CITTADINI & UTENTI

Svizzeri svegliatevi! Prima gli svizzeri!

Il 7 Giugno 1970 il paese elvetico rifiutava il referendum razzista contro gli Italiani

Oggi in Svizzera è un giorno importante. Lo sarebbe anche in Italia, se la nostra memoria fosse integra e salda. Proprio il 7 di Giugno del 1970, I cittadini elvetici furono chiamati alle urne per votare una mozione contro l’Überfremdung, l‘“eccesso di stranieri“ o “Inforestierimento“ (sic!).

In Svizzera, gli stranieri siamo noi. «Nella seconda metà del secolo XIX inizia la prima ondata migratoria degli italiani in Svizzera. Nel 1860 se ne contano 10.000, nel 1900 117.059 e nel 1910 già 202.809. Lavorano principalmente alla nuova rete ferroviaria. Più di tre quarti provengono dal Piemonte, dalla Lombardia e dal Veneto; al centro-sud spetta soltanto la quota assai limitata dell’1%.», si legge su Wikipedia.

La popolazione emigrata italiana sale costantemente fino al 1975, quando si raggiunge il punto più alto e vengono registrati 573.085 nostri concittadini: quasi il 70% dell’intera popolazione straniera in Svizzera provengono dall’Italia.

Molti degli emigranti italiani negli anni ’60 e nei primi anni ’70 sono stagionali, il loro permesso di soggiorno è limitato a soli nove mesi rinnovabili all’occorrenza. Svolgono lavori umili nei cantieri edili, nelle fabbriche, nell’agricoltura, nella ristorazione e nel turismo.

Lo “stagionale”, il Gastarbeiter (lavoratore ospite) non è autorizzato a farsi raggiungere in Svizzera dalla famiglia, né tantomeno ha diritto alla libertà d’espressione. Soltanto dopo anni e a determinate condizioni i lavoratori stranieri ricevono il permesso di far venire la famiglia. Sono i genitori degli Schlüsselkinder, i bimbi con le chiavi, che vivono silenziosi e clandestini.

Tutto questo porterà Max Frisch nel 1965 a scrivere «Abbiamo chiamato braccia e sono arrivati uomini».

Herr Schwarzenbach. In questo contesto già non facile, ben raccontato in film come Pane e cioccolata o Lo Stagionale, il signor Schwarzenbach presenta la sua famigerata iniziativa. Ma chi è James Schwarzenbach?

Nasce vicino a Zurigo, nel 1911, da una famiglia di industriali tessili protestanti. All’inizio degli anni ‘30 si laurea in Storia e si converte, sia al Cattolicesimo che al Nazismo, partecipando con fervore alle attività del Fronte Nazionale (Svizzero).
Grazie alla sua casa editrice, la Thomas-Verlag AG, pubblica volumi antisemiti, nazisti e populisti.
Dal 1967 al 1979 siede al Consiglio Nazionale tra i rappresentanti del Canton Zurigo. Schwarzenbach era un intellettuale raffinato e aristocratico, è una figura interessante perché tutta la sua azione politica si è consumata nel trasformarsi nel primo esempio moderno di politico populista in Europa.

Buomberger, nel suo saggio del 2004, descrive l’ideologia di Schwarzenbach come d’avanguardia e lo dipinge come pioniere del populismo attuale, basato sull’antisemitismo, su un anti-comunismo viscerale e su teorie del complotto; una politica razzista, xenofoba e nazionalista: insomma, il creatore di una “ricetta” che verrà esportata al di fuori della Confederazione solo a partire dagli anni ’80 in Francia col Front National e solo successivamente in Italia e nel resto d’Europa.

Prima della sua dipartita, nel 1994, i suoi bersagli prediletti sono stati l’EFTA, la Comunità Europea e l’ONU. Il suo segretario, Ulrich Schlüer, oggi prosegue le sue politiche all’interno dell’SVP.

Sette giugno 1970. Come ricostruito mirabilmente da Vecchio in “Cacciateli!, Schwarzenbach crea a tavolino e cavalca un’ondata xenofoba fatta di “inforestierimento” e Ausländerkriminalität (criminalità straniera). Vecchio stesso ha dichiarato in un’intervista:

«I suoi slogan contro l’establishment o contro l’Europa sono gli stessi che sentiamo oggi. Giocano sul fatto che si deve difendere un’identità. Schwarzenbach voleva parlare a tutti, diceva di non essere un razzista ma affermava ‘prima gli svizzeri”»

Anche Francesco Macrì cresciuto nella Svizzera di quegli anni, nel suo blog, porta una riflessione interessante:

Come aveva fatto questo editore irregolare, un dandy ricco e colto, a stregare il popolo? Con pochi slogan mirati, modellati sulla percezione, perché in questo la destra è più brava della sinistra. Operai e artigiani cominciarono ad affollare i suoi comizi. Vociavano: «Gli italiani ci rubano i lavori migliori». «Insidiano le nostre figlie». «Occupano i posti letto negli ospedali». «Non sopportiamo più i loro rumori». Schwarzenbach aveva colto una nevrosi sociale e l’aveva esasperata, trasformandola in politica. Ai suoi, con astuzia diabolica, raccomandava prudenza: «Dobbiamo spiegare agli elettori che intendiamo proteggere i valori di fondo della nazione, non riproporci come gli alfieri del razzismo nordico». E più studiavo le sue parole d’ordine («non sono razzista, ma sono troppi»), […] e più mi sfilava davanti agli occhi l’Italia di oggi.”

Il suo referendum per porre un limite al Überfremdung, l’eccesso di stranieri, è stato votato esattamente 50 anni fa, il 7 Giugno 1970. Lo scopo era limitare la presenza di stranieri al 10%, la conseguenza sarebbe stata l’espulsione di più di 300’000 nostri concittadini. Il 75% degli aventi diritto ha votato e ben il 45% degli elettori era favorevole a questa deplorevole iniziativa. Nonostante la bocciatura, presentò due ulteriori iniziative contro l’inforestierimento nel 1974 e nel 1977, denunciando un “abisso tra vaste cerchie delle popolazione e molti esponenti del potere”. Per fortuna nessuna delle tre iniziative razziste di cui si era fatto promotore ebbe successo.

A far passare un’iniziativa popolare per limitare l’immigrazione riuscirà qualcun altro nel 2014, vent’anni dopo la morte di Schwarzenbach. Ma questa è un’altra triste storia.

Oggi i partiti xenofobi si chiamano “Lega dei Ticinesi” o Partito Popolare (SVP o UDC) e gli Italiani, soprattutto quelli del Nord, sono i “ratti” che vengono a rubarci il lavoro. In Svizzera si cerca di fare un lavoro di preservazione della memoria e i media ufficiali riportano riflessioni profonde sull’accaduto.

Da noi, invece, il silenzio è assordante.

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