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George Floyd, una riflessione per tutte le Polizie

In ogni istituzione è inevitabile che si annidino singoli individui violenti o criminali, ma la forza dell'organizzazione sta nell'individuarli ed espellerli

Le pagine più cruente della storia sono costellate di episodi, a volte intrisi di romanticismo, che narrano di uomini che hanno sacrificato la loro vita o messo in discussione le loro carriere per salvare altre persone pur appartenenti a schieramenti avversari.

Senza andare a pescare nella mitologia greca ove l’iroso Achille, mosso da compassione, restituisce il corpo del nemico troiano Ettore, dopo averlo lavato e ricomposto, al padre Priamo che lo supplicava, oppure quando Glauco scambia le armi con Diomede per garantire la massima lealtà nel combattimento, anche i poemi cavallereschi costituiscono l’esempio per eccellenza del comportamento etico nei confronti del nemico.

Passando a tempi più recenti e reali  ma maestri assistiamo a tante belle storie.

Nella Prima Guerra Mondiale per i piloti della caccia era un punto d’onore mantenere in vita la tradizione cavalleresca. Nei primi scontri aerei era consuetudine indossare un foulard bianco al collo quando erano finite le munizioni così il pilota, inteso il segnale, non infieriva  sul nemico disarmato.

Nella Seconda Guerra Mondiale, invece, Durand de la Penne, ufficiale di marina comandante di uno di quei famosi battelli chiamati ‘maiali’, scoperto nel corso di una missione, avverte il comandante inglese di avergli sabotato la nave e di mettere in salvo l’equipaggio. Obiettivo per lui era distruggere la nave non uccidere persone! Fu decorato alla fine della guerra dal nemico.

Il brigadiere dei Carabinieri Salvo d’Acquisto sacrificò la propria vita per salvare quella di ventidue ostaggi catturati dai tedeschi per rappresaglia.

Il comandante di sommergibile Todaro rischiò di essere colpito dagli aerei nemici per essere rimasto in emersione con il suo battello al fine di recuperare i naufraghi di un piroscafo nemico appena silurato.  Cosi come tanti altri comandanti di ogni esercito e nazionalità.

Lo stesso Rommel, soprattutto durante la Campagna d’Africa, si era dimostrato molto attento al rispetto dei diritti dei prigionieri. Controllava di persona che i soldati catturati fossero alloggiati in locali dignitosi, che non fosse usata violenza nei loro confronti e che le razioni di cibo corrispondessero alle quantità previste dalle norme internazionali.

In ogni conflitto ci sono stati momenti in cui la durezza delle condizioni del momento non hanno impedito ai combattenti dei due campi di festeggiare insieme una ricorrenza religiosa, di soccorrere i feriti e riconoscere nel nemico un essere umano.
Stupisce, pertanto, che energumeni in uniforme possano infierire su persone indifese come il povero George Floyd sino a provocarne la morte.

Rousseau diceva che ‘la guerra non è una relazione tra un uomo ed un altro uomo,bensì una relazione tra Stati, in cui gli individui sono nemici solo per caso’.

Chissà se l’agente Derek Chauvin avesse conosciuto quelle storie di soldati, marinai e piloti che hanno sacrificato la vita per salvare i George Floyd di turno con cui si sono confrontati si sarebbe così accanito contro un essere umano come lui solo perchè sospettato di aver speso una banconota falsa. Forse no, ma di sicuro, pur resosi già responsabile di analoghi episodi di violenza, la cosa grave è che ancora era in servizio.

In mezzo ai tanti componenti di un’organizzazione complessa qual è un esercito o una forza di polizia è altamente probabile che si annidino singoli individui tendenti alla violenza o addirittura alla delinquenza. Succede anche nel mondo della giustizia e in quello ecclesiastico.

La forza dell’organizzazione sta nell’individuare il deviante ed espellerlo. Oltre a creare tutte le condizioni affinchè tutti i propri componenti conoscano un codice etico e le plurime convenzioni di diritto umanitario e di diritti dell’uomo sottoscritte a partire dal termine del secondo conflitto mondiale.

Spesso non è conosciuta dagli addetti ai lavori neppure la Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo firmata a New York nel 1948 e ancor meno la CEDU, analoga convenzione redatta e adottata nell’ambito del Consiglio d’Europa.

Ovviamente la conoscenza di tali trattati non esclude che possano configurarsi comportamenti violenti o generati da odio razziale ma lo specifico insegnamento nelle scuole ove si formano militari e forze dell’ordine aiuta perlomeno a riflettere sul problema.

In Italia, grazie ad un giurista che ha istituito appositi corsi universitari di diritto umanitario, la materia è entrata a far parte dei programmi di insegnamento delle Accademie Militari e delle scuole delle Forze di polizia di ogni ordine e grado.

Il suo nome è Pietro Verri, era un generale dei Carabinieri e, purtroppo, il suo impegno totale finalizzato a diffondere la conoscenza della materia non ha consentito di evitare che anche in Italia si siano verificati casi dalla gravità assoluta imputabili ad appartenenti alle Forze dell’ordine.       

Il singolo può sbagliare, l’organizzazione di appartenenza no. È questo il cardine  su cui deve appoggiarsi la fiducia di tanti giovani che non devono rimanere delusi dalle Istituzioni.      

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