
Può la nuova corsa al nucleare generare un ritorno alla guerra fredda?
La serie di accordi multilaterali concepiti per limitare la corsa all’armamento nucleare durante gli ultimi cinquanta anni anni si avvicina alla data di scadenza nel peggiore momento possibile. Washington appare stanca di essere l’unica ad averli rispettati tutti alla lettera. Da qui l’intento di Trump di uscirne, non troppo in punta di piedi, per ristabilire una supremazia nucleare USA corrosa dal rispetto delle regole.
La possibilità di un ritorno ad effettuare test nucleari a basso rendimento all’interno del segretissimo Nevada National Security Site (NNSS) è stata recentemente discussa il 15 di maggio, durante un meeting tra alti funzionari a capo delle più significative organizzazioni di sicurezza americane.
La riunione sembra essere scaturita dai risultati di recenti – e meno recenti – investigazioni, i quali puntano in direzione di una forte ripresa delle attività da parte di Cina e Russia; attività di prove nucleari che infrangerebbero diverse risoluzioni internazionali le quali ne vietano l’esecuzione.
Open Skies, (cieli aperti), trattato stipulato tra USA, Russia ed altri 32 paesi nel 1992, era già stato violato da quest’ultima in svariate occasioni, secondo fonti attendibili del Pentagono. Il trattato consentiva ai paesi membri di effettuare missioni di sorveglianza aerea sui rispettivi territori, utilizzando velivoli equipaggiati con sensori telemetrici, a monte di un preavviso di 72 ore. Lo scopo era quello di stabilizzare la reciproca confidenza attraverso la trasparenza sullo scenario bellico mondiale post-guerra fredda.
La voce di corridoio, avallata da passate dichiarazioni di Donald Trump, è che l’amministrazione intenda forzare un ritorno di Cina e Russia al tavolo delle negoziazioni.
Dimostrare a Mosca e Pechino che gli Stati Uniti sono in grado di effettuare un test nucleare in tempi ristretti dovrebbe innescare l’effetto auspicato di invitare le maggiori potenze nucleari a rielaborare un piano di controllo, partendo da zero.
Ma la Cina ha finora rifiutato la possibilità di un accordo del genere, in quanto il suo “stockpile” (“riserva”) atomico è pari a circa un decimo di quello russo o americano e si prodiga quindi di buona lena nel tentativo di riempire tale gap.
Ma c’è anche chi afferma che una iniziativa del genere potrebbe semplicemente scaturire dalla necessità interna di effettuare un controllo periodico sulla “combact readiness” dell’armamento nucleare americano.
L’utilità dei test nucleari per gli USA come banco di prova del funzionamento delle armi in loro possesso sembra quantomeno discutibile. Alti funzionari della NNSA (National Nuclear Security Administration) assicurano che i dovuti periodici controlli, sono effettuabili attraverso una combinazione di “test nucleare sub-critico” – che consente la verifica senza necessità di detonazione – e modelli di simulazione computerizzata.
Il DOE (Department of Energy) tramite un portavoce ufficiale del Pentagono dichiarava su Defense Daily il 26 di maggio che l’agenzia avrebbe (se necessario), la capacità di condurre un test rapido nucleare sotterraneo in appena qualche mese.
Il rifiuto della Cina a qualsiasi apertura a negoziazioni del genere con gli Stati Uniti manca di sorprendere, alla luce dei j’accuse tra Pechino e Washington a causa di Covid-19 e del costante inasprimento delle politiche bilaterali di import-export. È cauto ritenere che la qualità delle relazioni tra i due paesi stia attraversando un’impasse critico.
Marshall Billingslea, addetto presidenziale americano al controllo degli armamenti, dichiara durante una conferenza del 21 maggio che esiste in questo momento una “corsa alle armi” di Cina e Russia. La Cina in particolare, secondo Billingslea, sta sperimentando la più rapida espansione e diversificazione del suo arsenale (nucleare) mai accaduta nella storia del paese. La cosa più pericolosa, continua Billingslea, non è tanto la magnitudine del suo stockpile, quanto la maniera non trasparente e segreta con cui il regime approccia il dialogo con la comunità internazionale.
Insomma una partita ancora tutta da giocare che coinvolge la sicurezza non solo delle nazioni in ballo, ma quella di tutto il pianeta, il cui motivo conduttore appare cristallizzarsi nella frase di Oscar Wilde: “Il trionfo della speranza sull’esperienza”.