.