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Dragon sulla rampa di lancio. Il ritorno al futuro di SpaceX

Dopo quasi nove anni due astronauti americani partiranno per lo spazio dalla rampa di lancio 39A

Entro poche ore, la capsula Dragon costruita da SpaceX, l’azienda aerospaziale del geniale Elon Musk, partirà dalla rampa 39A che ha visto il lancio di tutte le missioni Apollo. La cosa eccezionale è che, dopo quasi nove anni di assenza, essa porterà a bordo due astronauti americani, ripristinando la capacità statunitense di avere una propria infrastruttura per il lancio di missioni spaziali con equipaggio.

La chiusura del programma Shuttle nel 2011 ha infatti costretto gli Stati Uniti a ricorrere ai buoni uffici dell’Agenzia Spaziale Russa per lanciare i propri astronauti con le capsule Soyuz. Solo in questo modo si è riusciti a mantenere intatto il prezioso cordone ombelicale che congiunge il suolo americano con la Stazione Spaziale Internazionale, e mantenere una parvenza di presenza nello spazio.

Il lancio dei due astronauti dal suolo americano, tuttavia, non ha una valenza solo legata al ripristino dell’orgoglio statunitense dell’essere stati pionieri e dominatori della corsa allo spazio. Da oggi, infatti, si riapre virtualmente la strada alla realizzazione di missioni umane dirette al di fuori dell’orbita bassa. 

Fin da quando il presidente Richard Nixon decise di investire sul programma Shuttle invece di proseguire, come Werner von Braun gli suggeriva, la corsa verso i pianeti esterni del sistema solare, l’espansione umana nello spazio ha conosciuto una forte battuta d’arresto. Certamente dopo alcuni decenni di esperienza con voli in orbita bassa e con gli studi sulla permanenza a lungo termine a bordo della ISS, il nuovo passo verso lo spazio profondo avverrà con un bagaglio di conoscenza molto ricco.

Tuttavia, non di sola scienza e di solo apprendimento si nutre lo spirito umano. Negli anni Sessanta, se pur dettato da motivi di preminenza nazionalistica, la corsa allo spazio ha segnato un momento di eccezionale progresso morale, materiale e intellettuale. Aver rinunciato per lungo tempo a fare passi al di fuori del nostro recinto planetario è stato, per quanti sentono in sé lo spirito d’avventura e scoperta, come stare seduti sul muretto di casa, con lo sguardo fisso sulle confortanti forme della porta d’ingresso, e le spalle voltate all’immensità del possibile.

La missione di oggi invece apre la strada alla vera conquista della Luna attraverso il programma Artemis, che ha l’obiettivo di riportarci sul nostro satellite entro quattro anni, e di costruirvi una base. E questo primo passo fuori ha l’obiettivo, per i primi anni Trenta del secolo che stiamo vivendo, di portarci a posare il piede sulle rosse sabbie di Marte.

Quanto tutto ciò possa essere fonte di eccitazione per l’uomo della strada, non lo sappiamo. Di certo le missioni lunari, condotte da un pugno di uomini coraggiosi che volarono su macchine governate attraverso la potenza di calcolo di un vecchio telefonino, hanno avuto un grado di coinvolgimento maggiore. L’eccitazione della prima volta, il rischio immenso che gli astronauti correvano ogni volta che si staccavano dal suolo, la febbre della competizione, coinvolsero il mondo intero. Oggi forse, dopo cinque decenni di film di fantascienza, di apparente routine nel lancio e nel ritorno degli astronauti, il grande pubblico è meno attento.

Tuttavia, stando nella nostra piccola scatola da appassionati, sentiamo fortissimamente l’anticipazione di questo momento, di quando le fiamme scaturiranno dalla base del vettore per portare su quei due uomini coraggiosi. 

Per chi voglia seguire il lancio e le prime fasi di missione, si può farlo attraverso il canale ufficiale della NASA a partire dalle otto e mezza di questa sera

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